martedì 28 marzo 2023

Il testo della seconda "lezione" della Formazione marxista di base tenuta dal Prof. Di Marco il 17 marzo da Palermo

Prima di entrare nel merito di questa seconda “lezione”, voglio fare una breve sintesi della prima “lezione” tenutasi il 6 febbraio a Taranto.

Noi ci stiamo occupando delle categorie dell'economia politica perché l'opera di Marx, a cui Marx ha dedicato la maggior parte del tempo della sua vita, era una critica di questa scienza. L'economia politica è una scienza che si occupa della ricchezza, la ricchezza delle nazioni: è una scienza molto moderna, nell'antichità, dicemmo la volta scorsa, non c'era una scienza di questo genere. Perché? Perché non erano interessati gli antichi alla ricchezza come tale, cioè alla produzione della ricchezza come tale, perché loro dicevano che la produzione è al servizio dell'uomo e non l'uomo al servizio della produzione, quindi la ricchezza, la produzione, agricola prevalentemente, serve per creare il buon cittadino, fare il buon cittadino. Nella società moderna, invece, è l'uomo al servizio della produzione, infatti uno dei grandi economisti moderni, Ricardo, dice lo scopo è la produzione per la produzione. Allora, come si presenta nell'età moderna la produzione per la produzione? Come un asservimento totale dell'individuo alla produzione. E l'uomo è assoggettato alla produzione come se l’uomo fosse dominato da un fato a lui estraneo, anche se poi se lo sono creati gli individui stessi. E, dice Marx, il lavoratore più lavora per produrre questa ricchezza e più diventa povero, E’ uno svuotamento. Dice Marx è come nella religione, tutto quello che metti in Dio, in questo ente di immaginazione, lo togli all’uomo. Quindi questa produzione per la produzione si presenta come un totale svuotamento, e allora ci sembra che quel mondo antico di un tempo sia stato più pieno; ma questo “svuotamento” crea poi le condizioni per il pieno sviluppo di tutte le capacità umane, è come se “recuperassimo il mondo antico”, ma sulla base delle condizioni che ha creato questa fase, scusate, fatemi dire la parolaccia, di merda, che attraversiamo. Questo mondo moderno ti spezza, ti separa, poi recuperi questo momento elevato, ma sulla base delle condizioni, vedremo quali, che creano questo passaggio.


L’altra volta noi ci fermammo precisamente qua, e cioè che la ricchezza odierna si presenta come uno svuotamento totale dell'uomo, degli individui, del lavoratore: più produci ricchezza, più ti affatichi e più ti impoverisci. Allora ci sembra che il mondo antico sia più elevato, ma, dice Marx, una volta che hai soppresso la forma moderna capitalistica, mo’ vediamo che significa, della ricchezza, cos'è altro la ricchezza se non questo pieno sviluppo dell'uomo, dove l'uomo non rimane mai qualcosa di divenuto, ossificato, ma è nel movimento assoluto del divenire, si trasforma sempre, ma non nella maniera feroce con cui si trasforma oggi. Perché? Perché questa trasformazione, questo movimento va a vantaggio di pochissimi, i quali rappresentano la ricchezza di tutta quanta la società, invece dobbiamo arrivare a una fase in cui ognuno di noi rappresenta la ricchezza di tutta quanta la società, cioè non c'è più l'antitesi tra individuo e società ma, dice Marx, la più grande povertà diventa la più grande ricchezza, perché la povertà lì sarà il bisogno dell'altro uomo, e quindi è la più grande ricchezza, questa volta positiva, cioè avere bisogno dell'altro uomo, ma non un bisogno che significa necessità: o fatichi più del necessario o non mangi, perché gli uomini avranno le risorse per potersi sottrarre a questa necessità del lavoro, e  a quel punto il bisogno è un bisogno positivo, è come se dicessi: ho bisogno di arte, ho bisogno di cose più elevate...

Adesso dobbiamo entrare nel nostro tema, perché adesso noi restiamo collocati in questa seconda fase, e quindi dobbiamo capire questa seconda fase, questo e il problema.

Allora, per descrivere questa seconda fase io ho scelto un testo di un conservatore dei tempi di Engels, si chiamava Thomas Carlyle, che aveva scritto un libro Passato e presente. Engels recensì questo libro,

molto bello, e diceva: questo è un conservatore, è uno di destra, però è intelligente e ha capito bene il capitalismo, la società moderna. E spesso i conservatori capiscono più dei liberali, perché loro, i liberali, fanno l'apologia del capitalismo, lo difendono, il conservatore lo critica, ma perché vuole tornare al vecchio, a quello che considera il mondo antico più elevato, però nel descriverlo ci azzeccano. 

“Innanzitutto - scrive Carlyle - un milione di lavoratori affamati insorsero, si riversarono sulle strade e vi restarono.” Qui è Londra, l’Inghilterra, siamo nel 1845, l'Inghilterra era la più industrializzata e quindi sembra un po’ l'anticipazione del nostro oggi. Carlyle continua: “questi lavoratori affamati insorsero, si riversarono sulle strade e vi restarono. Che altro avrebbero dovuto fare? Le ingiustizie patite, le loro proteste erano amare e intollerabili, il loro furore era invece giustificato.” Questo è un conservatore ma capisce di più! “Ma chi è la causa di queste proteste – scrive Carlyle - chi vuole rimediarvi? Chi siano o cosa siano i nostri nemici non lo sappiamo, dove siano i nostri amici non lo sappiamo”. E già, in una società per azioni andate a vedere chi sono, diventa una cosa impersonale. “che potremmo attaccare qualcuno? Sparare a qualcuno o farci sparare da qualcuno? O se questo dannato incubo che invisibile succhia il sangue alla nostra vita e a quella dei nostri simili prendesse una forma visibile, se volesse affrontarci nella figura di una tigre o di Satana in persona, in una figura qualunque che potessimo vedere, nella quale potessimo identificarlo.” 

