L’USB
annuncia in pompa magna nel suo sito e con un volantinaggio alla
fabbrica la sua nascita all’Ilva di Taranto.
Che
ci sia necessità del sindacato alternativo ai confederali all’Ilva
è noto a tutti, ma che questo debba essere un sindacato di classe in
grado di essere realmente uno strumento di lotta ai padroni, è meno
chiaro.
Il
sindacato di classe all’Ilva si chiama Slai cobas, questo è ben
noto a padron Riva e al sindacalismo confederale che fanno una guerra
spietata all’ingresso dello Slai cobas in fabbrica: non
riconoscimento delle deleghe e di ogni diritto sindacale, campagne
quotidiane di persecuzione di lavoratori che ad esso aderiscono,
denunce sistematiche da parte dei dirigenti sindacali corrotti, quali
Palombella, Fiusco, ecc., per “diffamazione”, fino al processo
per “Riva assassino!” intentato da padron Riva in persona.
L’obiettivo
di tutti è impedire al presenza dello Slai cobas. Ai padroni, al
sindacalismo confederale tutti vanno bene tranne lo Slai cobas.
All’Ilva
la corruzione del sindacato confederale e la disgregazione della Fiom
sedimentano una serie di ‘sindacalisti’ che di volta in volta
entrano in contrasto con le segreterie e che con stile personalista
si ritengono depositari di pacchetti di tessere da portare al miglior
offerente.
Un
esempio, purtroppo, di questo è Francesco Rizzo, recentemente
approdato all’USB in questi giorni – per quanto tempo non
sappiamo,vista la rapidità con cui Rizzo cambia casacca
recentemente.
E’
vero che Rizzo è stata un’avanguardia effettiva della Fiom e
insieme all’altro operaio, delegato Battista, ha subito un
tentativo di licenziamento punitivo per la sua attività per la
sicurezza in fabbrica da parte dell’Ilva, licenziamento rientrato
con la lotta dei lavoratori, della Fiom e anche con i buoni uffici di
Vendola presso Riva.
Ma
dopo questa vicenda, la Fiom, diretta da Fiusco, cerca di risolvere
il problema a Riva; da un lato Battista viene trasferito a far la
guardia alle barche e quindi mobbizzato, dall’altro Rizzo viene
promosso come ‘distaccato’ al sindacato, cosa che fa per anni.
In
questo periodo Rizzo continua blandamente il suo impegno sulla
sicurezza e contrasta attivamente il tentativo di organizzazione dei
cobas e dei comitati di lavoratori.
Quando
il distacco viene in seguito revocato dalla Fiom, Rizzo ridiventa
attivo dissidente nella Fiom e ne scopre improvvisamente tutti gli
“altarini”, ma questo lo fa con uno stile che non punta ad
organizzare i lavoratori alla base e farli protagonisti, ma con il
loro uso come ‘pacchetto di tessere’.
Lo
Slai cobas in tutta questa vicenda è l’unica forza che denuncia
coerentemente la repressione di padron Riva e l’azione del
segretario della Fiom Fiusco per l’emarginazione dei due delegati.
Tanto è vero che il segretario Fiusco querela non Rizzo e Battista
ma lo Slai cobas, querela poi rientrata. Più recentemente, nel 2011,
nello scoppio della contraddizione tra operai e sindacati confederali
sull’accordo truffa sul cambio tuta, oltre 800 operai sostengono lo
Slai cobas in questa battaglia, diversi si iscrivono ad esso e una
parte sostiene il ricorso legale contro l’accordo.
In
questa fase Rizzo si fa sostenitore dell’azione dello Slai cobas
dicendo di stare preparando il passaggio – il solito pacchetto di
tessere – allo Slai cobas, che però chiarisce e agli altri operai
che rifiuta la logica dei ‘pacchetti di tessere’ perché
sostenitore del sindacato aut organizzato di classe e di massa in cui
gli operai sono protagonisti e non semplici iscritti o seguaci di
questo o quel personaggio in fabbrica.
Quando
sembra che Rizzo debba concretamente dare un apporto
all’organizzazione dello Slai cobas in Ilva, Rizzo si tira
improvvisamente indietro, dice che ha famiglia, dice che teme che con
l’espulsione dalla Fiom (che non era avvenuta) perderebbe la
copertura sindacale e potrebbe essere licenziato; e, quindi, decide,
per avere questa copertura sindacale, di passare alla Fim-Cisl,
sindacato nettamente schierato come servo di padron Riva in fabbrica.
Anzi Rizzo fa di più, pilota l’adesione del famoso “pacchetto di
tessere”, e permette che la Fim-Cisl nazionale - come adesso fa
l’USB – si vanti di questo passaggio come attacco e disgregazione
della Fiom. Bentivogli emette comunicati stampa, fa conferenze stampa
su questo. Rizzo si presta all’oscena campagna di Bentivogli dando
un solido manforte politico con dichiarazioni in cui dice che la Fiom
è un “sindacato comunista”, “in mano a Rifondazione
comunista”, che “usa metodi stalinisti” e che “finalmente
nella Fim ha trovato la vera democrazia” (!?).
Lo
Slai cobas denuncia subito anche alla fabbrica a livello di massa
questo trasformismo e opportunismo che azzera gli aspetti positivi
della battaglia che Rizzo aveva fatto nel passato, disorienta e
indebolisce i lavoratori che guardavano a lui.
Quindi
Rizzo, ora, non viene dalla Fiom – come dice il comunicato dell’USB
– ma viene dalla Cisl. In occasione dell’ultima esplosione della
vicenda Ilva e in particolare della contestazione dei sindacati
confederali del 2 agosto fatta dal Comitato liberi e pensanti,
capeggiato da altri due quadri ex Fiom come Battista e Ranieri, Rizzo
viene visto in mezzo a quelli dell’Apecar, per cui la Fim Cisl,
timorosa di quello che sta succedendo, sospende Rizzo dalla Fim.
E’
in questo contesto che abbiamo l’ultimo ‘salto della quaglia’
di Rizzo, quello propagandato e strombazzato dalla USB.
Lo
Slai cobas si augura sempre che la gente all’Ilva cambi e si decida
ad intraprendere una battaglia di classe, ma è bene sapere chiaro
con chi si ha a che fare e non, per propaganda di organizzazione,
“vendere lucciole per lanterne”. E’ un metodo che all’Ilva di
Taranto non è neanche nuovo, lo usano i sindacati autonomi,
impegnati in pratiche da patronato, lo usa da anni la CUB che
dichiara di avere centinaia e centinaia di iscritti all’Ilva che
nessuno ha mai conosciuto. L’USB è l’ultima arrivata a questo
teatrino dei pupi.
L’USB
ha lo stile del sindacato parassita in fabbrica. Quando c’è una
lotta approfitta delle difficoltà che gli operai hanno nella
costruzione del sindacato di classe, recupera qualche rottame e lo
vende per presenza in fabbrica.
Questo
è uno dei problemi che ha il sindacalismo di base e di classe nelle
fabbriche, non solo a Taranto ma a livello nazionale, in cui l’USB
non è la soluzione ma è parte del problema.
18.9.12
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