Pubblichiamo la seconda parte dello tratto dal libro di Maria Antonietta Macciocchi: "DALLA CINA dopo la rivoluzione culturale", che negli anni della Rivoluzione culturale proletaria in Cina fece un lungo viaggio, visitando le fabbriche cinesi e parlando con gli operai.
Gli operai in Cina durante la Rivoluzione culturale proletaria per affermare la parola d'ordine "La classe operaia deve dirigere tutto", dovettero fare una dura lotta contro i vecchi sfruttatori e la nuova borghesia rossa; per questo dovettero impugnare la teoria rivoluzionaria, dando anche in questo campo che fino ad allora si credeva monopolio degli intellettuali l'assalto al cielo.
Ma la filosofia degli operai non resta nel cielo delle idee ma si trasforma in forza pratica.
Anche oggi gli operai avanzati, senza teoria rivoluzionaria, sono disarmati di fronte alla borghesia, ai suoi intellettuali. Per questo, perchè gli operai abbiano autonomia di pensiero, di valutazione, di decisione, di lotta, devono far propria la teoria del proletariato.
(Questo è lo scopo della Formazione Operaia)
Verso le ciminiere di Tientsin
La fabbrica di orologi che visitiamo ha piú di mille operai e impiegati, divisi in otto reparti, di cui due sono reparti di riparazione delle macchine utensili, e sei fabbricano gli orologi. Cominciamo dalla visita ai reparti, dove le ragazze del montaggio orologi ci mostrano una macchina fabbricata dagli operai, dopo che il culto della tecnica straniera è stato eliminato. Comunque quasi tutte le attrezzature e le macchine utensili della fabbrica sono ancora straniere. Ma gli operai vi hanno apportato ben piú di novanta innovazioni, cosí da aumentarne il rendimento.
un piccolo treppiedi, giusto davanti alla sua lente d'in-
Il responsabile del Comitato rivoluzionario ci spiega la breve ma intensa vita della fabbrica, che si chiamava nel 1958 “1° maggio"... “proprio mentre la nostra fabbrica si sviluppava, il Kruscev cinese, Liu Shao-chi, fece arrivare gli specialisti sovietici. In un primo tempo ne eravamo contenti, ma poi questi dissero che tutto era da rifare, e che bisognava acquistare le attrezzature Kirov, vale a dire le loro, per fabbricare buoni orologi. Ma gli orologi che facemmo con le macchine Kirov erano grossi come palloni. La qualità era cosí inferiore che la gente diceva: 'Sei cattivo come un orologio 1º maggio'. Oppure li chiamavano 'orologi applauso': si battevano le mani, e quelli non funzionavano piú. Le lettere di protesta fioccavano. Noi possedevamo una macchina, continua il responsabile del Comitato rivoluzionario, ma i tecnici ci dissero che occorreva averne una con una ruota di legno speciale per fabbricare i bilancieri. Ma questo legno, dopo molte ricerche, scoprimmo che esisteva solo nel Sinkiang, una piccola pianta, con poche foglie. O dovevamo aspettare cento anni perché gli alberi crescessero oppure, come dicevano gli specialisti russi, potevamo importare questo legno dall'URSS.
Liu Shao-chi accettava le proposte dell'URSS come ordini dell'imperatore, e chi vi si opponeva era criticato nell'assemblea degli operai, e talora punito.
Abbiamo fatto grandi sforzi. Eliminato il sistema Kirov, e con esso il culto verso le macchine straniere, abbiamo riorganizzato daccapo il lavoro, secondo le nostre esigenze. Tecnici qualificati e operai hanno lavorato a fianco a fianco per rivoluzionarizzare i progetti. E cosí abbiamo prodotto l'orologio 'Vento dell'est', con una carica di 48 ore, mentre prima essa era di 30, e sottile come una sfoglia, rispetto all'orologio '1° maggio'. Ma l'importante è che abbiamo progettato noi stessi gli orologi. E che si sono cominciate a rinnovare le macchine, oltre che ad inventarle.
“Che facevate prima di essere responsabile del Comitato rivoluzionario? chiedo al giovane di trent'anni, che riveste le funzioni di direttore, e che fino ad ora ci ha parlato. “Stavo, risponde con timidezza, “nell'ufficio del direttore...". Gli altri ridacchiano attorno a lui, e si capisce che forse aveva funzioni molto modeste, un passacarte insomma. "E il direttore dov'è?"
