venerdì 24 novembre 2023

.oggi a ore 12 Controinformazione rossoperaia - - Acciaierie d’Italia: unica soluzione la lotta dei lavoratori

 

trascrizione da ore 12 Controinformazione Rossoperaia.24.11-1


lo stato delle cose della cosiddetta vertenza Ex Ilva,/Acciaierie d'Italia, con i suoi stabilimenti e con il principale di esso, lo stabilimento di Taranto, che è anche in questo momento la più grande fabbrica in funzione di questo paese. Governo e padroni vogliono procedere a una nuova, pesante, ristrutturazione di questi stabilimenti, in nome della transizione a stabilimenti ambientalmente migliori, in realtà si sta mandando già in rovina gli stabilimenti che ci sono e in particolare quelli di Taranto, dove a volumi produttivi nettamente inferiori alle potenzialità degli impianti corrisponde una cassa integrazione permanente che colpisce i lavoratori. L’ultima cassa integrazione non è stata neanche firmata dalle organizzazioni sindacali confederali e quindi è unilaterale, come unilaterale ne è la gestione. E in questa unilateralità di gestione c'è l'arbitrio, c'è la divisione dei lavoratori e c'è soprattutto l'abbassamento generalizzato dei salari. In questa fabbrica non si pagano gli straordinari a fasce di lavoratori. E i lavoratori, tutti, vengono penalizzati da una gestione all'insegna dell'arroganza da parte dell'amministratore delegato Morselli.

È inutile dire che tutto ciò si riflette in una situazione nell'appalto fatta di licenziamenti, cassa integrazione, intensificazione dello sfruttamento, cambio dei contratti. E in tutta l'area industriale incombe l'insicurezza sul lavoro, con incidenti a rischio vita che si presentano più o meno stabilmente, in una vicenda in cui questo stabilimento obiettivamente continua a inquinare e a colpire la città con il suo carico di morti e malattie professionali.

A fronte di questo, il nuovo governo è peggio dei precedenti: tratta in un accordo privato, segreto – anche se è divenuto il segreto di Pulcinella, fuori dai tavoli previsti anche per legge di trattativa e di discussione di questa vertenza - intorno a un memorandum, a questo patto segreto da settimane si tengono i lavoratori nell'incertezza, nell'insicurezza, nella mancanza di un futuro. In particolare si vuole ancora una volta, con la logica di socializzare le perdite e privatizzare i profitti, versare centinaia di milioni, 1 miliardo - si parla fino a 3 miliardi e mezzo - che verrebbero utilizzati con una partecipazione molto inferiore di ArcelorMittal per potere salvaguardare il presente e il futuro di questo stabilimento. Con i soldi pubblici si permette ai padroni privati - e in questo caso la grande multinazionale dell'acciaio ArcelorMittal - di continuare a fare profitti in un quadro in cui continua lo scaricamento di tutte le forme di crisi - compresa quella di mercato - sui lavoratori e sulle condizioni di lavoro.

Esiste un'opposizione dei sindacati confederali a questo piano, perché sono tagliati fuori, perché decidono fuori dai tavoli a cui essi stessi sono convocati, che spesso si traducono in “comunicazioni di servizio”, peraltro, in generale, già anticipate dalla stampa. Sindacati umiliati, lavoratori in attesa: questo è lo stato delle cose.

E anche la manifestazione fatta ieri da un centinaio di rappresentanti sindacali di Genova e Taranto ha avuto lo stesso senso - al di là delle parole dette dai sindacalisti, dello spirito combattivo portato come sempre dalla delegazione di Genova., la sostanza è zero: un consiglio di amministrazione che si prolunga, il cui presidente, Bernabè, è dimissionario, è semplicemente la cassa di risonanza, il luogo in cui deve arrivare quest'accordo segreto per essere approvato.

È chiaro che il limite fondamentale è che la risposta dei lavoratori non è all'altezza della gravità di questa vertenza. Ci sono degli scioperi, peraltro in genere ordinari, c'è stata una manifestazione a Roma che non ha spostato di una virgola il livello di trattativa, manca la rivolta operaia, la Piattaforma operaia che ponga dei paletti irrinunciabili intorno a cui costringere con la forza della lotta, bloccando produzioni, città e strade, governo e padroni a offrire soluzioni che tutelino innanzitutto il lavoro di tutti e che aggrediscono i problemi del salario, delle condizioni di lavoro, della sicurezza e dell'ambiente, secondo gli interessi degli operai, dei lavoratori e delle comunità cittadine, in particolare a Taranto.

Questa è la linea di un solo sindacato, presente con il suo materiale permanentemente nelle manifestazioni e perfino nella piccola manifestazione di ieri a Milano: lo Slai Cobas per il sindacato di classe, che gode nella fabbrica di un notevole consenso d'opinione che non si traduce ancora in una forza organizzata che effettivamente cambierebbe lo stato delle cose, fino a cambiare l'agenda intorno a cui si sviluppa questa vertenza.

L'altra questione a cui necessariamente dobbiamo dare eco oggi è l'ennesimo tentativo - riuscito già in una prima volta - del ministro Salvini, per conto di tutto il governo Meloni, di attaccare il diritto di sciopero, imponendo, a fronte di un altro sciopero indetto dal sindacalismo confederale, forme di precettazioni che sono un'intimidazione e un effettivo freno alla libertà democratiche e sindacali.

Landini e i sindacati confederali protestano rispetto a questo, ma la loro protesta non va al di là delle parole, non cambia l'agenda, non impone l'urgenza di difendere il diritto di sciopero e quindi di violare i divieti e le precettazioni, perché si risponde all'attacco al diritto di sciopero, scioperando, si risponde ai divieti e alle precettazioni, rifiutandole.

Finché questo non avverrà, ogni sciopero attaccato sarà una tappa in avanti, non della lotta dei lavoratori, ma dell'attacco fascista alla libertà di sciopero.




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