giovedì 27 febbraio 2025

La proposta di legge della Cisl corporativa/a difesa dei padroni passa alla Camera coi voti della destra, dei fascisti, ma anche con l'astensione del PD

(dal blog proletari comunisti)

Per la ministra del Lavoro Marina Calderone il sì della Camera è «una bellissima notizia».

La Camera dà il via libera con 163 sì, 40 no e 57 astenuti alla proposta di legge sulla partecipazione dei lavoratori nelle imprese, nata da un’iniziativa di legge popolare della Cisl.

«Una legge contro la contrattazione collettiva, perché mortifica il ruolo delle lavoratrici e dei lavoratori, riducendoli a puri spettatori delle decisioni dell’impresa», attacca Landini. Contraria anche la Uil.

No di M5S e Avs, I deputati di Avs hanno mostrato dei cartelli con l’articolo 46 della Costituzione. «Avremmo votato contro anche se il testo fosse stato esattamente quello della Cisl. Ma questo è peggiore, è una legge contro la contrattazione, regressiva», ha detto Franco Mari.

Il PD si astiene, la chiama "astensione critica, di cortesia verso la Cisl", ponendosi a sostegno degli interessi del capitale e del suo governo attuale.
Le motivazioni di questa astensione sono anche peggio, esplicitamente di destra, di appoggio alle modifiche peggiorative della proposta di legge: «avrebbero favorito sindacati non rappresentativi che, molto spesso, agiscono come “sindacati pirata”, facendo concorrenza sleale ai sindacati realmente rappresentativi su salari e tutele». Si tratta di fatto un attacco ai sindacati di base, che in tante realtà lavorative, di lotta (vedi nella logistica, nei trasporti, nei servizi, e anche in alcune grandi fabbriche, Stellantis Pomigliano, Appalto Acciaierie Taranto), sono i sindacati che organizzano la maggioranza dei lavoratori, lavoratrici, lav. immigrati e gli unici che realmente difendono "salari e tutele", svendute invece proprio dai sindacati confederali. 

Noi in questo blog abbiamo già ampiamente denunciato questa proposta di legge dall'esplicito contenuto corporativo/fascista, di inganno verso i lavoratori che vengono chiamati anche a mettere i loro soldi nelle aziende.
E abbiamo fatto appello agli operai, a tutti i lavoratori, lavoratrici a cacciare dalle loro fila questo "sindacato" padronal/governativo:

Giù le mani da Gaza/La Palestina non è in vendita/Ma sarà libera!

Dopo le dichiarazioni, ora le azioni di Trump/Netanyahu mostrano il criminale piano di genocidio e deportazione del popolo palestinese - la resistenza palestinese ha definito questo piano ‘ridicolo e la nostra gente non lo permetterà ciò che serve è la fine dell’occupazione e dell’aggressione del nostro popolo non l’espulsione della sua terra’. 

Ora più che mai denunciamo, informiamo, mobilitiamo la ‘nostra gente’ in Italia e costruiamo una grande mobilitazione solidale locale e nazionale

- Cessate il fuoco permanente e fine del genocidio dello Stato nazi-sionista di Israele a Gaza e Cisgiordania;

- riconoscimento dello Stato Palestinese, per una Palestina libera “dal fiume al mare”;

- continuiamo la lotta all'interno del nostro paese per mettere fine al sostegno politico, militare ed economico ad Israele da parte del governo Meloni, servo di Trump e complice del genocidio;

- si esegua il mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale per Netanyahu, per crimini di guerra e crimini contro l'umanità.

Il migliore aiuto alla resistenza palestinese, alla lotta di liberazione, è rendere sempre più forte la lotta all'interno del nostro paese imperialista.

Facciamo appello ai lavoratori, alle persone democratiche piene di umanità e solidali, antifasciste, antimperialiste, ai giovani, alle donne di Taranto a sostenere il Comitato #iostoconlapalestina e le sue iniziative

mettendosi in contatto: WA 3519575628
sede di riferimento: via Livio Andronico, 47 Taranto


#iostoconlapalestina – Taranto

martedì 25 febbraio 2025

Gas, Patria e Famiglia: perchè Baku Steel vuole Acciaierie d'Italia - info

L'ambizioso gruppo caucasico e gli obiettivi dell'Azerbaijan del presidente Ilham Aliyev

L'ambizioso gruppo caucasico e le mire dell'Azerbaijan del presidente Ilham Aliyev

Le ambizioni di Baku Steel e le mire dell'Azerbaijan 

del presidente Ilham Aliyev

Gli ultimi premi sono stati conferiti solo pochi giorni fa. Uno dopo l’altro, in sequenza. Prima dal ministro dell’Ecologia e delle risorse naturali, Mukhtar Babayev, poi dal ministro dell’Economia Mikayil Jabbarov. Il governo dell’Azerbaijan con questi riconoscimenti dimostra di essere davvero fiero di Baku Steel Company, “la più grande azienda metallurgica della regione del Caucaso”, che punta a “trasformare l’industria metallurgica azera in uno dei settori di punta dell’economia non petrolifera del Paese”. BSC, del resto, è “uno dei maggiori contribuenti ed esportatori del settore non petrolifero” e l’azienda “presta particolare attenzione alla riuscita attuazione dei programmi internazionali di sviluppo sostenibile di cui l’Azerbaijian è partner, nonché alle priorità nazionali del Paese”. Tutto scritto con orgoglio sul sito della company che da piccola realtà siderurgica regionale si prepara alla sbarco in Occidente. Lo farà dalla porta principale: da Taranto. In che modo ormai è noto: con l'acquisizione degli impianti oggi marchiati Acciaierie d'Italia.

Avrebbe di che sorridere, il sempre austero Heydar Aliyev: il “Grande Leader”, signore della politica azera negli anni a cavallo tra la fine del comunismo e l’apertura al capitalismo più o meno di Stato, è stato il vero demiurgo della fabbrica d’acciaio inaugurata il 23 giugno 2001 e battezzata solennemente con il nome della capitale della nazione. Baku appunto. Poco originale ma assai patriottico. L’Azerbaijan era una delle repubbliche sovietiche dell’Urss ma l’allora segretario del locale Partito Comunista Aliyev è rimasto saldo al potere anche dopo la separazione da Mosca, agli albori dei tumultuosi Anni Novanta. Solo la morte, nel 2003, è riuscito a privarlo del titolo di presidente della Repubblica; ma, morto un Aliyev, se ne fa un altro. E sulla poltrona che fu di papà Heydar da oltre vent’anni ormai siede il figlio, Ilham Aliyev.

