Gli operai e i lavoratori, le condizioni economiche e sociali delle masse popolari, i precari, i disoccupati, i lavoratori di ogni settore, i lavoratori della sanità, della scuola, i pensionati, oggi fronteggiano un attacco frontale da parte del governo, che unisce demagogie di provvedimenti - in realtà di pura propaganda - con un attacco sistematico alle condizioni salariali, normative, dell'intero arco del proletariato e delle masse popolari.
Esemplare è quanto sta accadendo nella vertenza Ex Ilva,/Acciaierie d'Italia, con i suoi stabilimenti e con il principale di esso, lo stabilimento di Taranto, anche ora la più grande fabbrica in funzione di questo paese. Qui, governo e padroni vogliono procedere a una nuova, pesante, ristrutturazione, in nome della transizione a stabilimenti ambientalmente migliori, in realtà si sta mandando in rovina gli stabilimenti che ci sono e in particolare quello di Taranto, dove a volumi produttivi nettamente inferiori alle potenzialità degli impianti corrisponde una cassa integrazione permanente che colpisce pesantemente il salario dei lavoratori. L’ultima cassa integrazione non è stata neanche firmata dalle organizzazioni sindacali confederali e quindi è unilaterale, come unilaterale ne è la gestione. E in questa unilateralità di gestione c'è l'arbitrio, c'è la divisione dei lavoratori e c'è soprattutto l'abbassamento generalizzato dei salari. In questa fabbrica non si pagano neanche gli straordinari a fasce di lavoratori. E i lavoratori, tutti, vengono penalizzati da una gestione all'insegna dell'arroganza da parte dell'amministratore delegato, Morselli.
È inutile dire che tutto ciò si riflette in una situazione nell'appalto fatta di licenziamenti, cassa integrazione, intensificazione dello sfruttamento, peggioramento dei contratti. E in tutta l'area industriale incombe l'insicurezza sul lavoro, con incidenti a rischio vita che si presentano più o meno stabilmente, in una vicenda in cui questo stabilimento continua a inquinare e a colpire la città con il suo carico di morti e malattie.
A fronte di questo, il nuovo governo è peggio dei precedenti: tratta in un accordo privato, segreto – anche se è divenuto il "segreto di Pulcinella" - fuori dai tavoli, previsti anche per legge, di trattativa e di discussione di questa vertenza. Intorno al "memorandum", a questo patto segreto da settimane si tengono i lavoratori nell'incertezza, nell'insicurezza, nella mancanza di un futuro.
In particolare si vuole ancora una volta, con la logica di socializzare le perdite e privatizzare i profitti, versare centinaia di milioni - 1 miliardo, si parla fino a 3 miliardi e mezzo - che verrebbero utilizzati per potere salvaguardare il presente e il futuro di questo stabilimento. Con i soldi pubblici si permette ai padroni privati - in questo caso la grande multinazionale dell'acciaio ArcelorMittal - di continuare a fare profitti in un quadro in cui continua lo scaricamento di tutte le forme di crisi - compresa quella di mercato - sui lavoratori e sulle condizioni di lavoro.
Esiste un'opposizione dei sindacati confederali a questo piano, perché sono tagliati fuori, perché governo e azienda decidono fuori dai tavoli a cui essi sono convocati e che spesso si traducono in “comunicazioni di servizio”, peraltro, in generale, già anticipate dalla stampa. Sindacati umiliati, lavoratori in attesa: questo è lo stato delle cose.
E anche il presidio fatto giovedì scorso a Milano da un centinaio di rappresentanti sindacali di Genova e Taranto ha avuto lo stesso senso - al di là delle parole dette dai sindacalisti, dello spirito combattivo portato come sempre dalla delegazione di Genova, la sostanza è zero. Un consiglio di amministrazione che si prolunga, il cui presidente, Bernabè, è dimissionario, diventa semplicemente la cassa di risonanza, il luogo in cui deve arrivare quest'accordo segreto per essere approvato.
È chiaro che il limite fondamentale è che la risposta dei lavoratori non è all'altezza della gravità di questa vertenza. Ci sono degli scioperi, peraltro in genere ordinari, c'è stata una manifestazione a Roma che non ha spostato di una virgola il livello di trattativa, manca la rivolta operaia, la Piattaforma operaia che ponga dei paletti irrinunciabili intorno a cui costringere con la forza della lotta, bloccando produzioni, strade e città, governo e padroni a offrire soluzioni che tutelino innanzitutto il lavoro di tutti e che aggrediscano i problemi del salario, delle condizioni di lavoro, della sicurezza e dell'ambiente, secondo gli interessi degli operai, dei lavoratori e delle comunità cittadine, in particolare a Taranto.
Questa è la linea di un solo sindacato, piccolo, anche se presente con il suo materiale permanentemente nelle manifestazioni e perfino nella piccola manifestazione di giovedì a Milano: lo Slai Cobas per il sindacato di classe, che gode nella fabbrica di un notevole consenso d'opinione che però non si traduce ancora in una forza organizzata che effettivamente cambierebbe lo stato delle cose, fino a cambiare l'agenda intorno a cui si sviluppa questa vertenza.
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