giovedì 23 marzo 2023

Formazione operaia su "guerra imperialista e proletari". L'azione dei comunisti nell'analisi concreta della situazione concreta


Lenin scrive: "La guerra ha indubbiamente generato la crisi più acuta e ha aggravato in modo inverosimile la miseria delle masse. Il carattere reazionario di questa guerra, l'impudente menzogna della borghesia di tutti i paesi che maschera i propri scopi di rapina con un'ideologia "nazionale", tutto ciò, sul terreno di una situazione oggettivamente rivoluzionaria crea inevitabilmente nelle masse degli stati d'animo rivoluzionari. E' nostro dovere contribuire a rendere coscienti questi stati d'animo, approfondirli e precisarli".

Lenin qui parla di una guerra imperialista gia' dilagante in tutto il mondo, mentre noi allo stato attuale sappiamo che siamo dentro questo percorso ma non ancora quel punto. La questione, quindi, si presenta in maniera differenziata a seconda dei luoghi che sono gia' teatro di guerra rispetto a quelli che partecipano ma non sono ancora teatro di guerra e, infine, la' dove lo stadio della partecipazione non va oltre l'adesione a un blocco imperialista e a suo supporto, a volte con armi, a volte puramente logistico, finanziario.

Pertanto, il rapporto tra guerra e miseria e tra lo svilupparsi degli stati d'animo rivoluzionari appare oggi variegato e differenziato. 

La visione di Lenin ci da l'immagine viva di dove comunque questa situazione nei diversi paesi del mondo va a sboccare. 

Anche il rapporto tra i compiti dei comunisti e lo stato delle masse richiede analisi concreta della situazione concreta ed esatto dosaggio del lavoro per contribuire a rendere coscienti gli stati d'animo delle masse approfondirli e precisarli come guida per l'azione.

Dobbiamo combattere risolutamente nelle fila del movimento comunista e nelle fila degli operai d'avanguardia sia posizioni di attendismo e adeguamento codista allo stato delle cose, sia attitudini estremiste, finaliste; entrambi questi atteggiamenti aiutano e servono gli interessi della borghesia e delle forze sociali riformiste ad essa alleate o accodate. 

In ogni caso, qual'è il fine del nostro lavoro? Esso non può mai essere oscurato nè verso le masse, nè all'interno del movimento comunista e delle avanguardie proletarie. Lenin lo indica chiaro: "Questo compito è espresso in modo giusto dalla parola d'ordine di trasformare la guerra imperialista in guerra civile, ed ogni lotta di classe conseguente in tempo di guerra, ogni tattica di azione di massa seriamente applicata conduce inevitabilmente a questo". 

Questo elemento è oggettivo nel cammino delle cose, ma è nello stadio ancora di guerra non dispiegata, e caratterizza l'ideologia, la formazione politica e l'organizzazione dell'avanguardia operaia e comunista, cioè del partito della rivoluzione che è, quindi, un partito in funzione della trasformazione della guerra imperialista in guerra civile.

Lenin ha ben chiaro che non si tratta nè di ideologia e propaganda astratta o di semplice visione, ma della conseguenza di un lavoro sistematico. Scrive infatti: "E' impossibile sapere se un forte movimento rivoluzionario scoppiera' in seguito alla prima o alla seconda Guerra imperialista tra le grandi potenze, durante o dopo di essa, ma in ogni caso è nostro preciso dovere lavorare sistematicamente e con perseveranza proprio in questa direzione. (sottolineatura nostra)".

Lenin dice ancora: "il manifesto di Basilea si richiama direttamente all'esempio della Comune di Parigi, cioè alla trasformazione della guerra tra i governi in guerra civile". Qui Lenin indica chiaro che significa "guerra civile" e indica anche l'obiettivo della guerra civile che è il potere operaio. 

I comunisti non possono fare discorsi a meta'. La tattica deve misurare parole e metodi di lotta e di organizzazione per restare legati allo stadio, alla coscienza ancora esistente, ma per i comunisti è impossibile guidare correttamente questa tattica se non c'è solidita' di pensiero e di azione incarnata dalla forma partito, dai quadri del partito principalmente e dalla base per quanto piccola o grande che sia di esso.

Lenin risponde anche alla possibile obiezione, fin troppo banale, che oggi non siamo ai tempi della Comune di Parigi (come non siamo ai tempi della Rivoluzione d'Ottobre), segnalando che "mezzo secolo fa il proletariato era troppo debole (si allude chiaramente ai tempi della Comune di Parigi ndr) le condizioni obiettive del socialismo non erano ancora maturate, il collegamento e la collaborazione dei movimento rivoluzionari in tutti i paesi belligeranti non poteva esistere".

Si descrive qui, quindi, una situazione peggiore dello stato attuale delle cose dal punto di vista del movimento della classe e delle masse. Come noi possiamo utilizzare lo stato attuale delle cose come un freno all'azione necessaria dei comunisti?

Anzi, Lenin in questo scritto segnala anche i limiti della Comune di Parigi. Scrive: "La simpatia di una parte degli operai di Parigi per le "ideologie nazionali"... era una loro debolezza piccolo borghese, rilevata a suo tempo da Marx: "fu questa una delle ragioni della sconfitta della Comune""

Come quindi preoccuparsi del dominio nelle fila degli operai, anche in forma maggioritaria oggi, di ideologie nazionali e influenze piccolo borghesi? Esse non possono essere considerate condizioni che rendono impossibile la tattica rivoluzionaria contro la guerra, la strategia della trasformazione, l'obiettivo de potere operaio. L'azione dei comunisti consiste, usando tattica e strategia, nel trattare appunto queste contraddizioni e nel rendere possibile ciò che sembra impossibile. In un contesto che è quello da 'stadio finale della contraddizione', del precipitare di essa, costituita storicamente oggi dalla guerra imperialista.  

Lenin scrive questo e la frase che segue in corso d'opera e sara' questa attitudine che formera' i quadri operai e comunisti (bolscevichi) e li rendera' in grado di realizzare la straordinaria impresa storica della Rivoluzione d'Ottobre. Lenin scrive, infatti, a distanza di mezzo secolo "le condizioni che indebolirono la rivoluzione di allora non esistono più (sempre riferendosi alla Comune ndr) e attualmente sarebbe imperdonabile per un socialista tollerare la rinuncia all'agire precisamente nello spirito dei comunardi parigini". 

A 152 anni della Comune di Parigi è questo il nostro faro e guida per l'azione. Una sorta di imperativo categorico a cui attenersi in ideologia, teoria, prassi e organizzazione oggi, nel contesto della situazione mondiale del capitalismo/imperialismo e del movimento operaio e comunista.

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