Nel suo quasi certo approdo a Taranto (che rimane per certi versi sorprendente) BSC - un’azienda privata, che ha sposato la regole del libero mercato -  sarà affiancata dalla holding statale Azerbaijan Investment, controllata dal ministero dell’Economia. Ed il governo azero risponde proprio a Ilham Aliyev, sessantatreenne, presidentissimo quanto e più del genitore. Rafforzato, l’ambizioso Ilham, anche dalla recente vittoria militare nel Nagorno Karabakh contro la rivale Armenia. Un conflitto durato pochi giorni, solo perchè gli armeni non hanno potuto far altro che cedere su tutta la linea al fortissimo esercito di Aliyev. Il quale da parte sua durante la guerra non disdegnava di farsi immortalare in mimetica: stile military chic.

Lo scorso anno Aliyev junior è stato rieletto per un quinto mandato con più del 90 per cento dei voti: ha praticamente realizzato il sogno proibito di Donald Trump, nei confronti del quale non nasconde una certa ammirazione. In una elezione in cui l’affluenza è arrivata al 67 per cento gli elettori potevano scegliere tra sette candidati. Ma nessuno degli altri sei costituiva una reale alternativa, “in quanto avevano sostenuto Aliyev nel passato recente”, secondo quanto affermato dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, l’Osce, mentre i partiti di opposizione hanno boicottato le presidenziali del 2024 definendole una “farsa”.

Comunque, se oggi i dipendenti di BSC sono circa duemila - una frazione dello stabilimento tarantino di Acciaierie d’Italia - e l’export è diretto soprattutto verso Medio Oriente e Africa e continente americano, Baku Steel Company può dire di essere “strettamente coinvolta nei lavori di costruzione nel Paese sotto la guida del Presidente della Repubblica dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev. Attualmente, i prodotti della nostra azienda vengono utilizzati attivamente nei lavori di ricostruzione e restauro del Karabakh, dopo la sua liberazione dall’occupazione (sul sito dell’azienda è scritto così, ndr). Siamo orgogliosi di contribuire alla rinascita del Karabakh”.

A settembre scorso, ad incontrare Ilham Aliyev è stato il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto. «Siamo determinati ad estendere ulteriormente la cooperazione in tutti i settori di interesse» ha detto nell’occasione Crosetto, in visita a Baku (la città, non l’azienda...) aggiungendo che «l’Azerbaijan riveste un ruolo cruciale per la stabilità dell’area euroasiatica. Una preziosa occasione per approfondire opportunità di collaborazione, nel settore della Difesa, con particolare riferimento all’industria ed a quello energetico». Ad Aliyev il ministro “ha avuto modo di confermare la volontà del Governo Italiano di rafforzare le già solide relazioni bilaterali, basate su un partenariato strategico”, come scritto in una nota, mentre con il suo omologo azero, il Colonel General Zakir Hasanov, Crosetto ha trattato “tematiche di interesse comune quali la cooperazione in ambito difesa e formazione e il rafforzamento delle relazioni tra le Forze Armate dei due Paesi”.

Se Baku Steel sembra avere già in mano lo stabilimento più grande d’Europa, i rivali di Jindal International, gruppo indiano che tramite la controllata Vulcan Green Steel punta sugli impianti tarantini, hanno voluto far sapere di essere “consapevoli della propria forza industriale e di come le proprie competenze ed esperienza nella gestione di impianti complessi come Ilva sarebbero fondamentali per garantire un futuro a Taranto e all’acciaio in Italia; così come è un fatto oggettivo la mancanza di esperienza di Baku Steel nella gestione di impianti complessi come Ilva, che richiede un background importante che Jindal ha dimostrato” di avere. Secondo le stesse fonti, citate dall’agenzia Ansa nei giorni scorsi, “sarebbe fondamentale avere nella scelta una visione a lungo termine e guardare agli investimenti che Jindal ha dichiarato per garantire la stabilità dell’Ilva e assicurarne la crescita per il bene dell’intera filiera siderurgica italiana”.

L’ufficializzazione della scelta su chi prenderà le redini della fabbrica una volta che sarà uscita dall’amministrazione straordinaria spetta ai commissari straordinari di AdI, che intendono prendersi qualche giorno per ulteriori valutazioni. Ad ogni buon conto fonti diverse riportate da Il Messaggero, Il Fatto Quotidiano ed Il Giornale hanno sottolineato come Baku SC sia nettamente avanti rispetto a Jindal-Vulcan in quella che è diventata una corsa a due. Per una ragione semplicissima: il gas. MF - Milano Finanza ha scritto che l’Azerbaijan è “un Paese con cui l’Italia fa grossi affari, soprattutto in ambito energetico (si pensi al gasdotto Tap). Ed è proprio l’energia l’asso nella manica del gruppo: secondo alcune indiscrezioni, se la cordata azera dovesse aggiudicarsi la gara, potrebbe investire anche in un rigassificatore da posizionare al largo del golfo tarantino. La palla è in mano ai commissari straordinari, Giovanni Fiori, Giancarlo Quaranta e Davide Tabarelli, che dovranno valutare attentamente le proposte e formulare il parere da trasmettere al ministero delle Imprese e del Made in Italy. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, le tempistiche sono abbastanza stringenti”. Questione di giorni.

Guerre e massacro in Palestina fanno volare i profitti di Leonardo: 17,8 miliardi nel 2024

A Taranto/Grottaglie la Leonardo lamenta sempre crisi e minaccia sempore cassintegrazione. Ma qual'è la realtà della Leonardo

Mentre a Gaza si consuma una delle più gravi tragedie umanitarie del nostro tempo, l’industria della difesa italiana registra risultati da record. 

Leonardo, colosso dell’aerospazio e della sicurezza, ha infatti chiuso il 2024 con numeri che certificano una crescita impetuosa: ricavi a 17,8 miliardi di euro (+11,1%), ordini per 20,9 miliardi (+16,8%) e un margine operativo lordo (EBITDA) di 1,525 miliardi (+12,9%). Una performance che ha superato le previsioni degli analisti e che testimonia come il perdurare delle tensioni geopolitiche alimenti i profitti dell’industria bellica. In una nota diramata dall’azienda, si legge che è «di particolare rilievo l’apporto dell’elettronica per la difesa e sicurezza, sia nella componente europea, sia, in particolare, in quella statunitense, e nel business elicotteri». Un mercato su cui Leonardo continua a investire, avendo iniziato a inviare gli elicotteri AgustaWestland AW119Kx “Koala-Ofer” a Israele per l’addestramento dei suoi piloti.