Carlyle ha capito. E’ chiaro che tu poi te la pigli immediatamente col padrone, cacci l'amministratore delegato ecc, però è tutto l'insieme, è il sistema; il che significa che ci troviamo dinanzi a un rapporto sociale collettivo che vuole una lotta collettiva, questo è il punto. Perché la lotta collettiva? Non perché siamo tutti insieme, non è questo, ma perché questo sistema si presenta come un sistema sociale, dove è chiaro che è rappresentato da una serie di persone, quelle contro cui uno lotta tutti i giorni, l'istituzione con cui vai a trattare e contrattare, ma se non prendi il potere politico, cioè tutto quanto l'insieme, si riproduce, perché è vero che quella persona rappresenta, ma rappresenta, non è esso stesso… E questo conservatore capisce tutto.

Ora vediamo che cosa dice Engels: “Questa fu appunto la sventura dei lavoratori in occasione dell'insurrezione dell'estate 1842: essi non sapevano contro chi avrebbero dovuto lottare. Il loro male era un male sociale e i mali sociali non possono essere eliminati al modo in cui si aboliscono la monarchia o i privilegi. I mali sociali non possono essere curati da Carte del popolo, e questo il popolo lo avvertiva, altrimenti la Carta del popolo sarebbe oggi la legge fondamentale dell’Inghilterra. I mali sociali esigono d’essere studiati e conosciuti e finora la massa dei lavoratori non lo ha fatto.” 

Quindi, vedete che ogni mondo è paese, è la stessa situazione di tutti quanti noi, cioè di due secoli, ma questo è il problema (vedi il sapere quant'è importante?).

“Il grande risultato della sollevazione consiste in ciò: ad ogni orecchio e in maniera udibile fu posta la questione vitale dell’Inghilterra, la questione della sorte definitiva della classe lavoratrice, come dice Carlyle”, che aveva capito che l’Inghilterra essendo un paese industriale, dalla sorte della classe lavoratrice dipendevano i mali dell’Inghilterra, e quindi lui diceva, da destra: se non risolvete quel problema ce ne andiamo a scatafascio... Cioè Carlyle aveva capito la prerivoluzionarietà potenziale della situazione. “Ma questa questione – risponde Engels - non può adesso essere più elusa, l'Inghilterra deve trovare una soluzione o perire”.

Leggetevelo questo articolo che egli scrisse sul libro di Carlyle che è un conservatore ma è molto realista. Lui comunque vorrebbe mantenere la situazione antica, più antica del capitalismo, perché il capitalismo è una forza che rivoluziona il mondo precedente, le sue forme precedenti, perché il capitalismo non è nato con la nascita dell'uomo, è nato 4 secoli fa, rivoluzionando lunghi modi di produzione precedenti. 

Carlyle vorrebbe mantenere la situazione di prima del capitalismo, vorrebbe mantenere la situazione feudale, arretrata, e allora lo critica, criticando vede qualche cosa di giusto. Però il problema è che non lo dobbiamo criticare per tornare indietro, e molti compagni lo fanno, ahimè, ma dobbiamo criticarlo per andare oltre.

Ma andare oltre significa utilizzare, lavorare sulle condizioni che troviamo, dobbiamo trovarle già qua, se no ce le inventiamo... (interlocuzione di una compagna di Palermo: “per esempio ci sono compagni che criticano la questione delle industrie che inquinano e vogliono la chiusura delle fabbriche per tornare, come a Taranto, al pezzo di terra, alla coltivazione delle cozze. Quindi tornare indietro, pigliando come argomento la questione ambientale]. Esattamente questo problema c'è: si confonde la tecnica, che è un fatto progressivo, con l'uso capitalistico, questo è il punto. Allora, il conservatore che fa? Vede l'inquinamento, e pure lui ne soffre, ma dice che è colpa dell'industria, quindi chiudete fabbriche, terziario, trasporti, eliminate ferrovie, eliminate gli aerei, eccetera; invece il progressista comunista che cosa dice? Devi togliere la forma capitalistica che assume la tecnica e quindi usarla non per il profitto, ma per lo sviluppo, per l'arricchimento dell'uomo e quindi investire le energie, gli studi scientifici per rinnovare le fonti di energie, per far ruotare la coltivazione della terra, le miniere, ecc., ma per fare quello devi superare gli egoismi nazionali, le nazioni, cioè devi creare una nuova forma di società.

Non so se mi spiego. Cioè il conservatore capisce il danno però sbaglia la causa, toppa la causa, questo è il punto. Carlyle aveva capito questo punto, ovviamente lui pensava che con una forma per esempio equilibrata di costituzione, si potessero conciliare le classi, invece non le puoi conciliare, devi sopprimerle le classi, tutte le classi, pure quella proletaria, cioè formare una società senza classi. 

A questo i conservatori non arrivano, però Engels capì che questo aveva analizzato bene la cosa: con chi ce la dobbiamo prendere? 