"E' qui; è entrato ora nella triplice unione dopo la critica. È diventato un quadro rivoluzionario, e i quadri rivoluzionari hanno grande esperienza nella gestione della fabbrica, noi dobbiamo contare su di loro. Abbiamo adesso un buon rapporto fra tecnici e operai, non c'è piú una rigida spartizione tra di noi, anche se nella fabbrica vi sono divisioni di compiti. L'atmosfera è di franca cooperazione.
Esiste, anche tra gli operai, un diverso livello politico e tecnico, ma le loro relazioni sono quelle tra
compagni. L'importante è come si lega con la massa operaia e come se ne potenziano le energie, per quel che riguarda i quadri dirigenti.
La filosofia tiene cattedra in fabbrica
“La filosofia marxista reputa che l'essenziale non è di comprendere le leggi del mondo oggettivo per poterlo spiegare, ma di utilizzare la conoscenza di queste leggi per trasformare attivamente il mondo. Dal punto di vista marxista la teoria è importante e la sua importanza si esprime pienamente nella
definizione di Lenin: Senza teoria rivoluzionaria non c'è movimento rivoluzionario...
Ma il ruolo attivo della conoscenza non si esprime solo nel salto attivo dalla conoscenza sensibile alla conoscenza razionale, ma deve esprimersi, il che è piú importante, nel salto dalla conoscenza razionale alla pratica rivoluzionaria” - MAO TSE-TUNG, Della pratica, p. 16.
Il lanificio n. 2 di Tientsin, duemila operai, famoso per le stoffe e per lo studio della filosofia in fabbrica.
Entrando nella fabbrica avevo in mente come Lenin in Marxismo e empiriocriticismo, si riferisca a Dietzegen, il proletario tedesco di cui Marx e Engels hanno detto che "da solo," come militante proletario, aveva scoperto per conto suo il "materialismo dialettico". Agli occhi di Dietzegen i professori di filosofia non sono che valletti diplomati, i cui discorsi sui beni ideali abbrutiscono il popolo con un idealismo pieno di affettazione. E allo stesso modo che il diavolo è il contrario del buon Dio, il materialista è il contrario dell'universitario clericale."
Sulle labbra di un lavoratore cinese, la frase mille volte udita: “Io adesso studio filosofia, suona come: “Adesso ho acquisito una piena dignità". Cioè l'operaio studia filosofia per poter cosí partecipare consapevolmente alla vita politica.
Il primato della politica sull'economico, e piú vastamente su quel che si definisce il sociale, è il concetto chiave dell'elaborazione teorica marxista, che accompagna la rivoluzione culturale. Perciò lo studio della filosofia nelle fabbriche cinesi è uno dei cardini della rivoluzione culturale, e costituisce il primo salto qualitativo dell'individuo nel rivoluzionamento della sovrastruttura: quello che, non solo annulla l"aristocrazia" della speculazione filosofica riservata a pochi e ne fa invece una scienza di massa, ma, immettendo cosí le masse alla partecipazione politica attiva, si inserisce nel cuore della globale opera di costruzione politica della società socialista.
Questa non è una fabbrica da poco conto. Mao cominciò ad occuparsene di persona nel 1956, quando vi arrivò il 12 gennaio, e fece nel lanificio una delle sue indagini, interrogando gli operai nei reparti sui loro studi politici. Dall'indagine trasse la conclusione che il rischio era quello del vuoto ideologico per cui gli operai sarebbero diventati robot come in un qualsiasi paese capitalista, facile
preda di ogni revisionismo, se non avessero studiato la teoria, e non l'avessero utilizzata per intervenire nella pratica. Mao si preoccupò di dare suggerimenti per formare un corso di studi filosofici. II direttore della fabbrica riteneva che si trattasse di una pura perdita di tempo e, benché i corsi iniziassero, nel '58, prese a sabotarli al punto da farli sparire. “Dopo la vittoria della rivoluzione culturale", dice l'operaio, la strada dello studio della filosofia si è aperta a noi operai.