Dietro questi numeri si cela una verità scomoda: il boom degli affari di Leonardo è trainato dalla crescente domanda di armamenti alimentata dai conflitti in corso, tra cui l’invasione russa dell’Ucraina e l’offensiva israeliana su Gaza. L’azienda, partecipata per il 30,2% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano, ha rafforzato la sua posizione come attore chiave del settore Difesa, beneficiando degli investimenti crescenti dei governi occidentali per il riarmo. Gli ordini nel settore dell’Elettronica per la Difesa hanno raggiunto quota 10,3 miliardi, in crescita rispetto ai 9 miliardi del 2023. In forte espansione anche la divisione Cybersecurity, passata da 692 a 833 milioni di euro di ordini in un solo anno. Anche la produzione di velivoli ha registrato un balzo significativo, con una crescita del 20,8% degli ordini. Uno dei segmenti più redditizi per Leonardo è rappresentato dalla sua partecipazione in MBDA, il consorzio europeo dei missili, che fornisce armamenti a Kiev nel contesto della guerra contro la Russia.

A trainare gli affari dell’azienda è al momento anche il progetto internazionale GCAP (Global Combat Air Program), che vede l’Italia affiancata a Regno Unito e Giappone nello sviluppo di un caccia di sesta generazione, destinato a sostituire gli Eurofighter dal 2035. Lo scorso dicembre è stata siglata la joint venture paritaria che guiderà la produzione del nuovo velivolo, con Leonardo capofila per la parte italiana. A completare il quadro si aggiunge un’altra alleanza strategica: la joint venture sui droni con il colosso turco Baykar, che verrà finalizzata nelle prossime settimane. Questo accordo posiziona Leonardo in un segmento di mercato in forte espansione, con droni che giocano un ruolo sempre più centrale nelle moderne operazioni militari, come dimostrato proprio dai conflitti in Ucraina e in Medio Oriente. L’azienda ha inoltre incrementato del 12,6% il proprio organico, assumendo quasi 7.000 nuovi lavoratori, con particolare attenzione ai giovani under 30, che oggi rappresentano il 15% dei dipendenti.

Nel frattempo, Leonardo continua a fare affari con Tel Aviv. Dopo aver consegnato nei mesi scorsi 30 aerei da addestramento M-346, l’azienda ha cominciato a inviare elicotteri AgustaWestland AW119Kx “Koala-Ofer” per addestrare i piloti della Israel Air Force (IAF) presso la base aerea di Hatzerim, nel deserto del Negev. Questi velivoli sostituiranno i più datati Bell-206 “Saifan”, offrendo avanzate tecnologie di avionica e capacità di volo notturno. La vendita fa parte di una serie di trattative iniziate nel 2019 e concluse nel 2022, che prevedono la fornitura di 16 elicotteri e servizi logistici per 20 anni, per un valore totale di almeno 67 milioni di dollari.

Anche il 2023 era stato chiuso da Leonardo con risultati record, registrando ordini sopra le previsioni a 17,9 miliardi di euro (+3,8%) e ricavi per un ammontare di 15,3 miliardi (+3,9% rispetto al 2022), in parte anche grazie all’aggressione a Gaza. L’importante ruolo delle armi “Made in Italy” a Gaza è stato evidenziato dagli stessi israeliani, che hanno dichiarato al sito specializzato Israel Defense che i missili che hanno colpito la Striscia provenivano anche da cannoni fabbricati in Italia e venduti a Tel Aviv. Un dato citato anche dall’Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei The Weapon Watch, che ha pubblicamente smentito l’azienda, dopo che quest’ultima aveva affermato che l’esercito israeliano non stesse utilizzando mezzi di sua produzione nella carneficina di Gaza.

[di Stefano Baudino]

lunedì 24 febbraio 2025

Via Melucci! E via tutti!

Nessuna alternativa viene dal quadro squallido dei partiti e rappresentanti attuali nel consiglio comunale.

Nessun lavoratore, lavoratrice, masse popolari si schieri ora sui giochi di palazzo.

Nessuna illusione!

Il Comune deve essere nelle mani dei lavoratori per rispondere ai bisogni dei lavoratori e delle masse della città più povere, più abbandonate, con meno diritti. 

Ci siamo liberati di Melucci e della sua giunta solo a caccia di poltrone; ora ci dobbiamo liberare di tutti gli altri

Slai cobas per il sindacato di classe

giovedì 20 febbraio 2025

Formazione operaia - L'opuscolo della FO su "Stato e rivoluzione" di Lenin - Nel prossimo giovedì concludiamo questo ciclo

Per richiederlo: pcro.red@gmail.com

Concetta sempre nei nostri cuori e nella nostra lotta per un mondo nuovo

Un anno fa Concetta, nostra compagna di Taranto, ci ha lasciato. 

Ma lei è sempre presente tra di noi.
Per ricordarla con le sue parole, perchè il suo spirito rivoluzionario continui a vivere, pubblichiamo questo video di un suo intervento in occasione di un 8 marzo di qualche anno fa. Allora vi era il governo Salvini/Conte che già anticipava il governo Meloni. Quindi un intervento attualissimo.
Ciao Concetta, anche questo 8 marzo lotterai con noi!

Controinformazione rossoperaia ORE 12 - settimanale N. 30 - per leggerlo e stamparlo

 

Clic per leggerlo e stamparlo

mercoledì 19 febbraio 2025

Uscito il primo dossier della Formazione marxista su 'Il Capitale'

Contiene la prima lezione del Prof. Di Marco Giuseppe, tenuta a Palermo, Taranto e Bergamo

Per richiederlo: pcro.red@gmail.com


28 febbraio assemblea delle parti civili del processo "Ambiente svenduto"

VENERDI' 28 FEBBRAIO ALLE ORE 16,30 PRESSO SEDE SLAI COBAS (via Livio Andronico, 47 TA) ASSEMBLEA DELLE PARTI CIVILI DEL PROCESSO "AMBIENTE SVENDUTO". 

Questa assemblea, con l'intervento degli avvocati di Taranto e Torino, è decisiva per ripresentarsi come parte civile a Potenza, all'udienza preliminare del 21 marzo. Si dovrà firmare per la nuova costituzione.

Chi non verrà il 28/2 sarà fuori dal processo.

per info WA 3519575628

lunedì 17 febbraio 2025

Processo "Ambiente svenduto" - prima udienza il 21 marzo a Potenza

Abbiamo detto subito che la decisione della Corte d'Appello di annullare il processo di 1° grado “Ambiente svenduto”, conclusosi con pesanti e giuste condanne contro padron Riva, capi, individuati come gli autori materiali e contro i complici istituzionali e politici del disastro ambientale, delle morti sul lavoro nella nostra città, è stata molto grave. 

Questo processo aveva visto una forte spinta verso le condanne, e aveva anche portato ulteriormente alla luce la gravità della questione Ilva in generale e della questione rapporto salute e lavoro in particolare.

