Il governo italiano ha seguito un'idea astratta di garantismo e un populismo penale mirato soprattutto ai giovani e agli avversari politici, trascurando così di dedicare risorse a una causa in cui la violazione dei diritti fondamentali della compagna Ilaria era palese.
I nostri ministri hanno manifestato chiaramente fastidio, non trattando il caso con la stessa dedizione dimostrata verso un prete accusato di torture in Argentina (Don Franco Reverberi durante gli anni della dittatura operava come prete della comunità di San Rafael, Comune in provincia di Mendoza, accusato per i crimini commessi durante la dittatura), al quale è stata concessa piena collaborazione fino al punto di negare l'estradizione.
Il caso Salis è stato gestito nei corridoi del potere come: "Non politicizziamo la questione" (Nordio e Tajani). Nemmeno il rapporto privilegiato o l'amicizia dichiarata tra i vertici europei e la simpatia ideologica tra Meloni e Orbán hanno portato a soluzioni meno disumane. Sia per incapacità diplomatica sia per l'evidente disinteresse verso una vicenda che coinvolge una donna antifascista, Orbán ne sarà pienamente soddisfatto.
D’altra parte la Corte d'Appello di Milano ha negato l'estradizione di Gabriele Marchesi, accusato degli stessi reati in Ungheria, per evitare che subisca trattamenti disumani e degradanti come quelli inflitti a Ilaria Salis; questa è un'altra dimostrazione dell'atteggiamento fascista del nostro governo. L'Ungheria è chiaramente uno Stato che non rispetta i minimi standard di civiltà per restare nell'Unione Europea. Tuttavia, è oggi un solido alleato della nostra maggioranza, soprattutto in vista delle elezioni imminenti. Ed è proprio qui il cuore del problema.
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