sabato 4 agosto 2018

Ilva - lunedì nuovo Tavolo al Mise tra ArcelorMittal e OO.SS. - Ma partiamo dalle questioni di fondo per gli operai

(Dalla stampa) - Il ministero dello Sviluppo economico ha convocato il tavolo Ilva sull’occupazione lunedì per le ore 13. All’incontro, che sarà presieduto dal ministro Luigi Di Maio, saranno presenti ArcelorMittal e i sindacati. Il nuovo faccia a faccia potrebbe risultare decisivo anche alla luce dei tempi stretti per la vicenda in considerazione della situazione economica dell'Ilva in amministrazione straordinaria e dei dubbi sollevati sulle modalità della gara per l'assegnazione del Siderurgico.


Gli operai, più coscienti devono avere chiara la situazione e le questioni di fondo. 
Per questo riportiamo un testo già pubblicato settimane fa.


Il governo Di Maio-Salvini, la Mittal, i commissari Ilva stanno precipitando l’Ilva in una nuova fase acuta della crisi che mette ulteriormente in discussione i posti di lavoro, salari, diritti degli operai, il piano di trasformazione dell’Ilva e il piano di bonifica interno e ristrutturazione impianto e il risanamento ambientale dei quartieri popolari aggrediti dall’inquinamento.
In questi ultimi mesi l’unica cosa è l’avvio della copertura dei parchi minerali, di cui e la disponibilità della Mittal ad accelerare i tempi di bonifica dell’Ilva; ma quasi niente sul fronte di un’ampia ambientalizzazione della fabbrica con nuove tecnologie, nuovi impianti e massimo irrigidimento delle misure a tutela della sicurezza in fabbrica; nessuna cancellazione dei decreti che pongono l’impunità dei padroni.

A questo piano vi è stata finora solo una chiara risposta alternativa, quella proposta dallo Slai cobas fondata non solo su esuberi zero, salvaguardia dei salari e di tutti i diritti per i lavoratori, ma anche utilizzo pieno degli operai dipendenti, tutti assunti Mittal, per tutti i lavori di bonifica interna, primato della sicurezza, con una postazione ispettiva Asl/Ispettorato del lavoro permanente in fabbrica, salvaguardia dei lavoratori dell’appalto che devono avere condizioni di salario e sicurezza paritari a quelli degli operai Ilva e la conservazione del posto di lavoro attraverso un meccanismo che consenta il travaso degli operai da una ditta dell’appalto all’altra; l’applicazione di un nuovo contratto siderurgico più adeguato alle condizioni effettive di lavoro degli operai Ilva e un massiccio prepensionamento – 25 anni bastano – che avesse la funzione di salvaguardare soprattutto la salute e
risarcire gli operai prime vittime delle morti da lavoro, inquinamento; un nuovo utilizzo dei benefici pensionistici amianto. Una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.
Avevamo chiesto fin dall’inizio; noi e solo noi, che tutto questo andasse in quello che abbiamo chiamato “decreto operaio”, unica forma per vincolare qualsiasi governo, qualsiasi padrone che acquisisse l’Ilva, qualsiasi trattativa sindacale.