La grave decisione di spostare il processo a Potenza ha già portando a far uscire dal nuovo processo, che inizierà con l’udienza preliminare il 21 marzo, ben 25 imputati per “prescrizione”. Si tratta di rappresentanti istituzionali, politici, di chi doveva controllare sulla nocività, di ispettori della Digos, ma anche di capi dell'Ilva, di amministratori, ecc. Ma sia chiaro, questi sono fuori a causa dei tempi lunghissimi di questo processo, NON SONO ASSOLTI!

In questa occasione andremo a Potenza, per depositare le nostre parti civili e per conosce direttamente i magistrati, e per capire come intenderanno procedere non solo nei tempi, ma nei modi.

Usiamo il tempo che ci separa da questo per sviluppare una campagna nazionale nelle città che sono interessate ai grandi processi di inquinamento, Torino, Milano, Palermo, ecc. In vista di un convegno nazionale che cercheremo di fare quando inizierà il processo.

Questo processo è stato importante per la città, per il paese, per i lavoratori come per i cittadini e quindi in nessuna maniera possiamo accettare di cancellarlo.

La prima cancellazione sarebbe quella di cancellarne gli atti, la memoria e così via.

Per questo abbiamo preparato un libro dossier “Un lungo processo raccontato attraverso 7 anni di udienze dal 2014 al 2021” che costituisce un rapporto fra il processo che si è fatto e il processo che si farà, e il libro fa da memoria e da canale di comunicazione in questa direzione.

domenica 16 febbraio 2025

Acciaierie d'Italia - operai, non facciamoci ingannare da governo, padroni e sindacati a fronte della svendita dell'ex Ilva scaricata su operai e masse popolari!

 Speciale ILVA su questo blog nei prossimi giorni

Verso l'8 marzo, verso lo sciopero delle donne

Portiamo con forza nello sciopero delle donne dell'8 marzo: vogliamo andare alla radice della barbarie, che è il moderno fascismo del governo Meloni, il sistema capitalista e imperialista

Le loro azioni, le loro politiche, i loro attacchi, sempre più pesanti, odiosi (pensiamo ai femminicidi nuovamente in aumento, pensiamo a cosa vogliono far diventare la scuola, pensiamo alla condizione di lavoro, fatta per le donne, oltre che di sfruttamento, di discriminazioni, ultra precarietà, oppressione sessuale, ecc.; pensiamo alla campagna ipocrita sulla natalità, che ha come altra faccia l'attacco al diritto d'aborto...) non si possono cancellare senza attaccare il sistema in generale, il sistema capitalista imperialista che oggi ha nel governo Meloni la sua espressione nera più reazionaria e che pone nelle sue basi la doppia oppressione della maggioranza delle donne.

E’ il governo Meloni, con la sua cloaca di ministri sottospecie umana, il fomentatore della violenza sessuale contro le donne, spargendo un humus che è fascista, che è di odio verso le donne, verso chi non ci sta, verso chi si ribella all'oppressione.

Le concezioni, le pratiche patriarcali oggi sono il frutto di questo moderno fascismo.

Così le guerre, il genocidio in Palestina, i piani nazisti di Trump, Netanyahu, appoggiati dalla Meloni - di deportazione dell'intera popolazione di Gaza per farne "giardino" per i barbari coloni israeliani, per gli oligarchi, per i ricchi americani, e chi non se ne andasse sarebbe ancora massacrato - sono espressione dell'imperialismo che, però, sempre più in crisi si muove come una belva ferita e massacra i popoli per imporre, anche dietro falsi accordi che in realtà sono parte delle guerre imperialista, della lotta di concorrenza feroce tra imperialismo Usa e imperialismi cinese, russo e gli impotenti paesi imperialisti europei, una nuova spartizione del mondo, una nuova rapina delle fonti energetiche, delle materie prime, un'estensione della violenza contro i popoli dei paesi oppressi e i proletari e le proletarie delle cittadelle imperialiste.

Rinnovare, riprendere valori patriarcali (in primis "Dio, patria, famiglia") per tenere oppressa e sfruttata più della metà dell'umanità è per questo sistema una necessità. Quindi il patriarcalismo c'è, ma è parte dell'attacco ideologico moderno di questo sistema. Per cui non possiamo eliminare il patriarcalismo senza eliminare l'imperialismo, il capitalismo, e in Italia, oggi come tappa, senza rovesciare il governo fascista Meloni.

L'8 marzo, lo sciopero delle donne deve essere interno e una tappa di questa lotta. 

Per essa serve un movimento femminista, sì, ma proletario rivoluzionario, che sia espressione di classe della maggioranza delle donne che sono proletarie e che lavori per scatenare la furia delle donne come forza poderosa della rivoluzione. 

Noi che siamo e vogliamo sempre più mobilitarci, manifestare insieme a tutte le forze del movimento delle donne, nello stesso tempo, stiamo lavorando per organizzare quell’”esercito rivoluzionario” delle donne, prima di tutto proletarie perché siano quella forza poderosa che oggi è sempre più necessaria per rovesciare questo governo violento, marcio, brutale, e mettere fine all'orrore senza fine.

STIAMO PREPARANDO PER IL 4 MARZO 

UN'ASSEMBLEA TELEMATICA NAZIONALE

"DONNE/LAVORATRICI", all'interno della

 settimana di preparazione dell'8 marzo


MFPR - wa 3339199075

 

Acciaierie d'Italia - 2 - Notizie su Baku Steel - Ma sono più un "manifesto pubblicitario"


Da Taranto buona sera di Giovanni Di Meo

15 Febbraio 2025

Acciaierie d'Italia, vince Baku Steel

Secondo Il Messaggero, BSC avrebbe alzato la propria offerta arrivando ad un miliardo di euro. L'ufficializzazione della scelta spetta ai commissari straordinari di AdI, che intendono prendersi qualche giorno per ulteriori valutazioni. L'unica alternativa sul tavolo è Vulcan Green Steel - Jindal International, che comunque sarebbe decisamente indietro.

"L'ex Ilva brucia ogni mese circa 40 milioni di euro in gas. "L'unica strada per produrre in pareggio, prima, e in utile (poi) è quella di azzerare o quasi i costi energetici. E questo solo Baku (sostenuta da Azerbaijan Investment Company Ojsc) lo può fare essendo letteralmente «seduta» su una montagna di gas: l'Azerbaijan è il ventitreesimo esportatore mondiale di combustibili fossili al mondo e detiene, secondo le stime, lo 0,4% delle riserve globali di petrolio e l'1,3% delle riserve globali di gas. L'import di gas azero in Italia e passato da 11 milioni di metri cubi nel 2020, anno dell'entrata in funzione del gasdotto Tap, a 10 miliardi di metri cubi nel 2023. Ad oggi, rappresenta il secondo fornitore di gas dell'Italia dopo l'Algeria.

Per il capoluogo ionico l'avvento degli azeri potrebbe voler dire anche l'installazione di una nave rigassificatrice nel proprio mare.

