La Tessitura Albini ha inviato nei giorni scorsi una nota ai sindacati e alle RSU - che di seguito si riporta - in cui comunica che vuole far entrare suo personale nella fabbrica, presidiata da quest'estate ininterrottamente dagli operai proprio per impedire che l'azienda entri e porti via i macchinari, materiali, ed altro.
Ora la direzione aziendale nel pretendere di entrare, minaccia, in caso di impedimento, di rivolgersi alla "forza pubblica" per il "ripristino del libero transito di merci e persone".
La tessitura Albini dopo aver fatto profitti qui, con una produzione di eccellenza in cui i 118 operai e operaie hanno dato tanto, dopo aver ottenuto dallo Stato contributi, sgravi, ecc. ha chiuso l'attività, non certo per crisi ma per delocalizzare la produzione in paesi, come l'Egitto, la Repubblica Ceca, in cui poter ottenere più bassi costi del lavoro e meno diritti dei lavoratori.
A fronte di questo attacco a tanti lavoratori e lavoratrici e alle loro famiglie, che dopo anni di lavoro ora si trovano in mezzo ad una strada e hanno davanti un futuro ancora buio, è vergognoso leggere da parte della azienda la parola "libertà di transito...". E la libertà dei lavoratori di poter continuare a lavorare, di impedire che si mettano sotto i piedi i loro diritti, quando e come viene tutelata!?
Il governo, al di là di parole, non ha proceduto a requisire i
macchinari e la struttura. Questo sarebbe un effettivo contrasto alle
delocalizzazioni, non qualche sanzione.
E' evidente che le motivazioni scritte dall'azienda per accedere in fabbrica sono false: il mantenimento degli impianti lo potrebbero fare gli stessi operai che invece la Tessitura vuole licenziare; così non si capisce quale "gestione amministrativa ordinaria" dovrebbe fare visto che l'attività è ferma.
In realtà è una scusa per smantellare il presidio e portarsi via tutto
Bisogna impedirlo!
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