Alcune richieste di Fim, Fiom, Uilm decise nel coordinamento nazionale dei delegati del 15 giugno, per quanto parziali rispetto alle necessità degli operai, non potranno neanche queste andare avanti senza la lotta.
Nella piattaforma sindacale si chiede una integrazione della cassintegrazione Ma l’azienda non potrà darla perchè è in contrasto col “fare cassa”, con la sua insistenza perchè il governo metta a disposizione tutti i fondi richiesti.
Nella piattaforma, si dice: discussione trasparente degli organici tecnologici, che poi significa che l’azienda dovrebbe dire, cosa che non ha mai fatto, quanti operai stabilmente ci vogliono.
L’azienda ha chiesto una cassintegrazione per tutti gli 8.200 operai, che vuol dire che tutti diventano precarizzati, flessibili. Così non c’è più un rapporto tra produzione e numero degli organici; se per es. per fare 3 milioni di tonnellate di acciaio ci vogliono 5mila operai, per farne 5,7 tonnellate ci vorrebbero almeno il doppio di operai, e sotto questi numeri l’azienda non potrebbe andare. Ma l’azienda chiede la cassintegrazione per 8.200 operai per poi usare flessibilmente quanti ne vuole a seconda del mercato.
L’azienda, invece, deve definire l’organico irriducibile, tenendo conto di ritmi di lavoro, sicurezza, ferie, ecc. Quindi la richiesta sindacale, non è quella che poniamo noi, ma è comunque nettamente in contrasto con le cose che sono state dette in sede di incontro a Roma.
Circa la contrattazione integrativa. Per cercare di recuperare il salario i sindacati hanno parlato di mancato rispetto dell’accordo del 6 settembre 2018 sul “Premio di risultato”; ma l’azienda dice che non ci sono le condizioni finanziarie che questi accordi vengano rispettati e che ci sia il rinnovo della contrattazione integrativa.
Sugli appalti, l’azienda dice che ha problemi finanziari a rispettare i contratti e che con i soldi del governo li rispetterà. Avverrà questo?
I sindacati quando dicono che bisogna contrastare il dumping contrattuale, ma questo tipo di richiesta può essere accolta solo dall’esistenza di un contratto unico o, come si dice, di una “contrattazione di sito”.
Questa “contrattazione di sito” noi l’abbiamo posta già da parecchi anni, ponendo il modello Fiat/Sata di Melfi, dove sull’indotto c’è un accordo buono, c’e la consorzializzazione forzata delle ditte dell’appalto. Questo permette che anche quando la trattativa riguarda una delle ditte si può affrontare a livello di consorzio; questo permette i travasi di lavoratori tra aziende e spesso alla Sata di Melfi ci sono stati questi travasi automatici.
Quando Fim, Fiom, Uilm a Taranto parlano di “contrattazione di sito” e di “clausola di salvaguardia occupazionale” - che non è la “clausola sociale” che è prevista solo da alcuni CCNL - ci vuole il contratto unico e ci vuole la consorziarizzazione forzata delle ditte dell’appalto, che diventa anche il mezzo per contrastare il dumping contrattuale.
Si tratta di richieste, però, che sarebbero anche giuste, ma come fanno questi sindacati ad ottenerle di fronte al discorso dell’azienda e del governo che dicono: fra 10 anni avremo aggiustato tutto, sia sul fronte dell’azienda, che sul fronte della città, dell’inquinamento, della sicurezza, ecc.?
Per quanto riguarda le relazioni industriali. L’unica risposta è stata: il Ministero del Lavoro manderà degli ispettori.
Nella piattaforma di Fim, Fiom, Uilm infine è stata posta con maggiore chiarezza la questione dell’amianto. Su questo ci sono stati in passato prepensionamenti, un indirizzo favorevole e in contrasto con la normativa europea che prevede un’estensione del prepensionamento in alcuni casi. Quindi si tratterrebbe di riprendere la questione in quei termini.
Ma l’incontro di Roma, che ha dato una prospettiva più chiara a tutta la vicenda, però è stato centrato su un discorso che non solo è in netto contrasto con quello che noi rivendichiamo ma che rende inesigibile allo stato di cose attuali la stessa mini piattaforma che il coordinamento nazionale dei delegati dell0’Acciaieria ha formulato, ma neanche presentato al Mise - dove hanno fatto un po' di denuncia sulla unilateralità della cassintegrazione, sui problemi della sicurezza, ma nulla di più. Poi alzando il tiro sulla difficoltà che questa situazione può creare, hanno di fatto tirato la volata al governo che dice: allora dobbiamo dare i soldi ad Acciaierie d’Italia...; diventando un sollecito al governo perchè riversi all’azienda una quantità grande di soldi.
Quindi, al di là di tutto, così i sindacati sostengono sia le richieste dell’azienda sia le decisioni del governo.
Le richieste dell’azienda non vengono contestate anche nel merito. Effettivamente ci vogliono tutti questi soldi. Sembrerebbe che questa azienda invece di produrli li butta. Cosa che è abbastanza in contrasto sia con ciò che sta avvenendo in altre acciaierie, italiane e internazionali, che stanno andando forte, sia rispetto al discorso per cui la crisi in Ucraina toglie tutta una serie di fonti di approvvigionamento dell’acciaio – non dimentichiamo che la stessa ArcelorMittal ha la più grande acciaieria in Ucraina, nella città natale di Zelensky – e dà spazio alle altre realtà produttive di acciaio. Riva avrebbe detto: vai con la guerra... Perchè Riva è riuscito ad allargarsi ogni volta che ci sono state crisi importanti e lui ha occupato subito il campo sia rilevando stabilimenti a quattro soldi, sia occupando fette di mercato che erano rimaste libere.
Quindi, tutti i dati che dice l’azienda andrebbero visti uno per uno se corrispondono a verità.
Ma se i sindacati non vanno a questi incontri per dire: questo ci dovete dare, queste sono le esigenze dei lavoratori, ma vanno solo a lamentarsi, danno ragione alla situazione come viene presentata dall’azienda e diventano tra coloro che chiedono che il governo si faccia carico dei problemi finanziari di Acciaierie d’Italia. E il governo se ne fa carico dicendo che dell’ambientalizzazione si potrà parlarne tra 10 anni e che intanto bisogna dare un sacco di soldi all’azienda perchè mantenga l’ordinario.
Per cui vale più di prima che i sindacati devono fare le assemblee generali, devono dire che cosa è successo a Roma.
I lavoratori è tramite i sindacati che devono saperlo e discutere quali sono le conseguenze. Se fanno le assemblee il problema della piattaforma e tutti i bisogni veri dei lavoratori vengono fuori e viene mantenuta aperta l’idea di andare a Roma o a luglio al prossimo incontro o a settembre.
Le richieste dei sindacati, per quanto compatibili, non sono accoglibili nell’attuale situazione se non vengono rivendicate con la lotta, altrimenti al massimo sono solo buone intenzioni.
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