Fondamentale è il fatto che tutte le azioni di "Azerbaijan Investment Company Joint-Stock Company", braccio operativo di Baku SC nell'affare Taranto, siano di proprietà del Governo della Repubblica dell'Azerbaijan con la governance in mano al Ministero dell'Economia. Questo, in un Paese in cui il potere è saldamente in mano da decenni ad una sola famiglia, gli Aliyev: dal 1993 alla presidenza della Repubblica si sono alternati l'ex segretario del Partito Comunista, Heydar Aliyev e, alla morte di quest'ultimo, il figlio Ilham, al potere ininterrottamente da 2003.

Baku Steel ha una capacità produttiva di ottocentomila tonnellate, lo status di membro permanente della World Steel Association, il titolo di più grande produttore di acciaio del Caucaso. Esportazioni in venti Paesi.

BSC è "uno dei maggiori contribuenti ed esportatori del settore non petrolifero in Azerbaigian" e l'azienda "presta particolare attenzione alla riuscita attuazione dei programmi internazionali di sviluppo sostenibile di cui l'Azerbaigian è partner, nonché alle priorità nazionali del Paese": il legame con il governo di Baku, la capitale azera da cui il gruppo prende nome, è stretto. Molto stretto.

E, se oggi i dipendenti sono "più di duemila" (una frazione di quello del solo stabilimento tarantino di Acciaierie d'Italia) e l'export è diretto verso Medio Oriente, Europa, Africa e continente americano, la Baku Steel Company può dire di essere "strettamente coinvolta nei lavori di costruzione nel Paese sotto la guida del Presidente della Repubblica dell'Azerbaigian, Ilham Aliyev.

sabato 15 febbraio 2025

Acciaierie d'Italia - l

Acciaierie d'Italia - le offerte sono arrivate e sono tutte da respingere al mittente. Ma arriva o no il tempo della lotta per lavoro, salario, diritti, salute e sicurezza in fabbrica e territorio?

venerdì 14 febbraio 2025

PeaceLink: “Il nuovo decreto depotenzia la valutazione di danno sanitario”

È una bocciatura senza se e senza ma quella che PeaceLink fa del decreto legge 2025 attualmente in fase di esame in vista della conversione in legge.

Il decreto prevede uno stanziamento fino a 400 milioni di euro per Acciaierie d'Italia, sottraendo risorse originariamente destinate alla bonifica ambientale del sito Ilva di Taranto. Osservazioni critiche che PeaceLink ha inviato alla commissione Industria del Senato, dove il decreto è all’esame, così come richiestole. Criticità che l’associazione si riserva di segnalare anche alla Commissione europea

Un finanziamento contro la giustizia ambientale
PeaceLink sottolinea come il decreto sia in aperto contrasto con il principio comunitario “chi inquina paga”, «destinando a finalità produttive – scrive Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione - fondi che dovrebbero essere esclusivamente impiegati per la decontaminazione e il risanamento ambientale. Il ricorso a queste risorse costituisce una grave sottrazione di fondi destinati alla tutela della salute dei cittadini, minacciati da decenni di inquinamento industriale».

Una scelta pericolosa e insostenibile
Nella sua analisi PeaceLink evidenzia inoltre che il finanziamento ad Acciaierie d’Italia «rischia di perpetuare l’emergenza ambientale e sanitaria di Taranto, privando la comunità delle risorse necessarie per una transizione economica sostenibile». Secondo Mareswcotti, infatti, le alternative esistono e sono chiaramente delineate negli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile «ma il governo continua a ignorarle in favore di un’industria in costante crisi finanziaria».

Valutazione del danno sanitario (Vds) inefficace e depotenziata
Oltre alla questione dei fondi, PeaceLink nella sua relazione denuncia la scarsa efficacia delle norme introdotte dal governo sulla Valutazione del danno snitario (Vds) per l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) dell’Iilva. La recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea «fa presente Marescotti - ha imposto criteri più rigorosi per la protezione della salute pubblica, ma il decreto limita drasticamente il ruolo dell’Istituto superiore di sanità (Iss), escludendo i lavoratori dalla valutazione e prevedendo tempi inadeguati per l’analisi del rischio sanitario».

Lavoratori esclusi dalla Vis

PeaceLink evidenzia che i lavoratori dell’ILVA - pur essendo a rischio elevato di ammalarsi - non sono soggetti alla Valutazione di impatto sanitario (Vis). Eppure sono i più esposti agli inquinanti prodotti dallo stabilimento e rappresentano un campione chiave per determinare gli impatti sulla salute. La Vis deve necessariamente includere anche i dati relativi ai lavoratori, attraverso analisi biologiche e monitoraggio epidemiologico. Inoltre, PeaceLink chiede che l’Iss abbia un ruolo rafforzato nella Vis, con la possibilità di reiterare le richieste di approfondimento e integrazione dei dati.

 Le richieste di PeaceLink

In virtù dell’analisi prodotta, PeaceLink per il tramite del suo presidente, Marescotti chiede ai senatori componenti la commissione Industria di escludere i fondi destinati alla bonifica dall’utilizzo per finalità produttive; di rafforzare il ruolo dell’Istituto superiore di sanità) nella Valutazione del danno sanitario, includendo anche Arpa, Asl e Aress; di dare l'ultima parola all'Iss nella Valutazione di impatto sanitario e, quindi, nella concessione dell'autorizzazione a produrre; di includere i lavoratori dell’Ilva nella Valutazione dell'impatto sanitario, con un monitoraggio specifico e la creazione di una biobanca per tracciare le esposizioni agli inquinanti industriali.

Vediamoci alle ore 16,30 alla Biblioteca comunale di p.le Bestat

 Tutti i partecipanti riceveranno il testo della 1° lezione su Il Capitale

Cisl e Meloni uniti dalla ideologia e politica fascio-corporativa - dal blog proletari comunisti

All'assemblea nazionale della Cisl dei quadri e dei delegati sindacali dell'11 febbraio, che ha anche deciso il passaggio dal segretario nazionale, Luigi Sbarra, alla nuova segretaria Daniela Fumarola - ben conosciuta a Taranto, in Puglia per il suo servilismo padronale e governativo in particolare nella battaglia all'ex Ilva - è stata l'occasione per la Cisl e per la Meloni per rafforzare un'unità corporativa fascista, ideologica/politica contro i lavoratori, gli scioperi, le loro. lotte. Applausi, fiori, ovazioni si sono sprecati verso il lungo intervento della Meloni. La Meloni si è sentita a "casa sua"; ha usato il palco per approfondire l'affondamento del coltello su tanti temi centrali per il governo; ma soprattutto l'intervento è stato un attacco agli scioperi, alle lotte dei lavoratori, definite: “Tossica visione conflittuale”, insieme all'affondo contro Cgil e Landini.