Ognuno dei 127 gruppi di lavoro della fabbrica ha un gruppo di operai che studia filosofia, e nella fabbrica si respira un'atmosfera filosofica. Dopo il lavoro, studiano una o due ore. Vi sono sale di studio apposite, una per ogni gruppo. Con il trasformare il mondo oggettivo, si trasforma il mondo soggettivo, cosicché la fabbrica ha avuto un grande impulso nella produttività". In definitiva, la filosofia in fabbrica non è in nessun caso un invito all'anarchia autodidatta. Al contrario, diventa
addirittura la strada attraverso cui il partito si ricostruisce in modo qualitativamente diverso rispetto al passato. Un partito che deve dirigere “operai filosofi" non può piú essere il vecchio partito dei burocrati; il che vuol dire che la rivoluzione culturale, lungi dall'indebolire il partito, lo ha costretto a modificarsi profondamente; e questa del resto è stata una delle principali ragioni dell'introduzione e della diffusione della filosofia in fabbrica.
In altri termini, la “rivoluzione dell'ideologia", “l'irruzione del proletariato nell'ideologia" è la rivoluzione negli apparati ideologici, ivi compreso il partito.
Struttura politica ed economica della fabbrica, ritmi di lavoro, salari, piani di produzione
"Il Comitato rivoluzionario è l'organo di potere, dirige la gestione della fabbrica. Esso è formato da ventitré membri (quadri rivoluzionari, masse rivoluzionarie, soldati dell'esercito popolare), e nove di essi costituiscono il Comitato permanente. Tra questi ventitré vi sono sette membri del partito, ed essi si riuniscono a parte, esercitando un ruolo di direzione, che può far ben dire che il
partito non è mai scomparso nella sua forza dirigente... i membri deì partito escono assai temprati dal movimento di rettifica e ricostruzione del partito: un movimento che continua, che vi immette quadri nuovi, nuove energie, che corregge le vecchie stanchezze e i vizi burocratici... i
quadri dirigenti partecipano al lavoro della fabbrica; si sono rieducati in fabbrica con gli operai."
"Che fine ha fatto il sindacato? Sotto quale forma esiste?"
“Nella fabbrica, tra i nuovi organismi del potere rosso, oltre il Comitato rivoluzionario, esiste un Comitato di rappresentanti della base operaia, eletto dall'assemblea operaia, che porta avanti i problemi quotidiani della fabbrica, amministrativi e sociali, e che ha un ruolo di collaborazione con il Comitato rivoluzionario. Questa è l'Assemblea dei delegati operai, con un Consiglio operaio di fabbrica, che sostituisce il disciolto sindacato, strumento della politica economicistica di Liu Shao-chi. Le funzioni del Consiglio operaio sono tuttavia piú ampie: infatti, esso si occupa, ad esempio, del salario indiretto e dei servizi sociali dell'azienda, e inoltre dell'organizzazione nuova dei compiti di lavoro. Comitato rivoluzionario e Consiglio operaio sono stati eletti dagli operai, con voto libero e diretto. Per riassumere: il partito ha il ruolo di direzione, il Comitato rivoluzionario il potere di gestione, e l'Assemblea operaia quello di una riorganizzazione rivoluzionaria del lavoro, nonché un compito di controllo dal basso".
“I Cottimi e premi di produzione sono stati eliminati. E il ventaglio salariale è stato ridotto, cosicché la differenza va da un minimo di 50 yuan a un massimo di 120 yuan. La differenza tra un ingegnere e un tecnico qualificato è di 40 yuan: 80 il tecnico e 120 l'ingegnere. La ristrutturazione
del salario non è relativamente semplice come nella comune, né possibile allo stesso modo, perché la fabbrica è proprietà di tutto il popolo - quindi il salario non dipende solo dall'azienda tessile, ma dalla direzione dello stato – mentre la comune appartiene al collettivo.
Eliminiamo le differenze salariali irrazionali, non le differenze ragionevoli”. Dopo la discussione tra gli operai, studiate e sintetizzate tutte le indicazioni provenienti dal basso, se ne trarrà una conclusione, e gli organismi dello stato decideranno. Per ora, mettiamo al posto di comando la politica, ed eliminiamo la parte di salario irragionevole."
“Chi stabilisce il ritmo di lavoro operaio?"
"un importante principio del sistema socialista riguarda la pianificazione, per cui gli obiettivi di produzione sono fissati secondo il piano statale.