Perché mentre nelle epoche precedenti tu vedevi immediatamente il signore feudale, il proprietario di schiavi, ma in una società per azioni dove vai a vederlo? Certo, dici: ma io so chi, sono questi e questi altri, leggo Forbes, la rivista, questi sono gli uomini più ricchi del mondo… Ma non è che acchiappando quello hai eliminato l'intero sistema; allora dobbiamo capire il funzionamento di questo intero sistema. Ecco questo è il nostro problema.

Facciamo adesso un passo avanti, perché? Perché noi dobbiamo capire. Posto che la società contemporanea è questa, una società che si contrappone agli individui svuotandoli completamente, per cui quello che noi creiamo diventa una potenza estranea potentissima contro gli individui, allora ci dobbiamo domandare: ma qual è la sua funzione? Perché ci sta? Che ci sta a fare? Perché non è che qualcuno ce l’ha messa dal di fuori del mondo, se la sono creata gli uomini stessi, quindi qual è la sua funzione storica?

La sua funzione storica è di preparare la società successiva, quella dove la ricchezza è il pieno sviluppo delle forze essenziali dell'uomo. Voi mi potete dire: ma perché ci dobbiamo passare, che bisogno c'è? Perché miracoli non se ne possono fare, questo tipo di società serve per rompere con quelle società più antiche che avevano una forma molto ristretta e unilaterale, cioè rimanere a coltivare la terra per tutta la vita. L'emigrazione è una cosa terrificante e sappiamo che fra poco il Mediterraneo sarà talmente pieno di morti che arriveremo in Africa a piedi, scusate il fatto macabro; al tempo stesso - perché non possiamo adesso giudicare la cosa moralisticamente - dobbiamo esaminare freddamente la realtà. Andare via da un paese anche se sei costretto significa creare rapporti più universali e creare rapporti più universali significa potenziare la produzione di quella ricchezza che ci servirà in un senso completamente diverso di come funziona la ricchezza odierna.

Voi dite ma è terrificante... Si’, ma non ci sta una entità estranea al mondo che ti fa i miracoli. La violenza, tutti questi elementi che a nessuno fa piacere, sono necessari storicamente, non individualmente per questo passaggio. La funzione di questa società è quella di rompere, spezzare quelle forme immediate, arcaiche. Vedete è sempre il discorso fatto all'inizio: separi e poi dopo ricomponi. Noi adesso dobbiamo conoscere questo fatto e capirne la funzione storica. A questo punto vi potete fare un'altra domanda: Ebbene, dopo che l'ho capita? Se questa funzione storica è necessaria che faccio, sto con le mani in mano? E no, un momento, perché conoscere il capitale significa conoscere anche le condizioni che esso stesso non volendo genera dal suo interno per potersi seppellire, quindi significa conoscere le condizioni perché questa è una società che svuota completamente l'uomo, ma svuotando e rompendo con le forme precedenti, crea una mobilitazione, mette in movimento gli uomini. Pensate solo alla rete internet, ci stanno le schifezze peggiori scritte, però si creano relazioni universali. Cioè questa società ti crea quelle condizioni che ci serviranno per edificare una diversa società, perché non te la puoi inventare, sennò finisce il materialismo.

Ecco perché conoscere è per non ritornare indietro, perché altrimenti che ci stava a fare tutto questo dolore, questa sofferenza dell'umanità. Sembra si auto imponga, ma in realtà è tutto un processo di crescita dell'umanità nel cui processo bisogna stare, anche quando sembra il peggio del peggio, perché qui maturano le condizioni per il suo superamento.

Per fare un riferimento adesso a quello che dice esplicitamente Marx (io vi avevo suggerito la volta scorsa di leggere quel libriccino di Carlo Cafiero, “Compendio del Capitale di Marx”, che è un riassunto chiaro); Marx aveva notato questo riassunto, perché era molto chiaro, solamente però aveva trovato una lacuna nell'esposizione di Cafiero, ma qual era questa lacuna? Leggiamo ciò che gli scrive Marx in una lettera in cui lo ringrazia, insomma lo elogia: “Io credo di non ingannarmi attribuendo alle considerazioni esposte nella vostra prefazione una lacuna, e cioè la prova che le condizioni materiali necessarie all'emancipazione del proletariato sono spontaneamente generate dallo sviluppo dello sfruttamento capitalista”. Cioè dallo sfruttamento capitalista si liberano forze sulla cui base non puoi ritornare alla schiavitù, ci devi arrivare dall'interno del processo, cioè bisognava che la schiavitù si estremizzasse fino a diventare schiavitù salariata, perché si andassero a sprigionare quelle forze che poi dopo possono abbattere il sistema precedente. 

Marx fa l’esempio dell'apprendista stregone che mescola e libera forze che poi lo fanno saltare, come quando ti mette a giocare al piccolo chimico. Così è la società moderna, libera, come l'apprendista stregone, quelle forze che la fanno saltare.

Poi dice Marx “del resto io sono del vostro avviso, che non bisogna sovraccaricare lo spirito di coloro che bisogna educare”. Vedete, quanto Max aveva notato il punto essenziale. Se no, non avrebbe senso questo studio che facciamo, dobbiamo capire quali sono le condizioni che involontariamente la società presente libera per andare oltre.

