Elezioni, nuovo governo e azione operaia e proletaria
Le elezioni politiche hanno sancito la prevedibile vittoria del centrodestra, così come la sconfitta dei sostenitori dell’”Agenda Draghi”, in primis il PD di Letta, la ruota di scorta ‘Sinistra italiana’‘Verdi’, l’alleato-non alleato Calenda/Renzi.
Il M5S a guida Conte con una campagna mirata a difesa del Reddito di cittadinanza e del Salario minimo, secondariamente contro l’aumento delle spese militari, è riuscito nel corso della campagna elettorale a recuperare i voti, soprattutto al Sud, necessari per essere il terzo partito e l’unica opposizione al nuovo governo di centrodestra.
Come prevedibile, irrilevante è stato il voto alle altre liste di destra presenti alle elezioni, Paragone e lista rossobrune e agli insignificanti sedicenti “partiti comunisti”.
Unione Popolare a guida De Magistris non è riuscita ad entrare in parlamento e vano è stato il tentativo di intercettare voti democratici e popolari nel campo dell’astensione.
Risultati elettorali abbastanza scontati e ampiamente previsti dai sondaggi.
Ciò non toglie che altri dati hanno un certo interesse. Innanzitutto la crescita di oltre il 10% dell’astensionismo Si tratta in generale di un astensionismo passivo, specchio della passività di ampi settori delle masse; ciononostante esso contiene al suo interno l’astensionismo militante, una parte rilevante di astensionismo operaio e popolare, un massiccio astensionismo giovanile.
L’astensionismo è importante per misurare il grado di consenso effettivo della Meloni, del centrodestra, contro una propaganda incentivata anche dall’attuale sistema elettorale che permette al partito che ottiene la maggioranza di voti di ottenere anche la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari. Comunque i votanti non sono numeri ma persone e i dati reali sono questi: oltre il 37% di astenuti - quindi il 26,1% alla Meloni, corrisponde a poco più del 17% di voti effettivi dell'intero elettorato, e pur aggiungendo i voti del centrodestra si arriva a poco più del 27% per tutto il centrodestra. Quindi circa l’82% non ha votato Meloni e circa il 73% non ha votato il centro destra e sicuramente la stragrande maggioranza degli operai non ha votato la Meloni.
Il secondo elemento importante è che la vittoria della Meloni avviene nel quadro di un crollo della Lega di Salvini e di un ulteriore ridimensionamento di Forza Italia. Questo alimenterà le contraddizioni interne e la lotta per le poltrone sia a breve che a medio-lungo periodo, nella composizione e compattezza del nuovo governo.
Nella sostanza ora si tratta di ripartire dalla posizione proletaria e popolare per così dire “extraparlamentare” e scendere in campo sulle rivendicazioni economiche e sociali e nella lotta contro la guerra, l’economia di guerra per essere punto di riferimento e di attrazione del movimento proletario, popolare, antifascista, antirazzista, antimperialista, del movimento a difesa della Costituzione e, in misura assai importante, del movimento delle donne che è una sorta di “bersaglio principale”, “nemico principale” del primo governo a guida di una donna al servizio dei padroni, delle classi dominanti e del sistema capitalista, imperialista.
Questa opposizione deve esprimersi in modo coraggioso, determinato e visibile da subito e deve misurare tatticamente e strategicamente l’azione del nuovo governo e la sua marcia verso una dittatura del capitale ancora più aperta che sarà di tipo oggettivamente e soggettivamente moderno fascista.
La prospettiva è una Nuova Resistenza adatta alle condizioni economiche, politiche di oggi a livello nazionale e internazionale. Questo richiede la costruzione di un Partito proletario e comunista, come reparto d’avanguardia organizzato della classe operaia, il fronte unito proletario e popolare contro i padroni e i loro alleati, la lotta a difesa della repressione e dagli attacchi alla Costituzione nella prospettiva del cambiamento della situazione e dei rapporti di forza per un governo espressione realmente degli operai e delle masse popolari, dell’alternativa del potere operaio. La situazione è abbastanza chiara, la marcia è difficile e tortuosa ma non ha alternative.
