L'INCIDENTE NEL REPARTO SOTTO SEQUESTRO - Un operaio dell'Ilva, Giuseppe
Raho di 34 anni, ha subito ustioni di primo grado in seguito allo scoppio
delle scorie incandescenti di un contenitore denominato 'paiola',
all'interno del reparto Grf (Gestione rottami ferrosi), uno di quelli
sottoposti a sequestro dalla magistratura. Lo scoppio è avvenuto in un
reparto dove la pulizia dalle scorie di convertitori e siviere avviene
utilizzando martelli pneumatici particolari con i quali gli operatori
frantumano le scorie che, durante il processo di lavorazione, si
solidificano all'interno dei grandi contenitori usati nel ciclo
siderurgico.
E' successo che un blocco di ghisa solidificato solo in parte è
caduto
durante le operazioni in una pozza d'acqua rimasta sul selciato che
per
prassi viene bagnato in continuazione. L'uomo, investito dalle scorie
mentre
era a bordo di una escavatrice (i frammenti hanno rotto i vetri del
mezzo),
è stato soccorso e medicato nell'infermeria dello stabilimento. Le
sue
condizioni non sarebbero gravi, ha una prognosi di otto giorni per
ustioni
al torace e al polso. Nel reparto Grf, secondo fonti sindacali, era
in corso
un'operazione di svuotamento del grosso contenitore (la paiola)
delle scorie
prodotte dall'Acciaieria 2 nei processi di formazione delle
bramme. Le
scorie sono scoppiate a contatto con il terreno umido, schizzando
in varie
direzioni.
Lo Slai cobas per il sindacato di classe Ilva
denuncia come le condizioni
di sicurezza dei reparti - compresi quelli
sequestrati - restano gravi e che
l'attuale contesa che mette a rischio di
chiusura la fabbrica oscura lo
scontro necessario in fabbrica sui singoli
problemi che toccano la sicurezza
e la condizione dei lavoratori.
Gli
aziendalisti sono schierati con Riva e quindi minimizzano i problemi di
sicurezza esistenti in fabbrica, mettondovi la sordina.
Il Comitato
liberi e pesanti fa molta denuncia dell'inquinamento e di Riva
ma diserta lo
scontro reale in fabbrica contro padron Riva, scontro che
domanda un
sindacato di classe, di cui solo la linea dello slai cobas è
strumento e
garanzia, dato che esso conduce da sempre questo scontro sia
pure con poca
forza all'interno e fronteggiando l'azione congiunta di padron
Riva,
sindacati e opportunisti volta a isolarlo e a ridimensionarne il peso
e la
presenza.
IN AULA PER OMICIDIO COLPOSO - A Taranto, nelle aule del
tribunale, il via
al processo che ha acceso la luce sulla scomparsa di
lavoratori che
avrebbero contratto malattie letali per il contatto con
l'amianto. Alla
sbarra 29 imputati chiamati a rispondere della malattia
professionale che ha
stroncato le vite di 15 lavoratori. Nell'elenco degli
imputati ci sono
Emilio Riva che benché non sia più presidente operativo del
gruppo ne resta
tuttavia il massimo rappresentante, suo figlio Fabio, il
direttore dello
stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, e poi i diversi
dirigenti che
hanno gestito il passaggio del siderurgico dalla gestione
pubblica (Finsider
e Partecipazioni Statali) a quella privata, avvenuta nel
1995 con la vendita
dell'Ilva a Riva da parte dell'Iri. Tra i rinviati a
giudizio c'è anche
Giorgio Zappa, già direttore generale di Finmeccanica, in
forza all'Ilva
pubblica dal 1988 al 1993 quale vice prima e direttore
generale poi. Per
tutti gli imputati è stato ipotizzato il disastro colposo
e l'omissione
dolosa di cautele sul luogo di lavoro.
LE ACCUSE - I
dirigenti dello stabilmento, si legge negli atti d'accusa,
"omettevano
nell'esercizio ovvero nella direzione dell'impresa, nell'ambito
delle
rispettive attribuzioni e competenze, di adottare cautele che secondo
l'esperienza e la tecnica sarebbero state necessarie a tutelare l'integrità
fisica dei prestatori di lavoro, in particolare impianti di aspirazione
nonché sistemi di abbattimenti delle polveri-fibre contenenti amianto idonei
a salvaguardare l'ambiente di lavoro dall'aggressione del suddetto materiale
cancerogeno, nonché omettevano di far eseguire in luoghi separati le
lavorazioni afferenti al rischio di inalazione delle polveri-fibre di
amianto, unitamente ad altre adeguate misure di prevenzione ambientali e
personali atte a ridurre la concentrazione e la diffusione delle
polveri-fibre di amianto generatesi durante le lavorazioni a tutela dei
lavoratori dipendenti dello stabilimento Ilva ripetutamente esposti ad
amianto durante lo svolgimento di attività lavorative".