Per noi, il piano è fatto dall'ufficio dell'industria tessile, ogni anno. Il piano di lavoro mensile viene fatto dalla fabbrica stessa, e a questo scopo vi è un apposito gruppo di produzione del Comitato rivoluzionario, con i tecnici, gli operai e gli amministratori, che sistemano in questo quadro il ritmo di lavoro operaio. Un aspetto evidente dello sfruttamento capitalista sono i tempi di lavorazione,
fissati al decimo di secondo, e il tempo di fabbricazione di un prodotto finito. Ogni anno, quando ci viene trasmesso il piano, ne organizziamo la discussione con gli operai e quindi prepariamo il nostro piano interno, secondo la realtà della fabbrica e le nostre possibilità. Nel presentare il piano, e quindi nell'approvarlo, non diciamo astrattamente che lo seguiremo al cento per cento, ma discutiamo sulla produzione dell'anno precedente, le esperienze fatte, cosí, quando il piano è assorbito da ognuno, esso è in generale piú conforme alla realtà.
“Quant'è una pensione operaia, qual è il rimborso salariale durante il periodo di malattia?"
“Gli operai anziani ricevono l'intero salario nel periodo in cui essi sono ammalati, quelli giovani ricevono il 50 per cento. La pensione è costituita dal 75 per cento del salario, purché l'operaio abbia lavorato in fabbrica quindici anni.
“C'è un vecchio proverbio cinese: Se non si penetra nella tana della tigre, come impadronirsi dei suoi nati? Questo proverbio è vero per la pratica umana, e lo è ugualmente per la teoria della
conoscenza. La conoscenza tagliata fuori dalla pratica è incomprensibile”. - MAO 'TSE-TUNG, Della pratica..
Lin Tieh-hi, 46 anni, operaia anziana, tessile racconta:
“Sono un'operaia del reparto di tintura e tessitura del lanificio n. 2 dove lavoro da quando avevo diciassette anni, allorché la fabbrica era in mano ai capitalisti. Mio padre morí di malattia perché nessuno lo curò, e con il mio salario mi trovai a dover sostenere cinque persone che mi caddero tutte sulle spalle, mentre quel che guadagnavo non mi bastava che per sfamarne due. Ci nutrivamo
con farina di piselli, con patate, e avemmo fame sempre. D'inverno non possedevamo le giacche imbottite di ovatta, né le coperte: freddo e fame erano la nostra condizione normale di vita. Mi alzavo alle quattro per venire in fabbrica e ritornavo a casa a notte alta. II mio spavento era di ammalarmi di tubercolosi, come tutte le altre, perché quel giorno sarei stata certo cacciata via dal padrone. Gli operai avevano ernie del disco, dolori nelle articolazioni, ma nascondevano i loro malanni per timore del licenziamento. Bastava d'altra parte a quell'epoca trattenerci troppo a lungo nel gabinetto per essere scacciati. E chi osava sposarsi, in tanta miseria? La polizia era sempre a disposizione dei padroni, e bastava che i capitalisti azionassero i campanelli elettrici che erano nei reparti, perché le guardie irrompessero dentro la fabbrica per arrestare gli operai. Bevevano il nostro
sangue e mangiavano la nostra carne. Facevamo una vita come quella dei buoi e dei cavalli. I padroni si cibavano di polli, di anitre, di pesce, abitavano in grandi case. Noi eravamo l'ultimo gradino della scala umana, una specie di letame umano.
"La liberazione del 1949 è stata un passo verso il cielo per noi operai. Ma nella fabbrica la lotta fra le due linee cominciò presto; la destra borghese, rimasta ai posti di comando in molte fabbriche, seminava la sfiducia, e diceva che si viveva in modo meno fortunato che nel passato.
Io provavo tanta indignazione da avere male ai denti, ma non sapevo contrattaccare la destra in altro modo che dicendo: “No, la nostra vita di oggi è ben fortunata”. Ma piú di questo non sapevo formulare, perché, mancandoci la teoria, la stessa nostra critica non arrivava ad essere piú approfondita. Nel giugno 1958 organizzammo il primo gruppo di studio della filosofia; facevamo corsi serali, perché di giorno era impossibile. Mi accorsi che lo studio della filosofia non era cosí difficile come temevo, e che la soddisfazione che se ne traeva era innanzitutto la possibilità di capire come la filosofia fosse legata alla pratica della nostra vita. Poi, dallo studio traevamo questa lezione: le opere di filosofia sono opere di chiarimento, e attraverso esse possiamo risolvere difficoltà di ogni tipo. Appena ci impadronivamo a fondo della filosofia, diventavamo una forza per trasformare la società. Si tratta non solo dello studio, ma della rivoluzione, della coscienza di classe. La filosofia è la pratica della lotta di classe nella produzione.