Allora a questo punto però sorge un'altra domanda: beh, allora, io me ne posso stare tranquillo perché automaticamente questa libera le condizioni e poi dopo si passa oltre...; a questa d'altra parte però si oppone un'altra posizione che è anche diffusa tra i compagni, nonostante questa è molto anarchica: bisogna con un atto di volontà, intervieni e ciao, ma poi ti vai a frantumare… 

Allora cerchiamo di fare uno sforzo, di superare questa antitesi astratta, tipicamente intellettuale. Ma allora è meccanica? No, è volontaria, non è volontaria è meccanica. Ecco è una falsa antitesi, in cui ci sono degli aspetti di verità, che dobbiamo ora risolverla, scioglierla, perché questa è una cosa su cui tutti compagni discutono tantissimo, ma con questo siamo arrivati al cuore del problema, cerchiamo allora di sciogliere questa cosa. 

Automaticamente? Volontariamente? Un momento! Chi l'ha creata questa ricchezza moderna? Il capitale, cioè l'umanità stessa, gli uomini stessi. Quindi, voi capite, automatica che significa. Chi lo fa? Infatti l'ha detto pure Carlyle “ah ci fosse almeno Satana”... No, non ci sta, è una fantasia. L'hai creata tu e quindi tu che l’hai creata tu la devi abbattere. Tu non significa tu o tu o fosse pure il famoso partito, ma l'hanno creata intere forze sociali, potenti forze sociali, che se si condizionano l'un l'altro, Marx la chiama “azione reciproca”, l'azione reciproca di un individuo sull’altro. Poiché però, e siamo ora al cuore del nostro problema, questi individui, a differenza che nelle società antiche, lavorano, producono, vivono isolatamente l'uno dall'altro, però si influenzano, il padrone influenza il lavoratore, l'altro influenza l'altro, il risultato di questa azione reciproca diventa una cosa che gli individui stessi singolarmente non si aspettano, cioè viene a superare la volontà individuale immediata; ma l'intenzione collettiva che viene fuori, specialmente in una società conflittuale, supera le intenzioni dei singoli individui, di forze limitate, che in questa fase proprio perché la ricchezza è separata quello che loro creano gli si rivolta contro come una potenza estranea, non la riconoscono - ecco perché Carlyle diceva “eh ci fosse almeno Satana… con chi ce la dobbiamo prendere”. Ma gli individui stessi hanno creato con la loro azione reciproca. Capite perché la conoscenza del processo qui diventa importante? Ma allora se è stata creata dall'azione reciproca degli individui, questi stessi individui possono anche trasformare queste condizioni. Perché, e questa è la spiegazione che dà Marx, gli individui, gli uomini non è che producono da zero, agiscono da zero, ma agiscono in condizioni che loro non si sono creati perché gliele hanno create le generazioni precedenti, e con quelle devono fare i conti, ma le generazioni precedenti si sono trovate anch’esse in condizioni create dalla “generazione nonna”, e hanno però trasformato quelle condizioni. Quindi noi ci troviamo non isolati, ma con le condizioni create dalle generazioni precedenti che ulteriormente trasformiamo; cioè, noi ci troviamo le condizioni create dal lavoro delle generazioni precedenti, quindi il lavoro morto, lo chiamiamo lavoro oggettivato, e noi adesso col nostro lavoro vivente, vivo, trasformiamo e consegniamo alle generazioni successive…, di nuovo il lavoro morto su cui loro devono trasformare… 

Questa cosa segna il punto di partenza della concezione marxista, perché gli altri socialisti precedenti a Marx, quelli utopistici, dicevano “sì, gli uomini agiscono così, il ladro agisce così perché quello ha delle condizioni sociali in cui si trova ad agire”. Sì però, dice Marx, questa teoria messa così dimentica che le condizioni sono state fatte dagli uomini e che anche l'educatore deve essere educato, perché l'educatore stesso viene da condizioni che poi gli uomini devono trasformare. Ecco, la capacità dell'umanità di criticare le situazioni precedenti per poterle trasformare. Però puoi trasformarle solamente sapendo che ti muovi entro gli ambiti che ti hanno dato le condizioni precedenti, non puoi fare il salto oltre le condizioni presenti. Allora, dice Marx, è chiaro che la trasformazione di queste condizioni non può avvenire con una pacifica metamorfosi, con un pacifico cambiamento, non lo puoi fare mettendoti d'accordo, avviene con urti.

Quindi, dice Marx, non si possono risolvere con una pacifica metamorfosi, fosse pure come lui pensava all'inizio che in Inghilterra la borghesia davanti alla stragrande maggioranza della classe operaia prima o poi avrebbe deposto le armi, avrebbe ceduto, poi diceva forse non lo farà… (Lenin invece in Russia si trova dinanzi ad una situazione molto diversa). Vedete, in nessun caso si tratta di una pacifica metamorfosi, perché si calcolano sempre i rapporti di forza, a prescindere da se e quanto sangue scorre… D’altra parte, aggiunge Marx, se questa stessa società non contenesse dentro di sé interamente le condizioni per poter saltare, tutti i gesti tutte le azioni per farla saltare sarebbero degli sforzi donchisciotteschi (sapete, c'è un racconto molto bello di Cervantes, un grande scrittore del 500, “Don Chisciotte della Mancia”, che raccontava appunto di questo cavaliere medievale, Don Chisciotte, immaginario, il quale voleva appunto ristabilire la cavalleria, cioè ecco, siamo al nostro tema; non lo poteva fare, perché le condizioni erano cambiate, e però si arma di spada e incomincia a viaggiare per la Mancia perché voleva andare a lottare contro i giganti. Ma aveva scambiato per giganti i mulini a vento e si buttava contro i mulini a vento con la spada e Sancho Panza che era il fedele scudiero gli diceva ma che fai?). Marx che aveva molto letto il Don Chisciotte, una lettura che vi consiglio, è bellissima, ti fai proprio un viaggio per la Mancia, diceva: se non ci fossero già le condizioni tu andresti a sbattere contro i mulini a vento.