"Un duetto, tanti complimenti ed elogi reciproci - scrive il Fatto quotidiano - grandi distinguo rispetto agli altri sindacati, sorrisi e carezze figurate, affondi contro Maurizio Landini senza nemmeno nominarlo. Giorgia Meloni e la Cisl sono sempre più sintonici". 

Sbarra non ha perso l'occasione dell'esplicito appoggio della Meloni e non solo - sul palco vi era anche ospite la ministra del Lavoro, Calderone - per attaccare a sua volta le lotte, le affermazioni (purtroppo finora solo affermazioni che non si traducono affatto in pratica di "rivolta sociale") di Landini, per bocciare scioperi, lotte dei lavoratori definendole “antagonismi”,“massimalismi”, “populismo”, “benaltrismo”.

Quindi, la Cisl è contro gli scioperi, le lotte, questo deve essere chiaro ai lavoratori. La Cisl si qualifica esplicitamente come sindacato "giallo" che vuole portare i lavoratori all'unità coi padroni e col governo; non siamo al "normale" collaborazionismo del sindacalismo confederale, ma alla formale linea di "partecipazione" degli operai, dei lavoratori tutti alle sorti del capitale, alla difesa di profitti dei padroni. 

Lo ha detto esplicitamente Sbarra e nessun lavoratore ancora iscritto a questo sindacato può far finta di non capire. Sbarra ha detto: "ci sono due concezioni molto diverse, per non dire opposte, dell’azione sindacale. Da una parte quella paralizzata da un antagonismo incendiario (che vorremmo tanto che ci fosse, ma purtroppo ancora non c'è). Dall’altra l’azione del suo sindacato riformista, pragmatica e concreta, che in piena autonomia accetta e promuove il dialogo”.

La Meloni a sua volta risponde, dichiarando che la Cisl è diventata un interlocutore privilegiato del suo governo, che "noi lavoreremo ancora molto bene negli anni a venire". E ha ringraziato la Cisl per il suo accompagnamento al lavoro difficile del governo.

Una unità che è stata anche formalizzata nel recepimento da parte del governo della proposta di legge della Cisl, che il parlamento si appresta ad approvare nelle prossime settimane, sulla "partecipazione dei lavoratori al capitale", alla gestione e ai risultati delle imprese. Sbarra ha detto: "la partecipazione ce l'abbiamo nel sangue, la pratichiamo ogni giorno, nelle fabbriche, nei cantieri, negli uffici”. E lo sappiamo bene...

Risponde la Meloni: "Rifondare la dinamica impresa-lavoro vuol dire superare la tossica divisione conflittuale", aggiungendo che "Bisogna lasciarsi alle spalle i conflitti del 900 fatti di "pregiudizi, antagonismo e furore ideologico". Affermazioni che prevedono un inevitabile nuovo grave attacco al diritto di sciopero.

Ora noi fin da quando la Csil ha raccolto sulla sua proposta di legge le firme nelle fabbriche abbiamo detto chiaramente "partecipazione al lavoro" è di fatto una collaborazione dei lavoratori con i padroni per salvaguardare i profitti delle aziende, quindi non significa affatto ricaduta positiva per migliorare le condizioni di lavoro, salariale, di sicurezza dei lavoratori, ma tutto il contrario, ricchezza dei padroni è più povertà per i lavoratori; perchè sempre i profitti sono pagati dai lavoratori con aumento dello sfruttamento, dei carichi di lavoro, taglio dei posti di lavoro, precarizzazione dei contratti di lavoro, taglio dei costi per la sicurezza, con l'aumento enorme dei morti sul lavoro (solo in Puglia la scorsa settimana vi sono stati 4 morti), riduzione dei salari, ecc. Con questa proposta di legge i salari dei lavoratori sarebbero pericolosamente legati all’andamento dei conti economici del padrone: in questo modo si vuole incentivare l’autosfruttamento per gonfiare ancora le tasche dei padroni.

Chiaramente la Meloni anche dal palco della Cisl ha rappresentato un quadro ultra positivo dell'occupazione, della tutela del lavoro, dei provvedimenti che avrebbe fatto il suo governo per il miglioramento delle condizioni di lavoro, soprattutto per le donne; e ha sciorinato, al solito, i risultati: record di occupati, di occupazione femminile, di lavoratori stabili, diminuzione dei contratti precari, tasso di disoccupazione ai minimi dal 2007, si è vantata che il cuneo fiscale è stato finanziato dalle banche e dalle assicurazioni, ecc., ecc. 
Una enorme bugia che qualsiasi lavoratore, lavoratrice può smentire, ma lo smentiscono anche i dati ufficiali, per esempio dell'Inps: aumento del 20% della cassa integrazione, che diventa nelle grandi fabbriche permanente; aumento de 4,3% delle domande di disoccupazione per licenziamento; contratti soprattutto per le donne sempre più precari, a termine, con salari inferiori; salario già tagliato per la mancanza di aumenti contrattuali, ridotto alla miseria anche per l'aumento delle bollette, per il carovita. Così come è un bluff la questione delle banche e assicurazioni dato che è solo un'anticipazione di imposte che lo Stato restituirà tra il 2027 e il 2029.  

Tornando alla proposta di legge della Cisl, siamo di fronte a un misto di ingabbiamento dei lavoratori, per cui essendo rappresentati nei CdA delle imprese non devono aver più motivo di lottare contro la "loro" azienda; e di inganno dei lavoratori per convincerli a mettere soldi nelle aziende (partecipazione azionaria dei lavoratori, anche in sostituzione dei premi di risultato), senza peraltro che i lavoratori possano controllare o decidere niente - Su questo riportiamo quanto scrivono due economisti universitari sul Il Manifesto "...se i premi di risultato consentono di distribuire ai lavoratori incrementi di produttività... altri strumenti finanziari di partecipazione possono implicare un trasferimento ai lavoratori di risultati negativi. Con la conseguenza gravissima che in caso di crisi aziendale, i lavoratori perderanno insieme il posto di lavoro e parte del proprio patrimonio", dato in azioni". Si tratta di un vero e proprio imbroglio che porterebbe soltanto al fatto che i lavoratori dovrebbero privarsi di una parte del loro salario per far crescere gli utili delle aziende; cioè partecipare al loro sfruttamento. Questa proposta di legge punta a fare degli stessi lavoratori i sostenitori del salario dipendente dall'andamento produttivo dei padroni, che, quando devono pagare gli operai dichiarano che questo andamento va sempre male, è sempre in crisi; per fare poi degli stessi lavoratori coloro che decidano a chi dare meno e a chi dare di più. 