Le battaglie da fare subito in maniera unitaria nelle fabbriche posti di lavoro territorio:
1 – contro ristrutturazioni e chiusura delle fabbriche, con maggior sfruttamento, licenziamenti, cassa integrazione flessibile e permanente anticamera dei licenziamenti; per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di paga; contro il carovita, bollette, benzina, riscaldamento ecc per forti aumenti del salario; salario minimo garantito per precari e disoccupati; lavoro e difesa del reddito di cittadinanza per le masse povere; sicurezza e salute nelle fabbriche e nel territorio – no devastazione ambientale per i profitti e la speculazione capitalistica e parassitaria
2 - No alla guerra imperialista, No all'Italia in guerra con più spese militari, basi, soldati, No all'economia di guerra per fondi alla sanità, scuola, servizi sociali
3 – No a nuove leggi antimmigrati, per l’accoglienza, solidarietà, permesso di soggiorno, diritto di asilo, documenti regolari, alloggi, contratti - No schiavismo e razzismo
4 - difesa del diritto d'aborto e dei diritti delle donne
5 - contro la repressione, per la difesa del diritto di sciopero, le libertà sindacali, la libertà di manifestare, contro ogni modifica della Costituzione e nuovo fascismo
Slai cobas per il sindacato di classe
slaicobasta@gmail.com pcro.red@gmail.com proletaricomunisti.blogspot.it
Agli operai acciaierie d’Italia/Appalto/Cigs AS ex-ILVA
Ad Acciaierie d’Italia e nell’appalto la situazione è sempre più a rischio e pesante; ma le denunce dei sindacati confederali non possono certo da sole cambiare la situazione degli operai.
La Uilm, ma anche Fiom e Fim, non pongono negli incontri la richiesta di integrazione alla cassintegrazione (pur da loro accennata nel coordinamento nazionale Rsu di inizio estate); non pongono la fine o quantomeno una forte riduzione della cassintegrazione attraverso una riduzione dell'orario di lavoro a parità di paga – questo punto è stato posto nel congresso Uil ma deve passare dalle parole ai fatti; nè pongono al governo la richiesta di prepensionamenti anche a fronte dell'amianto; dall'ultimo tavolo nazionale in cui i sindacati confederali hanno solo ascoltato non si sa nulla dei famosi "incontri aziendali" per verificare gli effettivi numeri di cassintegrati necessari; nessuno dei sindacati pone la richiesta di aumenti salariali, l'azienda riceve miliardi per la sua crisi di liquidità, ma la crisi di reddito degli operai è solo oggetto di chiacchiere sulla stampa.
Nell’appalto insieme a tutto questo c’è la continua minaccia di licenziamenti e chiusura ditte e i mancati o ritardi nel pagamento degli stipendi. Qui non si può affrontare la situazione per ogni singola Ditta o aspettare e di fatto andare dietro le mobilitazioni dei padroni; serve una battaglia di tutto l’appalto per una vertenza unica – se non vengono pagati alcuni operai prima o poi toccherà anche agli altri; serve un unico CCNL metalmeccanico con la clausola sociale per il passaggio di Ditte, serve il consorzio delle ditte dell’appalto perchè gli operai non perdano il lavoro se una ditta chiude o licenzia.
Quello che occorre sono le assemblee generali dei lavoratori Acciaierie/Appalto/cigs di Ilva AS per sottoporre ai lavoratori le proposte in campo e sulla base del loro consenso avviarle a livello aziendale/cittadino/ e nazionale non appena si insedia il nuovo governo.
I punti essenziali verificati dagli incontri alle portinerie dallo Slai cobas riguardano
il
salario -
nel quale pesa il carovita/caro bollette/la riduzione del salario
prodotta dalla cassaintegrazione - con forti differenze tra i
lavoratori;
la
messa in sicurezza del lavoro per
gli attuali dipendenti di Acciaierie e appalti con un accordo
innanzitutto in sede aziendale e successivamente in sede di governo e
Mise,
un
piano di rientro
dei cassintegrati in
Ilva AS.
Chiaramente questi obbiettivi vanno poi relazionati alla discussione nazionale da aprire e sostenere con la lotta dei lavoratori verso il nuovo governo.
I lavoratori domandano una iniziativa di sciopero per tutta la fabbrica come quella del 6 maggio già in questo mese, per porre con forza la ricerca di una soluzione stabile per tutta l’ex Ilva.
La lotta individuale o della singola fabbrica non cambia la situazione sociale degli operai. Quello che bisogna sviluppare è l’unità e la solidarietà di classe che punti ad ottenere diritti sul lavoro, salute e sicurezza sui posti di lavoro e quelli salariali; evitando di cadere nelle trappole che i padroni, avendo il potere economico e un forte ascendente su una classe politica corrotta e corruttibile, riesce ad attivare.
Sul fronte cittadino occorre una giornata per una assemblea pubblica operai e masse popolari cittadine per fare un punto comune sul fronte sicurezza, salute, ambiente a fronte di dati contraddittori e contrapposti sullo stato delle cose.
Infine le parti civili organizzate dallo Slai cobas nel processo "Ambiente svenduto" stanno organizzando e propongono un presidio di massa al tribunale per richiedere in forma urgente la definizione finale della sentenza a oltre un anno e 4 mesi dalla conclusione del processo, per mettere in campo le conseguenti misure di intervento e di risarcimento.
Slai cobas per il sindacato di classe
slaicobasta@gmail.com WA 3519575628 – tel. 3475301704 – via Livio Andronico, 47 Taranto
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