Vedete, il punto di soluzione è questo: è una potenza estranea potentissima altro che giganti, ma siamo noi ad averla creata, e noi dobbiamo farla saltare. Ma poiché questo farla saltare non avviene nel vuoto, ha delle condizioni che hanno tramandato le generazioni precedenti, bisogna calcolare i rapporti di forza, non lo puoi fare con i violini; ma se il rapporto di forza non lo calcoli correttamente, non sai quali condizioni tieni davanti, tu fai come Don Chisciotte.

Possiamo adesso cominciare a entrare nella conoscenza finalmente. Abbiamo fatto questa lunga introduzione di metodo perché questa cosa non è una cosa puramente teorica, ci deve guidare per potere agire nell'azione politica. Lo stesso libro di Marx, il Capitale, che di solito i professori considerano libro teorico, è un libro pratico. Volevo partire dal senso di tutto il ragionamento di Marx, perché infatti Marx ha scritto un'opera così teorica, dopo che gli operai erano scesi in piazza per ottenere la giornata lavorativa normale, sennò prima non lo scriveva. Engels si lamentava che il suo amicone non chiudeva le cose che scriveva se prima non osservava una crisi capitalistica. Vedete che c'è prima la pratica, e la teoria, se è una vera teoria, una vera scienza, nasce da questo! 

Adesso cominciamo a capire da dove viene questa società che ci ha estraniato dalle nostre stesse condizioni, cioè noi abbiamo creato queste condizioni e queste condizioni ci sfuggono di mano; sfuggono, però, di mano agli individui, non alla specie intera di cui noi siamo parte. Marx, che segue un grande scienziato naturalista, Darwin il teorico dell'evoluzione: la specie, ci spiega che nell'evoluzione della specie, gli individui e gli interessi della specie vanno in contrasto, ma arriva il momento in cui individui e specie non stanno più in contrasto, e noi dobbiamo creare queste condizioni.

Allora, da dove esce questa situazione, perché c'è questa separazione, la dobbiamo spiegare nelle sue cause, dobbiamo andare a comprendere le cause. E queste cause ce le ha spiegate benissimo Engels in un libro che i compagni qui conoscono benissimo, “L'origine della famiglia della proprietà privata e dello Stato”, perché qui ci ha spiegato tutta l'origine della cosa. E adesso stiamo cercando di capire da dove nasce questa società moderna in cui la ricchezza invece di promuovere l'uomo sembra una potenza che si rivolge contro l’uomo, che tu non sai con chi prendertela, e allora dobbiamo capire da dove viene, come mai si è formata.

Questo ce lo spiega molto bene Engels che nel libro “L'origine della famiglia della proprietà privata e dello Stato” studia la preistoria, cioè che cosa c'era prima della civiltà. Quindi dobbiamo andare alla preistoria. Allora nella preistoria gli uomini si rapportavano con la natura appropriandosi delle cose, gli uomini per procurarsi i mezzi di sussistenza si appropriano della natura e lo fanno socialmente; allora, il modo sociale di appropriarsi della natura era la proprietà comune, che si fondava su un certo tipo di rapporto familiare di parentela. Quest'epoca che è lunghissima, è durata 17.000 anni, si divide secondo come l'aveva divisa un antropologo, uno studioso, si chiamava Lewis Morgan,  che aveva scritto un libro “La società antica”, che Marx ed Engels avevano letto; Morgan aveva diviso questa società preistorica in tre fasi: una fase lo chiamava stadio selvaggio, una seconda stadio barbarico, anzi due fasi, perché poi la terza è stadio della civiltà. Nello stadio selvaggio la famiglia era consanguinea, cioè padre e figlia, madre e figlio; dopo fu superata questa unione consanguinea, poi fu superata anche l'unione consanguinea tra fratelli e sorelle, poi si arrivò al matrimonio tra cugini, cioè matrimonio di gruppo e poi si arrivò al matrimonio di coppia, che però non è ancora la nostra famiglia.

In questa fase, la forma di dominio era quello matriarcale: c'era la donna che dominava, ed era la donna che praticava la poliandria, e quindi prendeva e poteva anche “licenziare” i mariti, questo perché la base dell'economia era l’economia domestica, quindi la caccia, l'allevamento, erano attività che per varie ragioni storiche, naturali praticavano di più gli uomini, ma il dominio della “casa” era della donna, e pensate però che la “casa” non è il nostro appartamento, erano enormi strutture di centinaia di persone. Questa cosa è persistita presso certe tribù native dell'America fino all'ottocento che poi Morgan era andato a studiare.

Quindi, proprietà comune e dominio della donna, perché per una ragione economica importante, perché essendo una società poliandrica in cui la donna aveva in mano tutto il governo, e allora la madre è certa, il padre non può essere certo, allora l'eredità passava per questa linea matriarcale. Questo avviene durante tutte e due le fasi: sia la fase selvaggia, sia la fase barbarica che è la fase superiore. In questa società la proprietà era in comune. La base era la tribù, la tribù poi si divideva in tante gentes, chiamiamole delle sottotribù. Vi era l’incesto, che non era incesto, era perfettamente morale il matrimonio consanguineo tra padre e figlia, madre e figlio, fratello e sorella.