Una proposta di legge che oggi, col governo Meloni, trova una normale accoglienza perchè in sintonia con la sua natura moderno fascista. Questa proposta ha detto la Meloni nell'assemblea “significa gettare le fondamenta di una nuova alleanza tra datori di lavoro e lavoratori, fondata sulla condivisione degli oneri e degli onori, promuovere la partecipazione dei lavoratori al destino della propria impresa, incrementare le politiche di welfare, rafforzare il peso della contrattazione legata ai territori e alla dimensione aziendale, per superare le rigidità dei contratti nazionali senza smarrire le tutele sul lavoro”.

Quindi condivisione dei soli "oneri" e cancellazione dei contratti nazionali.

Si ritorna di fatto alle famigerate "gabbie salariali", in cui non vi è un salario unico dal nord al sud, ma un salario differente secondo il territorio, l'andamento delle imprese; per cui operai che fanno lo stesso lavoro si troveranno ad avere salari diversi, con una nuova pesante divisione tra nord e sud. 

Si propaganda/si impone un moderno corporativismo, in nome del bene della "nazione"; perchè il "bene comune", il "bene della nazione" è l'interesse privato dei padroni. E questo è moderno fascismo.

Ma come dicevamo all'inizio, la Meloni non ha perso l'occasione per ribadire la linea del governo su altri temi. Un passaggio lo ha fatto anche sulle politiche demografiche: L'inverno demografico... ha enormi implicazioni sulla tenuta sociale... questo governo ha dato finalmente alla questione della natalità e della demografia la centralità che merita, perché - ha spiegato Meloni - si tratta di una materia economica”. Appunto.
Meloni ha detto chiaro qual'è lo scopo della campagna per fare più figli. Non il bene dei bambini, delle famiglie, non il bene della collettività sociale, ma si devono fare figli per "l'economia", per dare nuove braccia da sfruttare ai padroni, e, ora nella fase di partecipazione, sostegno alle guerre, per dare corpi di ricambio per le guerre. 

Quindi ha parlato anche dell'Intelligenza Artificiale (Elon Musk le sta dietro alle spalle...). E su questo ha usato anche toni "terroristici". Della serie: certo la IA potrebbe sostituire nel lavoro tutti i lavoratori - cosa assolutamente falsa e impossibile: da dove i capitalisti ricaverebbero il plusvalore se sparissero gli operai? -; quindi se non si vuole correre questo rischio futuro voi operai dovete essere uniti al governo "nella grande sfida che abbiamo di fronte: lavorare per accompagnare i lavoratori in una trasformazione, un programma molto vasto di reskilling e di upskilling lungo tutto l'arco della vita e nei luoghi di lavoro". Cioè o i lavoratori accettano di vedere comunque tagliare una parte dei posti di lavoro, di essere macchine efficientissime per la produzione/il profitto del capitale o sarete "cancellati".

Ha parlato della trasformazione della scuola al servizio unicamente delle imprese (dimentichiamo cultura, sapere... con questi non si mangia...". Ma se "cultura ci deve essere sarà quella improntata ad una concezione nazionalista; "penso - alla nascita del Liceo del Made in Italy" per affermare il suprematismo della cultura, della religione occidentale, su quelle "barbare degli altri popoli".

Quello tra la Cisl e la Meloni si è trattato quindi di un vero e proprio patto corporativo/fascista, che deve essere denunciato e respinto prima di tutto nelle fabbriche e in ogni posto di lavoro.

La Cisl deve essere cacciata dai lavoratori dai posti di lavoro, dalle manifestazioni. Essa è l'infiltrazione del governo tra i lavoratori per schiacciarne la lotta di classe.

Formazione operaia - interventi di operai, lavoratrici sulla formazione su "Stato e rivoluzione" - contro il riformismo

Le puntate della Formazione operaia su "Stato e rivoluzione" sono state raccolte in questo opuscolo.

Si può richiedere a pcro.redgmail.com o 

a WA 3519575628, 

sarà inviato in Pdf 

 

 

 

 

1) Lo studio di "Stato e rivoluzione" è utile nella fase attuale in cui se le condizioni oggettive possono essere favorevoli mentre il soggetto rivoluzionario è ancora debole e si deve irrobustire e per questo è un arma. "Stato e rivoluzione" ci fa capire che la costruzione del vero partito rivoluzionario, comunista è principale, un partito che deve lavorare ed organizzarsi per "deviare" le masse dalle sponde dei partiti borghesi da un lato e dei revisionisti dall'altro, tutti al servizio del mantenimento di questo sistema capitalistico

Lenin in "Stato e rivoluzione", riprendendo Marx ed Engels, Lenin dice cosa è lo Stato, non un organo super partes ma il prodotto degli antagonismi di classe, che sono inconciliabili. Mette in chiaro che non è possibile cercare di cambiare le cose dall'interno del sistema. Lo Stato è lo strumento che la borghesia usa per opprimere l'altra classe. Altrochè se è di parte.

Lo Stato non può fare a meno del riformismo, che, pertanto, non è una realtà “esterna” perchè con la sua azione di conciliazione fa pienamente parte della funzione di dominio dello Stato borghese. 

Quindi, come bisogna vedere nella funzione dello Stato il doppio aspetto di repressore e attenuatore dei conflitti, così bisogna vedere nel riformismo e in tutte le forme dell’opportunismo la doppia funzione, quella di mistificare il ruolo dello Stato e quella di contribuire attivamente affinché esso funzioni come la borghesia vuole, secondo il suo interesse generale e la sua funzione generale come classe dominante, non necessariamente secondo l’interesse di una o l’altra delle sue frazioni. 

Noi proletari dobbiamo lottare tenacemente e saper essere autonomi dal riformismo in ogni sua forma; il riformismo costituisce il principale ostacolo all’abbattimento dello Stato. Scrive Lenin. “per gli uomini politici piccolo borghesi l’ordine è precisamente la conciliazione delle classi e non l’oppressione di una classe da parte di un’altra. Attenuare il conflitto vuol dire per essi conciliare e privare le classi oppresse di strumenti e mezzi di lotta per rovesciare gli oppressori”.

Quindi, non è sufficiente che le classi oppresse abbiano determinati strumenti e mezzi di lotta per rovesciare gli oppressori, la sostanza della via della rivoluzione consiste nel rompere la conciliazione sul piano teorico, politico, organizzativo, e quindi utilizzare gli strumenti e i mezzi di lotta per combattere in ogni conflitto la conciliazione.

Le posizioni di accumulazione delle forze solo attraverso una lunga lotta legale, trascurano il carattere della guerra che lo Stato borghese conduce contro i partiti proletari, e che la lotta legale non è sufficiente per contrastare la lotta illegale condotta anche dallo Stato democratico-borghese; questo non lo è stato nel passato e non lo è ancor di più oggi. Quindi, la stessa accumulazione di forza non può non avvenire dentro il carattere di guerra tra le classi.

