sabato 29 settembre 2012

NO AL RICATTO DI FERRANTE

IL NO ALLA CHIUSURA DELL’ILVA DEGLI OPERAI E IL RICATTO PRODUTTIVO DI FERRANTE SONO DUE COSE OPPOSTE, PER INTERESSI OPPOSTI.

Ferrante pone la continuità della produzione come condizione assolutamente necessaria e indispensabile per mettere altri soldi per la messa a norma dell’area a caldo. Il discorso che sorregge questo è spudoratamente padronale, i capitalisti, in questo caso padron Riva, non si preoccupano di nascondere i loro reali intenti.
Dice Ferrante: l'azienda deve fare profitti, altri profitti, se volete che metto soldi in più; quindi, o voi me li lasciate fare mantenendo sostanzialmente la stessa produzione o niente soldi.
Che questa sia la maledetta logica padronale, è purtroppo scontato fino a che il sistema capitalista, in cui la produzione è sociale e gli utili frutto del lavoro degli operai sono invece privati, non viene rovesciato; ma essa, sostenuta a spada tratta dai dirigenti, capi, tecnici dell'Ilva, non può essere assunta come legittima giustificazione anche da settori di lavoratori.

La realtà è che questa politica se è “logica” per i padroni, è una mazzata sui piedi per gli operai.
Primo, perché è dai miliardi di profitti fatti in tutti questi anni che Riva deve prendere i soldi per la messa a norma. Per dirla banale: a vecchia omessa messa a norma, a vecchi interventi da fare e non fatti, a palese violazioni in tutti questi anni di norme sulla sicurezza e l’ambiente, deve corrispondere l’impiego di “vecchi” utili, di profitti già fatti, grazie allo sfruttamento operaio e anche, in misura rilevante, grazie ai tagli ai costi sulla sicurezza, e quindi ai miliardi risparmiati.
Non stiamo di fronte a un padroncino di un’officina che per tirare avanti e fare degli investimenti deve prima incassare, ma ad un padrone che anche nel periodo di crisi, dal 2008 ad oggi, ha continuato a fare profitti, ad allargare le sue attività a livello mondiale, a spingere al massimo la produzione (tenuta solo per brevi periodi ferma, ma unicamente perché Riva non voleva abbassare i i prezzi del suo acciaio sul mercato).
Secondo, accettare questa politica padronale, vuol dire stare sempre sotto ricatto, senza alcuna certezza di interventi e tempi di bonifica; ogni problema di mercato, ogni momentanea riduzione dei profitti, potrà essere usata da Riva per procrastinare i lavori per la messa a norma o attuare solo interventi tampone. D'altra parte l'uscita dei giorni scorsi di Ferrante su nuove perizie “scientifiche” (celermente commissionate dall'Ilva) che dimostrerebbero che a Taranto non ci sarebbe nessuna “emergenza ambientale” - e quindi, nessuna urgenza degli interventi prescritti dal gp - è un ulteriore esempio che Riva cercherà ogni cosa per non uscire i soldi che servono.
Terzo, Riva è già condannato per le malattie, le morti che ha provocato, dal '95 ad oggi. Ferrante con le sue dichiarazioni, questo, piccolo particolare, lo nasconde, come nasconde che vi è un'inchiesta parallela sulla corruzione che ha accompagnato l'attività di inquinamento dell'Ilva. Chi ha già violato, chi ha fatto azioni criminose, e ne ha goduto in termini anche economici in questi anni, deve pagare!.
E’ come se ad un ladro che deve restituire ciò che ha rubato, gli si consenta di continuare a rubare per fare i soldi necessari alla restituzione del malloppo.
Terzo, dire che l’azienda deve produrre per fare i soldi da investire nella massa a norma, è di fatto dichiarare da parte di padron Riva per i prossimi anni un supersfruttamento degli operai; perché è come dire che gli operai dovranno lavorare al doppio, per consentire all’Ilva di mantenere i sui mercati ma anche di fare più utili per impegnarne una parte per la salute e l’ambiente.
E tutti sappiamo che più sfruttamento, soprattutto e comunque in una fabbrica siderurgica, significa più rischio per la sicurezza degli operai, più lavoro, più rischio per la salute.

Quando gli operai, e noi con loro, dicono che l’Ilva non deve chiudere, che gli impianti dell’area a caldo non si devono fermare tutti insieme perché significherebbe lo stesso bloccare tutto il ciclo produttivo, ma occorrono piani concreti e tempi certi, è per tutt’altra ragione!
E’ per la difesa di tutti i posti di lavoro e del salario, per impedire che l’Ilva diventi una mega Bagnoli, senza riconversione lavorativa, senza risanamento dell’ambiente, e ora in mano alla speculazione privata e della criminalità; per dire NO alla cancellazione di una classe operaia di ben 15mila lavoratori, unica forza che può imporre con la lotta una reale messa a norma dell’Ilva.
Sono gli operai dell’Ilva che negli anni passati hanno lottato, quasi sempre da soli, per la difesa della salute, della sicurezza, dell’ambiente, che oggi sono la “garanzia” per gli abitanti di Taranto.

E’ uno scontro di classe quello che sta e starà sempre di più all’Ilva: gli operai vogliono continuare a lavorare per unire lavoro e salute; padron Riva vuole continuare a produrre per fare profitti sfruttando e ricattando gli operai e subordinando gli interventi sulla messa a norma all’accettazione di tutto questo.
Una linea sindacale di classe deve rovesciare questa logica e questi piani, imponendo l’avvio effettivo della messa a norma con i soldi necessari subito, lottando contro Riva e il governo, contro fim, uilm che hanno difeso prima e continuano a farlo ora la politica aziendale, contro la Fiom, il cui segretario, Landini, ieri nel convegno nazionale della siderurgia tenutosi a Taranto, mentre gli operai facevano i blocchi, invece di dire che Riva deve mettere molti più soldi subito, ha proposto “un prestito pubblico all'Ilva”...

Nessun commento:

Posta un commento