Che cosa succedeva però? Che nel frattempo i bisogni aumentavano, gli uomini, dedicandosi alla caccia e all'allevamento, accumulavano ricchezze, e allora gli uomini diventarono forti dal punto di vista dell’arricchimento - vedete che alla fine poi è sempre il problema della ricchezza -, e gli uomini posero il problema: perché nel matrimonio di gruppo era l'uomo che lasciava la tribù, la gens di appartenenza e andava nell’altra tribù; quindi a questo punto nacque un conflitto tra uomo e donna sull'eredità. E poiché gli uomini avevano accumulato molta ricchezza con la pastorizia e con l'allevamento, a questo punto necessariamente si andava a rompere l'economia domestica. Vedete come andiamo verso una dimensione più universale, e che però non avviene con una pacifica metamorfosi? Avviene con un urto in un primo momento tra uomo e donna, in cui ebbe la meglio l'uomo perché chiaramente la ricchezza era diventata maggiore e più universale, sia pure in questa forma negativa. Arriviamo così alla fine dell'epoca della barbarie, epoca che Engels definisce meravigliosa perché c'era una divisione del lavoro funzionale, cioè la donna governava la casa, le suppellettili, cioè tutte le proprietà, gli uomini facevano la caccia; cioè la divisione dei ruoli non era antitetica e quindi la comunità si mantenne; allora non era una disuguaglianza era solo una differenza, o, se vogliamo usare diseguaglianza in senso positivo, si trattava di diseguaglianza individuale, non aveva l'accezione negativa che ha presso di noi; e infatti Engels dice “il capitalismo questo ti fa”, cioè non riesce a dare invece “una vera femminilità all’uomo e una vera virilità alla donna”, cioè un individuo onnilaterale che unisca queste capacità nella loro differenza però unitaria, quindi la differenza di genere come tale non è un elemento negativo, è una risorsa o non lo è a seconda della forma sociale di produzione, questo è il nodo.

Allora, a questo punto però comincia la schiavitù che è una conseguenza della forma antagonistica che assume questo necessario passaggio di civiltà. Perché? Perché si erano accumulate delle forze produttive per cui il vecchio assetto sociale matriarcale non teneva più; questo non lo dobbiamo vedere moralmente, anche perché è un agire collettivo, non era colpa di uno o l'altro, del maschio cattivo o della donna cattiva o buona, è che le forze produttive erano arrivate al punto che il vecchio rapporto non teneva più. Ma poteva esserci una transizione pacifica? No, perché questi passaggi sono traumatici, pensatelo su millenni. A questo punto avendo gli uomini accumulato questa ricchezza con l'allevamento del bestiame e con la pastorizia, nasce la necessità di una divisione del lavoro, perché se tu tieni un gregge enorme non puoi governarlo tutto da te. La prima divisione del lavoro è quella tra uomo e donna nella riproduzione. Dice Engels, la prima differenza di classe è quella tra uomo e donna, cioè c'è questo primo momento, al tempo stesso all'interno della pastorizia cominciarono a sorgere padroni e schiavi, cioè garzoni che badavano agli armenti e il padrone che doveva controllare, cioè il padrone nasce per l'esigenza di controllo, poi di coordinamento. Ora questa esigenza c'è in tutte le forme sociali evolute, ma il problema è che in una situazione antagonistica com'era questa, allora il comando diventa dispotico, diventa violento invece di essere semplicemente comando per una necessità tecnica. Una cosa è dividersi il lavoro: tu pulisci, tu fai un'altra cosa, e io coordino, altro è quello di andare a controllare che tu fatichi 12 ore al giorno perché devi fare profitti! Anche là si comanda ma vedete che c'è una differenza nel comando. Un direttore d'orchestra è desiderio del musicante che ci sia, non è un despota anzi; oppure in una scuola un allievo vuole un maestro che lo diriga, sennò che ci sta a fare. 

Allora, a questo punto la nuova divisione del lavoro rispetto alla vecchia matriarcale diventa antagonistica, questo perché mentre il dominio matriarcale in realtà era un dominio in un certo senso armonico rispetto alla società, questo diventa antagonistico. Però, questa forma antagonistica creò una maggiore universalizzazione dei rapporti.

Voi vi ricordate la fondazione di Roma, il racconto Romolo e Remo, questi due fratelli mitologici, Engels lo racconta: Romolo che cosa fa? Mette una cinta di mura intorno, anzi segna il limite intorno alla città che conserva ancora la struttura antica, proprio la struttura preistorica; Remo, che è il fratello, ma che rappresenta la plebe, cioè tutti gli immigrati, salta il fosso e Romolo lo uccide. Vedete come il problema dell'immigrazione lo trovate all'inizio proprio di questo passaggio…

Allora qui cominciano a nascere i rapporti di classe: uomo e donna fanno due classi. La moglie è la prima schiava, vive benissimo negli agi ma è la prima schiava. Per esempio non so se ricordate l’Odissea, il poema di Omero, c'è questa scena finale, dove Penelope viene zittita dal figlio, da Telemaco, Penelope ha paura e si mette in mezzo, ma quello la caccia via, la zittisce. Quindi, la donna è comunque la prima schiava che dirige gli altri schiavi, a questo punto nasce questa prima divisione del lavoro.