Questo “decreto operaio” poteva essere solo frutto di una lotta dura, prolungata e generale, che lo imponesse a qualsiasi governo, a qualsiasi ministro. Su questo non solo i sindacati in fabbrica non ci hanno seguito, ma non è emersa neanche tra le fila operaie una giusta ribellione e autorganizzazione.
I sindacati confederali ora divisi ora uniti partecipano ad un’eterna trattativa; la Fim/Cisl di Bentivogli si è legata mani e piedi al governo con l’asse Calenda/Bentivogli; la Uilm, sindacato maggioritario, non ha fatto assolutamente nulla per cambiare lo stato delle cose, anzi è stata decisiva per mantenere la fabbrica in stand-by, in stretta alleanza coi commissari; la Fiom dai tempi di Landini è sostanzialmente un sindacato inutile con un piede in due staffe; l’Usb ha nascosto dietro gli strilli sulla “nazionalizzazione” una ricerca ossessiva di partecipazioni ai Tavoli, per fare esattamente quello che fanno gli altri, ogni tanto si è alzata dal tavolo, scontrandosi in particolare con Calenda, ma per legarsi mani e piedi ad Emiliano che ha usato la vicenda Ilva nel quadro della lotta all’interno del PD nella vicenda nazionale.
Tutti ritengono che il soggetto principale sia il giverno, invece che la lotta seria dei lavoratori.
All’esterno della fabbrica l’ala ambientalista ha avuto una sola posizione, la chiusura della fabbrica, l’attacco agli operai, posizioni che nel contesto attuale non potevano che servire i piani di divisione di padroni e governo e l’accerchiamento degli operai. Il braccio degli ambientalisti nella fabbrica sono stati i ‘Liberi e pensanti’ che nulla hanno fatto né in fabbrica né fuori per difendere realmente la condizione operaia e per lavorare all’unità tra operai e masse popolari; questi sono stati il “cavallo di troia” per la penetrazione nella fabbrica di un movimento estraneo ai lavoratori, alla loro lotta, il M5S che ha usato il “doppio linguaggio”, tipo degli ingannapopolo, di dire di volere la chiusura, mentre a Roma si alleava con il partito legato a Riva e agli industriali dell’acciaio del nord.
In questo stato delle cose tutti hanno lavorato in quella che abbiamo chiamato “la tempesta perfetta”, ognuno per suo conto per arrivare allo stesso risultato.

Con la formazione del nuovo governo i nodi sono tornati al pettine. Di Maio ha preso in mano la questione aprendola al demagogo reazionario, Emiliano, con la cosiddetta “verifica della gara d’appalto”, per buttarla chiaramente in caciara.
Ma anche su questo le cose non stanno come dice Di Maio. Le osservazione dell’Autorità Anac non cambiano la sostanza del problema. La cordata AcciaItalia ha accettato tutto di questa procedura, non ha mai fatto alcun ricorso, né ha fatto alcuna obiezione; lo slittamento dell’asta è stato concordato tra AmInvestco, AcciaItalia e governo; lo slittamento delle scadenze intermedie non ha avuto alcuna influenza nella gara d’appalto. Mentre è totalmente falso che le condizioni poste da AcciaItalia fossero migliori di quelle di ArcelorMittal, in materia di esuberi, diritti e salari dei lavoratori, soldi per il piano ambientale; della cordata AcciaItalia faceva parte Arvedi che è l’industriale immediatamente dopo Riva distruttore di salute, ecc.
Quindi, Di Maio inganna e ciurla nel manico.

Sanno bene lor signori che l’annullamento della gara ha solo un’alternativa, No una nuova gara che avverrebbe in condizioni ancora più disperate, data la crisi del mercato e degli impianti, ma la nazionalizzazione. Ma tutti questi mesi hanno già dimostrato ampiamente che l’azienda nerlle mani dello Stato e del governo è andata peggio su tutti i terreni rispetto allo stesso periodo di Riva. Nell’attuale situazione l’azienda nazionalizzata, per stare nel mercato mondiale, nella fase di protezionismo e guerra commerciale scatenata da Trump, dovrebbe anch’essa stare alle leggi di questo mercato, di questa guerra: più lavoro, più sfruttamento, meno operai, taglio dei salari, taglio della sicurezza e una quantità di denaro dello Stato – che poi sono i lavoratori e i cittadini che pagano – che nessun governo nello Stato capitalista è in grado di mettere in campo per il risanamento.

Il problema, quindi, torna alla casella iniziale. La “soluzione” è sempre quella dell’inizio: lotta generale ad oltranza, autorganizzazione, piattaforma operaia, decreto operaio.
Se l’Ilva – come dicono tutti – è così importante, la classe operaia può imporre il suo programma!

Nessun commento:

Posta un commento