La vicenda Acciaierie d'Italia è emblematica che nel sistema capitalista il governo è un "comitato d'affari" al servizio dei padroni.
Che succederebbe, infatti, se lo Stato passasse, anche anticipando i tempi, in maggjoranza nella società "Acciaierie d'Italia"? (un passaggio tanto auspicato dai sindacati confederali, dall'Usb):
il governo prima salirebbe al 60%, ma sarebbe solo momentaneo, perchè poi cederebbe il 20% a imprenditori privati del settore - quello che vorrebbe il presidente della Federacciai, Gozzi, come abbiamo scritto nel depliand diffuso ad Acciaierie Taranto giovedì scorso -, ma su questo 20% ArcelorMittal avrebbe il potere di dire SI o NO a un nuovo socio e potrebbe esercitare una propria opzione, che, QUINDI, LO FAREBBE TORNARE IN MAGGIORANZA! Sembra una sorta di "gioco dell'oca" in cui si torna sempre alla casella di partenza.
Un "gioco" vecchio del capitale, del padrone più forte tra i padroni, e sempre attuale. Il governo mette soldi (pubblici) i padroni comandano e incassano il profitto.
In tutto questo aumentando lo sfruttamento degli operai e tagliando sui 3mila posti di lavoro.
Questi incontri cosiddetti "segreti" tra Mittal e governo confermano ampiamente quello che ha sempre detto lo Slai cobas, contro ogni illusione diffusa dai sindacati confederali e da Usb tra gli operai: o pubblico o privato l'attacco alle condizioni di lavoro e ai diritti è sempre uguale.
Da Sole 24 ore del 26/5
Sull’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia, torna tutto in discussione. Un incontro riservato che si è svolto nelle scorse settimane tra il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, e la famiglia Mittal, proprietaria di ArcelorMittal, socio privato con il 62%, ha riaperto lo scenario dello Stato che passa in anticipo in maggioranza nel capitale della società.
Il ministro delle Imprese e del made in Italy (Mimit) ha battuto ancora una volta sulla necessità di smuovere l’azienda, in cui il socio pubblico Invitalia detiene il 38%, da una situazione che viene considerata sempre più, pericolosamente, di stallo. Per accelerare il piano di investimenti aziendali, ma anche per non rischiare contraccolpi indiretti su 1 miliardo di risorse per la decarbonizzazione prevista dal Pnrr, c’è l’intenzione di andare dal 38% al 60% prima della scadenza prevista dall’attuale contratto, cioè fine maggio 2024, rivedendo però contestualmente la governance. Lo strumento è la conversione in aumento di capitale dei 680 milioni di finanziamento stanziati con l’ennesimo decreto salva-Ilva approvato a inizio anno.
Ci sono però diverse variabili da tenere in considerazione, a partire dal dissequestro degli impianti finora negato dalla Procura di Taranto ma che potrebbe essere sbloccato come conseguenza dell’articolo 6 del decreto salva-Ilva (che ha introdotto lo scudo penale - ndr)
Il piano del ministero delle Imprese si articolerebbe in due fasi e lo schema è piuttosto complicato:
il governo potrebbe prima salire al 60% poi, in un momento successivo, cedere il 20% a imprenditori privati del settore (circolano da tempo i nomi di Arvedi e l’opzione di un consorzio di altri acciaieri italiani). Su questo 20%, tuttavia, ArcelorMittal potrebbe esercitare un’opzione che di fatto la riporterebbe in maggioranza nel caso in cui il nuovo socio non fosse di gradimento.
Il riassetto anticipato comporterebbe a carico del socio pubblico un esborso di 2-3 miliardi"
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