Che cosa comporta questa divisione del lavoro? Attenzione, perché ora entriamo proprio nel vivo, abbiamo proprio il passaggio alla questione della merce e del denaro. Comporta a catena, essendo cresciuti i bisogni, la divisione tra padrone e schiavo, uomo e donna, ma la donna è poi la prima schiava, è quella che poi sovrintende agli schiavi. Dopodiché in uno stadio più evoluto della barbarie – qua barbarie non è un'accezione negativa, perché i greci chiamavano barbari tutti gli stranieri, anzi era una società meravigliosa dice Engels - la seconda grande divisione del lavoro comincia quando per coltivare campi bisognava fabbricare degli strumenti, perché non potevi farti tu stesso la zappa… Gli strumenti si perfezionano e nasce l'artigianato e quindi si divide agricoltura e artigianato. E questa è la seconda grande divisione del lavoro. 

A questo punto, attenzione questo è il punto centrale ed io ho scelto questo modo di esporre perché è più semplice comprendere poi la merce, il denaro,  e poi anche a me piace più vederlo storicamente, perché nel Capitale proprio l'ordine logico e quello storico, vanno perfetti insieme.

Allora a questo punto però è chiaro che se l'agricoltore, se l'artigiano produce gli strumenti per coltivare la terra, l'agricoltore gli deve dare che cosa? Gli alimenti o il legno per potere costruire gli strumenti. Cioè insieme a questa divisione del lavoro comincia lo scambio, perché? Perché io per cavoli miei preparo le zappe, tu per cavoli tuoi fai la pastorizia o fai l'agricoltura, poi tu mi dai i prodotti alimentari e il materiale degli strumenti, io ti do lo strumento. Quindi insieme con la divisione del lavoro nasce lo scambio, e insieme con lo scambio nasce una produzione dove io non produco per me stesso come avveniva nell'economia domestica, nella casa dominata dalla donna che governava tutto, cioè si produceva direttamente nella casa, un po’ come le case dei vecchi contadini, cioè si produceva per se stessi; invece adesso si produce per altri, si produce per scambiare.

A questo punto sorgono due tipi di differenze: la differenza tra i due grandi rami della produzione, agricoltura e artigianato, e siccome questi due rami sono diventati enormi, molto grandi, all'interno di questi nasce la divisione tra padroni e schiavi, la famiglia diventa famiglia monogamica, dove, mentre nella società matriarcale la donna è libera di rompere il matrimonio e di licenziare l'uomo, adesso invece la donna sotto pena di morte non può rompere il matrimonio, solo il marito può ripudiare. Questa società schiavistica è durata tre millenni.

Quindi, accanto a questa linea della schiavitù che coinvolge il passaggio dal matriarcato alla famiglia monogamica, all'interno di questa si è sviluppata anche, anzi come causa di questo, si è sviluppata la divisione del lavoro tra agricoltori e artigianato, e di qui nasce il commercio, e nasce il denaro. 

Non si produce più per se stessi, ma si produce per lo scambio, per altri, e quindi con questo nasce la merce, cioè il prodotto diventa merce, quindi vedete che i prodotti non nascono, non vengono al mondo con scritto in fronte “merce”; nella società matriarcale a proprietà comune, i prodotti c'erano ma non erano merci, cioè stavano come proprietà comune e se io mi impadronisco di un prodotto la questione si risolveva direttamente. 

Qui nasce il diritto, il diritto non è eterno, nasce in questo momento e nasce uno Stato, perché sono nate le classi e le classi sono nate perché è nata la divisione del lavoro, e la divisione del lavoro perché c'è lo scambio; e così è nata la forma di merce.

A questo punto la merce comincia a pigliare un carattere doppio, da un lato è un oggetto che serve per l'uso, per esempio “chi si è pigliato il pettine”? “l’ho preso io perché mi serve … ”; nel momento in cui invece io il pettine lo devo produrre per darlo al compagno che ha bisogno di pettinare le pecore, poniamo, allora a questo punto bisogna che il compagno mi dia poi i mezzi che mi servono per mantenermi, come il materiale per potere produrre il pettine; vedete allora che il famoso pettine assume un altro carattere dettato dalla forma sociale, non dalla sua natura, cioè non per pettinarsi ma per essere scambiato e deve avere un certo valore.

Quindi questo pettine diventa “cornuto”, Perché? Perché da un lato serve per pettinarsi, ma io devo scambiare pettine contro panino, contro il legno per fare il pettine…, quindi il pettine deve avere un un'altra proprietà che bisogna scrivergli in fronte, la proprietà di poter essere scambiato: io do il pettine, lui mi da in cambio la roba che a me serve, cioè io mi faccio mezzo del suo bisogno per soddisfare un bisogno mio, lui si fa mezzo del mio per soddisfare il suo. Vedete che è intervenuta la signora “proprietà privata” e allora il pettine viene a essere “cornuto”, cioè diventa merce.

Quindi le cose non nascono al mondo come merci, diventano merci per essere scambiate, perché se io invece mi coltivo il basilico a casa non lo compro dal fruttivendolo, il basilico non è merce.

Il pettine ha in doppio carattere: valore d'uso, che significa (gli economisti politici lo definiscono così): “dicesi valore d'uso qualsiasi cosa è utile, necessaria o gradevole alla vita”.Il valore d'uso non è solo un oggetto materiale, anche il cinema, anche un panorama è valore d'uso, nel senso che una cosa è gradevole, necessaria o gradevole alla vita, se io mi metto a fare una cosa che non è né utile, né necessaria, né gradevole alla vita è assolutamente inutile. Il valore d’uso è qualcosa che “si estingue nel consumo”.  Se la principessa Taitu dice mi sono pettinata, adesso basta voglio un altro pettine, e lo getta, si è estinto nel consumo, non nel senso che il pettine si è logorato, no, si estingue nel godimento, significa che ha soddisfatto il soggetto che lo usa. Dice Marx: “valore d’uso è sempre e solo valore d'uso per l'uomo”, l'animale non conosce valore d'uso.

