sabato 26 dicembre 2020

Torniamo sull'accordo governo/ArcelorMittal per sgomberare il campo da illusioni riformiste devianti della necessaria lotta

Abbiamo detto subito, a proposito dell'accordo governo/ArcelorMittal del 11 dicembre che esso non risponde affatto ai due problemi centrali: difesa del lavoro e salute/sicurezza e ambiente.

Torniamo sul problema della sicurezza/salute, bonifiche/ambiente che riguarda operai e popolazione della città, riprendendo un intervento fatto tempo fa in un'assemblea pubblica.
 
"...Noi diciamo che questa lotta deve essere fatta con una fabbrica aperta e con tutti gli operai al lavoro. Perchè il problema non è neanche che si chiuda una fabbrica totalmente inquinante; il problema è che una fabbrica chiusa vuol dire cancellare gli operai, cancellare una classe operaia, cancellare una storia, cancellare una coscienza e cancellare soprattutto e tagliare le gambe all'unica possibilità effettiva di lottare, di dire stop al problema dell'attacco alla salute e che ci sia effettivamente un cambiamento, le bonifiche, una fabbrica che non inquini così.

Questo problema senza gli operai, è inutile che ci illudiamo, ci prendiamo in giro, non è possibile.
Qui a Taranto, come a livello nazionale, le lotte le hanno fatte eccome gli operai. Non è vero che non abbiano lottato in tutti questi anni per la sicurezza e la salute, il problema che sono stati soli, sono stati sconfitti, in primo luogo dai sindacati che non li hanno sostenuti, difesi.
Ma Taranto, l'Ilva ha una storia, gloriosa, anche su questo. Ci sono stati operai che hanno rischiato di essere licenziati, perchè avevano fermato un convertitore e grosse iniziative sul problema della sicurezza e della salute. Sono rimasti soli. Ma questo non può essere una colpa dell'operaio o far dire che gli operai non sono la principale forza che può rovesciare la situazione.
Gli operai sono in difesa, sono confusi. Ma sono soprattutto in difesa, e allora questa difesa ha due ragioni principali: da un lato il sindacalismo aziendalista che non è solo “nocivo” ma inutile, perchè non porta neanche una mezza piattaforma ai Tavoli, non li ha portati prima e ora meno che mai...
Però, dall'altra parte, l'altra messa in difesa è frutto del clima, di quelle forze che ci sono qui a Taranto che dicono: la fabbrica deve chiudere, che colpevolizzano gli operai che non lo dicono...
Nel momento in cui questa classe operaia non ha la possibilità di essere la classe che lotta, che fa gli scioperi, che blocca dentro e che blocca fuori, è come se noi ci stiamo scavando il terreno con le nostre stesse mani.
Andiamo un po' indietro... nel '69 nelle piattaforme dei contratti metalmeccanici, edili, chimici, dove più c'erano i problemi di inquinamento e sicurezza scrivevano: (nella piattaforma dei chimici) “Costituzione di una commissione operaia, eletta e controllata dall’assemblea degli operai della fabbrica, per controllare il taglio dei tempi, la nocività, gli organici. Essa farà anche uso di medici e tecnici di fiducia”; (nella piattaforma degli edili) “Gli operai riuniti in assemblea sono gli unici ad avere il diritto di esercitare un controllo sulle condizioni di lavoro antinfortunistiche”.

Cioè, nella piattaforme operaie negli anni 70, e anche a Taranto anche se in tono minore, gli operai dicevano quello che si doveva fare sia sul fronte della sicurezza, per evitare morti e infortuni, sia sul fronte dell'ambiente, della nocività... Ma anche negli anni più recenti questo è avvenuto. Alle udienze del processo Ilva ci sono state testimonianze di alcuni operai Ilva, delegati Ilva che dicevano come era possibile evitare le emissioni, l'inquinamento del terreno, delle acque, ecc...
Noi abbiamo l'esempio vicino di Bagnoli, che dimostra che succede se la fabbrica chiude e a Taranto succederebbe mille volte di più per l'estensione che ha l'Ilva. A Bagnoli a quasi più di 30 anni di distanza, chiusa la fabbrica, tolti gli impianti, la struttura, è rimasta una zona totalmente ancora inquinata. Ma questo non solo a Bagnoli...
Eduard Martin (ex operaio francese e parlamentare europeo) a fronte di alcune domande sul problema: chiudere l'Ilva/riconversione, diceva: “nella mia Regione, la lorreine, negli anni 60/70 c'erano 100mila lavoratori nel settore siderurgico, oggi alla fine della storia sono rimasti 5mila. E questo ha significato la devastazione economica e sociale della regione”. Ma io aggiungo, vedendo Piombino, in parte Livorno che c'è una devastazione anche ideologica, anche di coscienza. A Piombino, città rossa, ora anche gli operai hanno votato Lega...  

Torniamo anche sul problema della "nazionalizzazione" sostenuta, soprattutto prima dell'accordo soprattutto da Usb.

Qui: "...c'è la nostra storia, al storia dell'Italsider che era pubblica, c'era eccome un intervento pubblico. Ma ci sono stati più morti, sia dentro la fabbrica che fuori nei primi decenni dell'Ilva, quando ancora era pubblica.
A parte il fatto che lo Stato avrebbe comunque il problema della “crisi di mercato”. Non è che solo perchè interviene lo Stato il mercato improvvisamente compra l'acciaio, non c'è più il problema dei dazi, della crisi di sovrapproduzione che loro stessi hanno provocato, ecc.. Lo avrebbero uguale questo problema.
Allora, o stiamo parlando di uno Stato che impone che tutti prendano l'acciaio italiano, alla Salvini maniera, o altrimenti la nazionalizzazione non è la panacea.
Noi abbiamo detto: Mittal, un altro padrone, la nazionalizzazione, intervento dello Stato... Il problema è che chiunque venga, nessuno operaio deve uscire fuori, nessuno operaio deve essere messo in cassintegrazione, nessun padrone o Stato non deve fare le bonifiche reali dentro e fuori la fabbrica. Ma se si vede l'intervento dello Stato come la panacea di tutti in problemi, è sbagliato.

Nessun commento:

Posta un commento