Audizione per la presidente di ArcelorMittal Italia Lucia Morselli quest’oggi in commissione Attività produttive alla Camera dei deputati. Audizione nella quale l’ad ha risposto a tutte le domande fatte dai deputati, sebbene le risposte siano state condizionate in alcuni elementi dai limiti di riservatezza previste dagli accordi o dai procedimenti legali in corso.
Nella presentazione dei punti salienti dell’intesa siglata con Invitalia la scorsa settimana, la manager ha
evidenziato e ricordato che l’intera operazione è sottoposta al vaglio dell’Antitrust Ue, il cui verdetto dovrebbe arrivare entro il 31 gennaio 2021.Alla richiesta dei deputati sulla presenza di un’eventuale piano B in caso di parere negativo dall’Europa, la Morselli ha risposto che “al momento, vista la natura finanziaria di Invitalia e la mancanza di sovrapposizioni in termini di quote di mercato, non riteniamo che ci siano condizioni per cui l’Antitrust europea dovrebbe pronunciarsi negativamente. Nell’eventualità, e ci tengo a rimarcare remota, in cui non arrivasse il nulla osta, il nostro impegno concordato con il Governo è quello di trovare nel minor tempo possibile un altro soggetto istituzionale che abbia le giuste caratteristiche per poter finalizzare un nuovo accordo. Voglio inoltre chiarire che ArcelorMittal non intende abbandonare l’Italia, né nel caso di un parere negativo dell’Antitrust, né nel 2022 quando la sua partecipazione nella società scenderà al 40%”.
La Morselli ha poi fornito alcune informazioni sul nuovo piano industriale, che però sarà operativo dopo il nulla osta europeo, molte delle quali erano già emerse dalle indiscrezioni dei giorni scorsi. La presidente di ArcelorMittal Italia ha sgomberato il campo da alcune ambiguità su obiettivi e tempistiche, rimasti fino ad ora piuttosto vaghi. “Il piano industriale concordato tra i due soci copre l’arco temporale dal 2021 al 2025 – ha detto la manager –, e sarà operativo nel momento dell’entrata in vigore effettiva dell’accordo. Il piano si sviluppa in coerenza con quanto concordato lo scorso marzo, direi che è una sua evoluzione tenuto conto degli effetti dirompenti della pandemia. L’obiettivo finale è quindi una produzione di 8 milioni di tonnellate con un mix produttivo del 25% da forno elettrico e il 75% da ciclo integrale. Prevediamo il rifacimento dell’altoforno numero 5 con i lavori che inizieranno nel 2023. Abbiamo confermato in toto anche l’attuale piano ambientale con le scadenze previste dal decreto, vale a dire il 2023, quando si stima che al termine di tutti gli interventi Ilva dimezzerà la propria emissione di inquinanti rispetto ai valori pre piano. L’ammontare complessivo degli investimenti ancora da completare è di 2,5 miliardi di euro. La spesa prevista per il 2021 è di 300 milioni di euro. Ci tengo a ribadire che al termine del piano l’impegno è di avere l’intera forza lavoro di 10.700 addetti impiegata in azienda, senza esuberi strutturali“.
Il recupero avverrà sicuramente in maniera graduale. Ilva nel 2020 chiuderà l’anno con un output di 3,3 milioni di tonnellate, con il target per il 2021 di riportarsi a quota 5 milioni. “Le premesse per il recupero produttivo sono buone, in questa fase di mercato sia la crescita dei volumi che quella dei prezzi ci fanno ben sperare nel raggiungimento di questo importante obiettivo” ha dichiarato la Morselli.
Alcune precisazioni sono arrivate anche sull’utilizzo futuro dell’idrogeno, che come ha confermato dalla presidente Morselli sarebbe l’obiettivo finale del piano di rilancio. “Sono in corso stesure di accordi con importanti aziende pubbliche italiane di questo settore, siamo convinti che l’idrogeno è la nostra destinazione finale, ma non lo sarà nell’arco di 4/5 anni. Sono convinta che ci riusciremo”.
Confermato anche l’impianto per la produzione di DRI, che però sarà realizzato da una società terza rispetto ad ArcelorMittal Italia e Invitalia, e il cui acquisto avverrà a prezzi di mercato.
In merito alle clausole che potrebbero far saltare il closing dell’accordo, che tra l’altro sono le stesse inserite nell’accordo dello scorso 4 marzo sfuggite però ai più, la Morselli ha spiegato che l’acquisto degli impianti previsto dal contratto iniziale potrà avvenire solo se essi saranno dissequestrati. ArcelorMittal ha però ancora una volta chiarito che la chiusura dell’operazione non sarà possibile nel caso di un dissequestro condizionato degli stessi.
Morselli ha risposto anche ad una domanda sul contenzioso con Cimolai: “Personalmente non ho mai incontrato né il signor Cimolai né nessun manager della sua azienda. La decisione di recedere dal contratto è arrivata dai manager che si occupano della chiusura dei parchi, ed è una decisione che supporto, anche perché Cimolai ci ha fatto causa mentre ancora lavorava nello stabilimento. Sono invece rientrate, grazie anche al lavoro dei sottosegretari Turco e Todde, le tensioni con le aziende dell’indotto. Fornitori con cui ora abbiamo un rapporto normale“.
Infine la Morselli si è espressa sulla possibilità della chiusura dell’area a caldo, avanzata a livello locale e regionale: “La chiusura dell’area a caldo non è una cosa da discutere con ArcelorMittal e Invitalia. Noi siamo e saremo per i prossimi anni solo affittuari degli impianti, per cui abbiamo affittato un bene con un deteminato assetto e questo manteniamo o miglioriamo, ma non possiamo prendere decisioni di questa portata su impianti di cui non abbiamo la proprietà“.
(leggi tutti gli articoli sull’accordo tra Invitalia ed ArcelorMittal https://www.corriereditaranto.it/?s=accordo&submit=Go)
Nessun commento:
Posta un commento