Questo
importante procedimento che finalmente giunge a processo, iniziato da
un
giudice oggi morto, il giud. Pesiri, ha visto lo Slai cobas
per il sindacato
di classe e l'Ispettorato del lavoro collaborare
attivamente all'inchiesta
nell'individuazione dei responsabili. E' un
processo giusto perchè mette
sotto accusa tutto l'establishment del
siderurgico, quando era a
partecipazione statale, come quando dal '95 esso è
divenuto proprietà di
Riva, tutti i morti di amianto e le malattie
professionali ad esso connesse
sono originate nel periodo precedente a Riva
, anche se la presenza di
amianto in Ilva è continuata anche nel periodo di
Riva.
OK DEL
SENATO, BONIFICHE PER LEGGE - Il Senato, con 247 sì e 20 no, ha
approvato in
via definitiva il decreto sull' Ilva. Il provvedimento che reca
disposizioni
urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del
territorio
di Taranto, è convertito definitivamente in legge. Solo la Lega
ha votato
contro. In ballo ci sono 396 milioni di euro, 120 dei quali messi
a
disposizione dalla Regione Puglia. Il maxi stanziamento è previsto per una
serie di interventi di bonifica nella disastrata area tarantina, ma anche
per spingere il rilancio industriale con particolare attenzione allo
sviluppo del porto mercantile.
Questo provvedimento è un vero bluff
di governo, Regione, enti locali e
sindacati confederali, dato che la cifra
è assolutamente truccata e
insufficiente. Truccata perchè include 196
milioni di euro stanziati per il
porto, che quindi non c'entrano nulla con
l'Ilva e l'emergenza ambientale e
le bonifiche.
GLI OPERAI SCENDONO
DAI CAMINI - Gli operai dell'Ilva che da otto giorni
protestavano sul Camino
E312 e sull'Altoforno 5, a sessanta metri di
altezza, hanno sospeso
l'agitazione dopo un incontro con il prefetto di
Taranto, Claudio
Sammartino, avvenuto ai piedi del Camino. "E' stato un
incontro molto
proficuo - ha detto uno di loro Michelangelo Campo - e il
prefetto ha detto
che si farà portavoce delle nostre istanze con gli altri
organi
istituzionali". All'incontro ha partecipato anche il presidente
dell'Ilva,
Bruno Ferrante.
Finalmente, questa protesta è stata sempre sotto l'egida
degli aziendalisti
e si è svolta con il sostegno dell'entourage
aziendale.
Queste proteste non sono quelle giuste in questa fase.
Servono
scioperi unitari e blocchi della fabbrica e della città per
difendere
realmente lavoro e salute.
LA NUOVA DENUNCIA - Ma non è tutto. E' stata
depositata oggi alla
cancelleria penale del tribunale di Taranto la prima
denuncia con la
richiesta di contestazione del reato di omicidio volontario
con dolo
eventuale nei confronti dei legali rappresentanti dell'Ilva già
coinvolti
nell'inchiesta per disastro ambientale. A presentarla è stato
l'avvocato
Giuseppe Lecce del foro di Taranto, per conto della figlia di un
ex
dipendente comunale che ha lavorato con mansioni da giardiniere per 30
anni
in un vivaio in contrada 'Taranto Croce' (nei pressi dell'ex ospedale
Testa), ed è morto nel 2006 a causa di un melanoma. Si tratta dello stesso
legale che guida la class action dei cittadini, per la quale ipotizza una
similitudine con il processo Thyssen.
Si tratta in realtà di
un'azione pubblicitaria e di sciacallaggio da parte
dell'avvocato.
Lo
Slai cobas sta sollecitando la Rete per la sicurezza ad assumere un
impegno
giudiziario e di mobilitazione per la costituzione di parte civile e
le
cause di risarcimento necessarie agli operai e ai cittadini di Tamburi e
nei
prossimi giorni proporrà la sua iniziativa autorganizzata e di massa
sull'argomento, prendendo ad esempio le cause Thyssen ed Eternit a cui
abbiamo attivamente partecipato.
(03 ottobre 2012)
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