sabato 28 aprile 2018

NO TAP la magistratura sequestra un'area: reati ambientali e violazioni delle prescrizioni - E' un piccolo ostacolo a chi vuole distruggere il territorio, ma è sempre frutto della indimabile lotta

(Di Gianmario Leone - Dal Manifesto)
Nuovi intoppi per la realizzazione del gasdotto Tap in Salento. La Procura di Lecce ha infatti messo sotto sequestro probatorio una parte delle aree dove sono in corso i lavori per la realizzazione del gasdotto: si tratta in particolare del cantiere dove è in corso l’espianto di alcuni ulivi, mentre in quello relativo al pozzo di spinta i lavori procedono regolarmente.
La Procura di Lecce ha infatti circoscritto il sequestro alla sola area del cantiere Tap (chiamata
«cluster 5») dove sono stati espiantati nei giorni scorsi 448 ulivi messi a dimora sotto tendoni realizzati in un’area a margine dei lavori e dove erano in procinto di iniziare i lavori di costruzione del microtunnel del gasdotto che collegherà il Mar Caspio all’Italia, con approdo in Salento, a Melendugno sulla spiaggia di San Foca. È stata quindi esclusa dal sequestro tutta una vasta area che non è al momento interessata dai lavori, pari a circa 56 ettari. I sigilli rimarranno quindi soltanto sull’area di interesse investigativo (circa 4 ettari) sulla quale sono in corso verifiche su presunti reati ambientali e su violazioni delle prescrizioni della Valutazione di impatto ambientale (Via).
Il sequestro effettuato ieri è stato eseguito dai carabinieri del Noe e dai Forestali che hanno svolto accertamenti sulla base di esposto presentato nei giorni scorsi da alcuni parlamentari del Movimento 5 Stelle. Danneggiamento, distruzione delle bellezze naturali e violazione delle prescrizioni contenute nella Valutazione di impatto ambientale (Via): sono questi i reati alla base del provvedimento di sequestro, con il quale la magistratura vuole verificare quanto denunciato da tre parlamentari del M5S, che nei giorni scorsi hanno depositato un esposto. Uno degli aspetti di su cui sono in corso le indagini, se non il più importante, è l’ipotesi che l’area oggetto dei nuovi lavori sia in realtà sottoposta a vincolo perché zona di «notevole interesse pubblico» e, quindi, se così fosse, sarebbe sottoposta a vincolo assoluto di indisponibilità.
L’indagine è coordinata dal procuratore Leonardo Leone de Castris e del pm Valeria Farina Valaori unica indagata al momento Clara Risso, rappresentante legale di Tap. Allo studio dei magistrati ci sarebbe una presunta violazione delle autorizzazioni in relazione all’espianto (già terminato) dei 448 ulivi avvenuto in un periodo diverso da quello autorizzato (tra dicembre e febbraio); inoltre vi è il dubbio che nella zona dell’espianto, quale attività propedeutica ai lavori, sia stata montata una recinzione con rete metallica e filo spinato sulla base di una variante in corso d’opera rilasciata dal MiSe il 14 marzo scorso e che questa autorizzazione sia stata rilasciata sul presupposto che la nuova recinzione non interessasse aree soggette a vincolo paesaggistico. Invece – ed è quello che i magistrati vogliono verificare – l’area sarebbe sottoposta a vincolo assoluto e, quindi, sarebbe stata probabilmente necessaria un’autorizzazione paesaggistica ad hoc per intervenire.
I lavori in corso, avviati pochi giorni fa, avrebbero dovuto concludersi il 30 aprile prossimo. L’area recintata da Tap è lunga circa un chilometro e ricade nell’azienda agricola «Le Paisane». Il cantiere fa parte di un più ampio tracciato (8,2 chilometri di lunghezza con una fascia di circa 30 metri di larghezza a cavallo del futuro tubo) che dal cantiere di San Basilio, dove l’espianto degli ulivi è terminato lo scorso anno e dove sorgerà il microtunnel del gasdotto, porta infine alla Masseria del Capitano, dove sarà costruito il terminale di ricezione dell’impianto.
In quest’area, dove è prevista la costruzione della pipeline, dovranno poi essere successivamente estirpati e messi a dimora (in aree protette) oltre 1.800 ulivi. Il così detto «cluster 5» si trova ad un paio di chilometri dal cantiere del microtunnel di San Basilio e a circa sei chilometri da Masseria del Capitano.
La multinazionale Tap, in una nota ufficiale si è detta convinta «di aver operato nel pieno rispetto delle disposizioni legislative in materia e delle autorizzazioni ricevute».

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