2) Il legame Stato - violenza rivoluzionaria è la base della teoria rivoluzionaria del proletariato. Lo Stato è derivazione della società, è solo strumento di oppressione legalizzata.

Per Marx lo Stato è l'organo di dominio di classe, della classe borghese sulla classe proletaria,

mercoledì 12 febbraio 2025

Venerdì prossimo "armiamoci di Marx" - Invitiamo chi ha partecipato alla 1° lezione e nuovi ad esserci

 

Caporali e morti di freddo dalle Langhe alla Puglia


12 Febbraio 2025 da La Bottega del Barbieri

Anche nelle zone agricole più prospere del Nord le condizioni di lavoro e di vita della forza lavoro immigrata, anche regolare, è vicina alla condizione di schiavitù. Lo denuncia il Rapporto dell’Osservatorio Placido Rizzotto e lo conferma la magistratura. Leggi sull’immigrazione e prefetture non aiutano.

di Jean-René Bilongo (*)

Il 10 dicembre scorso, mentre il Paese era sconvolto dalla tragedia di Calenzano, la spaventosa esplosione del deposito di carburanti con il corollario di morti che ne era conseguito, da Alba in provincia di Cuneo, rimbalzava la notizia del ritrovamento dei corpi di due giovani migranti in un casolare abbandonato in località Gamba di Bosco. L’effetto era quello di un fulmine a cielo sereno, anche perché i defunti erano conosciuti dalla locale rete solidale. Oltretutto la vicenda non poteva essere liquidata con la solita impudenza figlia della bolgia tossica sui migranti: in quel caso, non erano “clandestini”, ma titolari di regolare permesso di soggiorno.

Ci si dovrebbe chiedere perché mai i due giovani subsahariani, 25 anni l’uno e 28 l’altro, dovessero ripararsi in un rudere abbandonato, in un contesto sociale ricco come il cuneese, per poi morire asfissiati dal monossido di carbonio sprigionato dal braciere con il quale cercavano di riscaldarsi.

Senza nessuna intenzione inquisitoria, ma solo per provare a esplorare le possibili cause di una simile tragedia, occorrerebbe tenere presenti tre coordinate: al livello locale, la dimensione nazionale, il solco europeo.

Cinque mesi prima della tragedia, in piazza ad Alba c’era stata un’importante manifestazione, catalizzata dalla FLAI provinciale e regionale, per dire no al caporalato e allo sfruttamento sempre più radicati nei campi e nei vigneti delle Langhe. La cronaca rilancia un quadro locale alquanto deprimente: condizioni di schiavitù, lavoratori annichiliti, sfruttati, talvolta pestati. Alla conferenza-stampa di una recente operazione di polizia giudiziaria contro la piaga del caporalato, il procuratore di Asti sosteneva che il quadro appurato dagli inquirenti fosse solo “la punta dell’iceberg”. L’eufemismo parla da sé: il marciume è molto più esteso di quanto sembri. Del bacino stanziale di sofferenza occupazionale di 8/10 mila nell’economia primaria del Piemonte, svettano Cuneo e Asti quali province più permeate dagli abusi a danno dei lavoratori, come evidenziato dal VII Rapporto agromafie e caporalato.

Ecco, un’agricoltura prospera in cui interi segmenti finiscono per usare a proprio vantaggio le condizioni inique imposte alla manodopera. E’ risaputo che quelle terre piemontesi attraggono ogni anno migliaia di “transumanti dell’agricoltura” in cerca di occasioni di lavoro che sanno di trovare in loco, in base al ciclo biologico delle colture. Proprio come i due asfissiati di Alba.

La seconda coordinata da esplorare è quella dell’accoglienza dei migranti, la sua impalcatura, le sue regole. Verrebbe spontaneo chiedersi come mai i due non fossero inseriti in qualche schema di accoglienza. Succede semplicemente che il sistema di accoglienza sbarra l’ingresso o espunge dai propri dispositivi chi ha un reddito superiore anche di un solo centesimo all’importo di € 6mila. Un indirizzo assurdo che il ministero dell’Interno impartisce alle prefetture, con l’ingiunzione di agire di conseguenza. La cifra che ne emerge è che i migranti beneficiari di misura sociale di vitto-alloggio devono necessariamente lavorare in nero, pena l’espulsione dall’accoglienza qualora si raggiunge la sanzione stabilita.

Un’assurdità che assume i contorni di una disposizione di legge ma che, in verità, è figlia di un’interpretazione tendenziosa dell’impianto normativo sull’accoglienza, sulla scorta della Direttiva UE di riferimento, recepita nell’ordinamento domestico con il Decreto Legislativo 142 del 18-08-2015. Nelle sue pieghe, la norma contempla all’articolo 23, tra i motivi di revoca dell’accoglienza, “l’accertamento della disponibilità da parte del richiedente di mezzi economici sufficienti”. Un assunto dal quale è scaturita un’interpretazione letterale della disposizione medesima. In pratica, se il fruitore di accoglienza matura un reddito superiore anche di un solo euro all’importo dell’assegno sociale (più o meno 6.000 euro), viene allontanato ipso facto dalla struttura. La conseguenza è intuibile: per evitare la scure, si deve semplicemente lavorare in nero.

Una pratica assurda che seguono pedissequamente le prefetture in tutta Italia, scegliendo di ignorare un passaggio successivo dello stesso articolo 23 che specifica come “nell’adozione del provvedimento di revoca si tiene conto della situazione”  dell’interessata/o, precludendo da ogni ipotesi di allontanamento ad esempio “le persone per le quali è stato accertato che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica, (…)”.

Nell’esperienza di tutela concreta contro simile applicazione fredda della norma, ci si è scagliati contro un provvedimento di allontanamento adottato dalla prefettura di Brindisi nei confronti di una pluralità di migranti colpevoli di aver lavorato in agricoltura, con regolare contratto, con tanto di reddito accertato. Posto di fronte all’argomentazione della FLAI, alla luce di quanto contemplato in combinato disposto dall’articolato Decreto Legislativo di recepimento della Direttiva Accoglienza, il prefetto fu costretto ad annullare, in autotutela, la misura adottata dai suoi uffici.

Al netto delle disposizioni di legge, è necessario strutturare schemi di accoglienza per i lavoratori che si spostano da un distretto agricolo all’altro, seguendo appunto il ciclo delle colture. Lo suggeriscono troppi drammi di persone carbonizzate, asfissiate o assiderate in ripari di fortuna, in ogni parte del Paese.

(*) L’autore è il presidente dell’Osservatorio Placido Rizzotto.

Link all’articolo originale: https://sbilanciamoci.info/caporali-e-morti-di-freddo-dalle-langhe-alla-puglia/