Il valore di scambio invece fa si’ che l'oggetto diventa merce, cioè non è stato prodotto per me, ma per altri, ed è prodotto per lo scambio, perché il valore d'uso di cui io ho bisogno è un altro, non è quello, a me non serve quello, a me serve quell'altro, e allora io che faccio? Scambio quel prodotto con un altro.

Marx dice: la merce è la cellula della società borghese, se tu conosci la cellula poi capisci tutto quanto l’organismo; questo è il metodo, il metodo evolutivo, cioè proprio il metodo del biologo, io vi sto dicendo la cellula, vi sto facendo vedere come nasce la cellula che poi si evolve nell'organismo.

Ma questo punto sorge un problema: se io me ne esco con un pettine e vado dal compagno e dico io ti do un pettine, senti tu mi dai in cambio quella bella macchina nuova che tieni? Il compagno chiaramente che cosa fa? Non la dà perché la macchina ha più valore. Adesso dobbiamo vedere questo secondo valore.

La macchina ha più valore del pettine, ma è proprio questo il gioco della merce, abbiamo anticipato quelli che sono i caratteri del lavoro umano, e nella merce questo succede. Allora a questo punto dobbiamo andare a vedere. Dice Marx: “l'apparenza viene presa per realtà e la realtà come apparenza”, il soggetto per predicato e il predicato per soggetto, è proprio questo giochetto che avviene nella forma di merce, e tu hai fatto lo stesso movimento, dice Marx, che avviene nella religione, quelli che sono prodotti dal cervello umano diventano cose a se stanti. 

La macchina ha più valore, perché? Noi dobbiamo trovare un criterio per scoprire questo. Per esempio se io dico al compagno “io ti do un pettine tu mi dai un bicchiere” probabilmente lo scambio si fa perché hanno lo stesso valore 

Allora definiamo che cos'è il valore di scambio: “il valore di scambio è la relazione, il rapporto quantitativo in cui valori d’uso differenti si scambiano con altri valori d'uso”, quindi valori d'uso differenti si scambiano con valori d'uso non dello stesso tipo, si scambiano in modo che lo scambio ci sia, quindi il valore di scambio e la relazione quantitativa in cui valori d’uso di un tipo si scambiano con valori d’uso di un altro tipo; perché se dovessimo scambiare pettine e pettine, ma dello stesso tipo (non il pettine d'oro col pettine di plastica), allora non ci sarebbe lo scambio, quindi è necessario che ci siano valori d'uso di tipo differenti che si debbano scambiare, e bisogna stabilire una relazione quantitativa, non qualitativa, è chiaro? Quindi: dicesi valore di scambio la relazione quantitativa con cui valori d’uso con valori d’uso diversi. 

Per determinare il quanto dobbiamo scegliere un campione, un'unità di misura con cui confrontarli tutti e due, cioè abbiamo bisogno di trovare un criterio che sia comune a tutti e due, questo è il punto, perché sennò non c'è lo scambio, queste due cose malgrado che siano così differenti devono tenere una cosa comune, questa cosa comune, dice Marx è come la signora Quickly (chi è l’ostessa Quickly… è in una tragedia di Shakespeare, di questo grande commediografo moderno, si chiama Enrico IV e vi si racconta di questo re d'Inghilterra, che ha un figlio dissoluto che doveva essere l'erede e andava per osterie, insieme a Falstaff, il suo amicone, e facevano gozzoviglie e c’era l’ostessa Quickly che sapeva farsi i conti e c'è questo dialogo tra l’ostessa e Falstaff che le dice: lei e non è né carne né pesce, a volerla conoscere è come una lontra… non si sa dove prenderla… e lei facendo una battuta a doppio senso, dice no, voi sapete bene dove prendermi… e Marx, che ha pure lui una vena comica, dice “il valore di scambio non si sa dove prenderlo… “). Ecco, il valore di scambio non si sa dove prenderlo, perché? Perché dobbiamo trovare questa sostanza comune al pettine e alla macchina. E qual è questa sostanza comune? Non si sa dove prenderla, a differenza dell’ostessa Quickly; e allora la prossima volta dobbiamo vedere come “prendere l’ostessa Quickly”, che cosa trovare di comune perché lo scambio possa avvenire, e perché possiamo fare quel bel capitombolo che ha detto la compagna, vale molto, vale poco. In realtà non è la macchina che vale, ma tutto si è capitombolato, e i rapporti sociali tra uomini diventano rapporti sociali tra cose. 

Per riepilogare, quindi, valore di scambio: rapporto quantitativo in cui valori di un tipo si cambiano con valori d’uso di un altro tipo … e come facciamo a determinare questo quanto? Abbiamo bisogno di trovare un criterio comune a tutti e due, cioè dobbiamo trovare quella che Marx chiama la sostanza del valore, la sostanza comune per poi poter trovare la misura del valore, perché per trovare la misura devi trovare una cosa comune questa cosa comune dobbiamo andarla a trovare, perché non si può scavare nel pettine, scavare nel bicchiere, non la trovi a occhio nudo…

 

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