"Dei due aspetti contraddittori”, continua l'operaia citando Mao, Della contraddizione, e aprendo il suo libretto rosso, “uno è necessariamente principale, l'altro secondario. Il principale è quello che ha una funzione determinante nella contraddizione. La natura di una cosa è determinata soprattutto dall'aspetto principale della contraddizione, il quale occupa la posizione dominante”.
Il capire la contraddizione principale, mi permise di rendermi conto che nel mio reparto esisteva una contraddizione principale, ed era la riparazione dei guasti che faceva nel tessuto la macchina che noi possedevamo. Se si risolveva questo problema, per tutto il resto le macchine andavano bene. E ci riuscimmo, impegnando su questo solo problema ogni nostro sforzo e attenzione.
Ma risolte le vecchie contraddizioni, ne nascono di nuove.
L'equilibrio è sempre temporaneo. Una situazione non è mai statica. Attraverso lo studio della filosofia abbiamo capito che possiamo avere un'iniziativa soggettiva, e che la forza materiale diventa poi forza dello spirito per trasformare la società. Non bastano gli obiettivi e i compiti, il problema è quello del metodo, è questo il problema da risolvere, sennò è inutile parlare dei compiti.
“Se il nostro compito è di attraversare un fiume, non possiamo farlo senza un ponte o una barca. Se non si risolve il problema del ponte o della barca, è inutile parlare di attraversare il fiume", e l'operaia attinge ancora dal libretto rosso questa citazione di Mao: “Preoccuparsi del benessere delle masse, fare attenzione ai metodi di lavoro" (27 gennaio 1934).
L'operaia Lin continua la sua discussione filosofica, abbordando il tema “l'uno si divide in due”, anche nella lotta politica.
“La legge fondamentale del materialismo dialettico”, ella dice, “è che l'unità dei contrari è sempre solo temporanea, ed il principio di Mao è che questa lotta scoppi continuamente nell'uno si divide in due. L'attacco di Yang Hsien-chen [ex direttore dell'Istituto per il marxismo-leninismo e ex direttore aggiunto della scuola di partito], che pronosticava che era possibile 'riunire il due in uno', colpiva il fronte principale della filosofia, per far passare la teoria filosofica della borghesia, vale a dire la base della concezione borghese idealistica del mondo. La teoria della conciliazione sta alla base del riunire il due nell'uno, perché essa significa conciliazione tra borghesia e proletariato, per spegnere la lotta di classe nel corso della lotta di classe. Mentre l'uno si divide in due considera la contraddizione antagonistica, riunire il due nell'uno significa ritenere la contraddizione necessariamente non antagonistica. Il carattere tipico di questa concezione è l'eliminazione
del contrasto, e nella prassi è il confondersi con il nemico, confondersi con la borghesia e i nemici di classe. La contraddizione in Mao è antagonistica.
"Il capitalismo borghese aveva bevuto il nostro sangue, come potevamo confonderci con esso? Confondersi è il revisionismo, la capitolazione, la restaurazione del capitalismo.
La contraddizione tra classe operaia e borghesia non può essere offuscata. Quel che dobbiamo fare è dividere l'uno in due, lottare per dividere, lottare per liberare la classe operaia dall'imperio della borghesia, dal revisionismo reazionario, per fare la rivoluzione.
Il quartier generale borghese di Liu Shao-chi ironizzava sullo studio della filosofia da parte nostra, e spedì tra di noi lo stesso Yang Hsien-chen, un'autorità in campo filosofico, che venne in questa fabbrica per gettarci acqua fredda sulla testa. Egli ci disse ironicamente: 'Ma davvero voi studiate la filosofia? Che confusione, che pasticcio. Se gli operai si mettono a studiare filosofia, noi filosofi
che faremo?' Anche un altro suo collaboratore, alto papavero accademico, disse che egli aveva constatato, interrogandoci, come il nostro studio fosse frammentario e non organico. Cosí venne dato l'ordine di sciogliere idue terzi dei gruppi di studio della filosofia. Oppure ci toglievano
il tempo a disposizione per lo studio, con ritmi di lavoro piú intensi. Avremmo rinunciato, se non vi fosse stata in noi la convinzione che la filosofia è arma di lotta rivoluzionaria per noi lavoratori. Non avendo piú tempo di studiare in fabbrica, studiavamo in vacanza, oppure nelle nostre case. Ma adesso tutto è cambiato: si è aperta la guerra di lunga durata per lo studio della filosofia da
parte degli operai".
