IL NO
ALLA CHIUSURA DELL’ILVA DEGLI OPERAI E IL RICATTO PRODUTTIVO DI FERRANTE SONO DUE
COSE OPPOSTE, PER INTERESSI OPPOSTI.
Ferrante
pone la continuità della produzione come condizione assolutamente
necessaria e indispensabile per mettere altri soldi per la messa a
norma dell’area a caldo. Il discorso che sorregge questo è
spudoratamente padronale, i capitalisti, in questo caso padron Riva,
non si preoccupano di nascondere i loro reali intenti.
Dice
Ferrante: l'azienda deve fare profitti, altri profitti, se volete che
metto soldi in più; quindi, o voi me li lasciate fare mantenendo
sostanzialmente la stessa produzione o niente soldi.
Che
questa sia la maledetta logica padronale, è purtroppo scontato fino
a che il sistema capitalista, in cui la produzione è sociale e gli
utili frutto del lavoro degli operai sono invece privati, non viene
rovesciato; ma essa, sostenuta a spada tratta dai dirigenti, capi,
tecnici dell'Ilva, non può essere assunta come legittima
giustificazione anche da settori di lavoratori.
La
realtà è che questa politica se è “logica” per i padroni, è
una mazzata sui piedi per gli operai.
Primo,
perché è dai miliardi di profitti fatti in tutti questi anni che
Riva deve prendere i soldi per la messa a norma. Per dirla banale: a
vecchia omessa messa a norma, a vecchi interventi da fare e non
fatti, a palese violazioni in tutti questi anni di norme sulla
sicurezza e l’ambiente, deve corrispondere l’impiego di “vecchi”
utili, di profitti già fatti, grazie allo sfruttamento operaio e
anche, in misura rilevante, grazie ai tagli ai costi sulla sicurezza,
e quindi ai miliardi risparmiati.
Non
stiamo di fronte a un padroncino di un’officina che per tirare
avanti e fare degli investimenti deve prima incassare, ma ad un
padrone che anche nel periodo di crisi, dal 2008 ad oggi, ha
continuato a fare profitti, ad allargare le sue attività a livello
mondiale, a spingere al massimo la produzione (tenuta solo per brevi
periodi ferma, ma unicamente perché Riva non voleva abbassare i i
prezzi del suo acciaio sul mercato).
Secondo,
accettare questa politica padronale, vuol dire stare sempre sotto
ricatto, senza alcuna certezza di interventi e tempi di bonifica;
ogni problema di mercato, ogni momentanea riduzione dei profitti,
potrà essere usata da Riva per procrastinare i lavori per la messa a
norma o attuare solo interventi tampone. D'altra parte l'uscita dei
giorni scorsi di Ferrante su nuove perizie “scientifiche”
(celermente commissionate dall'Ilva) che dimostrerebbero che a
Taranto non ci sarebbe nessuna “emergenza ambientale” - e quindi,
nessuna urgenza degli interventi prescritti dal gp - è un ulteriore
esempio che Riva cercherà ogni cosa per non uscire i soldi che
servono.
Terzo,
Riva è già condannato per le malattie, le morti che ha provocato,
dal '95 ad oggi. Ferrante con le sue dichiarazioni, questo, piccolo
particolare, lo nasconde, come nasconde che vi è un'inchiesta
parallela sulla corruzione che ha accompagnato l'attività di
inquinamento dell'Ilva. Chi ha già violato, chi ha fatto azioni
criminose, e ne ha goduto in termini anche economici in questi anni,
deve pagare!.
E’
come se ad un ladro che deve restituire ciò che ha rubato, gli si
consenta di continuare a rubare per fare i soldi necessari alla
restituzione del malloppo.
Terzo,
dire che l’azienda deve produrre per fare i soldi da investire
nella massa a norma, è di fatto dichiarare da parte di padron Riva
per i prossimi anni un supersfruttamento degli operai; perché è
come dire che gli operai dovranno lavorare al doppio, per consentire
all’Ilva di mantenere i sui mercati ma anche di fare più utili per
impegnarne una parte per la salute e l’ambiente.
E
tutti sappiamo che più sfruttamento, soprattutto e comunque in una
fabbrica siderurgica, significa più rischio per la sicurezza degli
operai, più lavoro, più rischio per la salute.
Quando
gli operai, e noi con loro, dicono che l’Ilva non deve chiudere,
che gli impianti dell’area a caldo non si devono fermare tutti
insieme perché significherebbe lo stesso bloccare tutto il ciclo
produttivo, ma occorrono piani concreti e tempi certi, è per
tutt’altra ragione!
E’
per la difesa di tutti i posti di lavoro e del salario, per impedire
che l’Ilva diventi una mega Bagnoli, senza riconversione
lavorativa, senza risanamento dell’ambiente, e ora in mano alla
speculazione privata e della criminalità; per dire NO alla
cancellazione di una classe operaia di ben 15mila lavoratori, unica
forza che può imporre con la lotta una reale messa a norma
dell’Ilva.
Sono
gli operai dell’Ilva che negli anni passati hanno lottato, quasi
sempre da soli, per la difesa della salute, della sicurezza,
dell’ambiente, che oggi sono la “garanzia” per gli abitanti di
Taranto.
E’
uno scontro di classe quello che sta e starà sempre di più
all’Ilva: gli operai vogliono continuare a lavorare per unire
lavoro e salute; padron Riva vuole continuare a produrre per fare
profitti sfruttando e ricattando gli operai e subordinando gli
interventi sulla messa a norma all’accettazione di tutto questo.
Una
linea sindacale di classe deve rovesciare questa logica e questi
piani, imponendo l’avvio effettivo della messa a norma con i soldi
necessari subito, lottando contro Riva e il governo, contro fim, uilm
che hanno difeso prima e continuano a farlo ora la politica
aziendale, contro la Fiom, il cui segretario, Landini, ieri nel
convegno nazionale della siderurgia tenutosi a Taranto, mentre gli
operai facevano i blocchi, invece di dire che Riva deve mettere molti
più soldi subito, ha proposto “un prestito pubblico all'Ilva”...
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