“Da dove provengono le idee giuste?Cadono dal cielo? No. Sono innate? NO. Esse provengono da tre tipi di pratica sociale, la lotta per la produzione, la lotta di classe e la sperimentazione scientifica” - MAO TSE TUNG, Da dove provengono le idee giuste? .
Un altro operaio del reparto di tintura della fabbrica tessile n. 2 di Tientsin - Yang Tong,hua - spiega qual'è il suo studio della filosofia. “Io studio filosofia per applicarla al rinnovamento della tecnica. Nella fabbrica non avevamo macchine per il fissaggio ad alta temperatura, necessarie perché i tessuti non si allunghino e non si disfacciano. Tale macchina in passato è sempre stata importata dall'estero. Ora il problema che si poneva era quello di ordinarla all'estero chiedendo allo stato di comperarla, oppure affrontare l'altro problema: osare far da noi. Era la contraddizione tra due concezioni del mondo. Fare affidamento sull'estero è metafisico, perché ci si affida alla causa esterna. Se facciamo da noi, sviluppiamo la causa interna. La causa esterna non è che la condizione, mentre la causa interna è la base. Contare sull'esterno è una causa traditrice, cosí come il gradualismo, l'andare pian piano, a passo di tartaruga, è revisionismo. Il nostro gruppo è composto da sei o sette operai soltanto, e dobbiamo tener dietro alla riparazione di piú di cinquanta macchine del reparto. Gli operai sono pochi, il compito pesante. Però gli uomini sono vivi e la materia è cosa morta, e allora la materia deve essere piegata dagli uomini. Quando c'è la direzione del partito comunista, e quando esistono gli uomini, noi possiamo inventare tutto. Occorre liberare lo spirito, per osare pensare e osare agire. Lo studio della filosofia proletaria consente questa liberazione. La grande verità secondo cui la conoscenza trova la sua origine nella pratica, ci ha aiutato dentro il coraggio, attraverso lo studio delle opere filosofiche di Mao sulla pratica e sulla contraddizione.
Siamo andati in altre fabbriche per cercare di conoscere da vicino come queste macchine son fatte. Applicando il principio dell'uno si divide in due - questo principio ha anche un aspetto semplice - considerammo che la contraddizione principale che dovevamo risolvere stava nell'alta temperatura. Fra di noi non vi erano ingegneri, ma cominciammo a progettare la macchina fabbricandola
con le nostre stesse mani, e quando trovavamo difficoltà ricominciavamo. Per sostenere la parte centrale della macchina, non avevamo l'acciaio necessario e allora usammo le rotaie dei binari; prima, chi ci avrebbe mai pensato? Allora ci deridevano dicendo: 'Come possono le piume di gallo salire in cielo? Come possono gli operai del reparto di riparazione fabbricare le macchine?' Abbiamo studiato Mao che dice “Perché le penne di gallo non possono salire in cielo?”, e rispondevamo: “Se la classe operaia ha fatto salire in cielo il satellite, perché noi non possiamo fabbricare la macchina?”. Non conoscevamo certi princípi della fisica né le correnti alternate. Fabbricammo decine di conduttori di corrente, e vi furono decine di esperimenti falliti. Ma quando questo problema fu risolto, la macchina nacque. Il suo costo è la decima parte di quello che avremmo dovuto pagare all'estero. Questa può avere temperature piú elevate, il suo volume è piú piccolo e meno ingombrante, la struttura piú semplice di quella
straniera, e il livello di automazione identico a quello delle macchine che prima erano solo inglesi o anche italiane.
“Quando incontriamo difficoltà nel leggere la filosofia di Mao, allora facciamoci aiutare da altri; quando il lavoro è troppo intenso, regoliamo il tempo libero per studiare filosofia; camminando, riflettiamo; prima di dormire, leggiamo un poco; dopo dormito, leggiamo ancora un poco; dopo lo
studio, scriviamo anche noi le nostre considerazioni filosofiche. Elaboriamo a nostra volta idee filosofiche".
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