giovedì 28 aprile 2022

Mittal sotto processo per la morte dell'operaio Cosimo Massaro, ucciso dalla gru, ucciso dalla logica del profitto dei padroni sulla vita degli operai

Il 10 luglio 2019 il gruista per la vita presso il IV sporgente
 

- Corriere di Taranto

pubblicato il 27 Aprile 2022

Sarà un processo a stabilire le eventualità responsabilità sulla morte del gruista Cosimo Massaro, di 40 anni, che perse la vita a causa di un incidente sul lavoro il 10 luglio 2019 presso il IV sporgente del porto di Taranto, in concessione all’ex Ilva oggi Acciaierie d’Italia.

Il gup del tribunale di Taranto Rita Romano ha infatti rinviato a giudizio sette persone, tra dirigenti, ex dirigenti e capi area dello stabilimento siderurgico con le accuse di cooperazione in omicidio colposo e omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, oltre alla società ArcelorMittal, imputata ai sensi della legge 231 del 2000 che disciplina la responsabilità amministrativa delle imprese.

Gli imputati sono Stefan Michel Van Campe, all’epoca gestore per ArcelorMittal Italia dello stabilimento tarantino, Vincenzo De Gioia capo divisione ‘Sbarco materie prime parchi primari e rifornimenti’, il capo area Carmelo Lucca, il capo reparto Giuseppe Dinoi, Andrea Dinoi capo del reparto di manutenzione elettrica, Mauro Guitto, capo reparto manutenzione meccanica e Teodoro Zezza, capo del turno precedente rispetto a quello durante il quale avvenne l’incidente mortale. Archiviata invece la posizione di Domenico Blandamura, capoturno di esercizio del IV sporgente, e Stefano Perrone, membro della squadra di esercizio del IV sporgente.

Le indagini, svolte dai tecnici dello Spesal, dalla capitaneria di Porto e dai poliziotti della sezione di polizia giudiziaria della procura di Taranto, alla chiusura delle indagini nel gennaio dello scorso anno, sostennero la tesi secondo la quale gli indagati avrebbero consentito l’utilizzo della gru (la tristemente famosa DM 5 situata sul IV sporgente, la stessa sulla quale trovò la morte nel novembre 2012 un altro gruista, Francesco Zaccaria) nonostante non fosse sicura per gli operai, “perché in esercizio da oltre trenta anni in pessimo stato di conservazione“. Anche le altre gru, la DM 6 e la DM 8, che scarrellarono sui binari finendo per colpire la DM 5 che precipitò in mare (trascinando con sé il povero Massaro che aveva cercato invano rifugio nella sala argani della gru), hanno mostrato condizioni precarie. Per loro fortuna, i due operai che erano nella cabina di manovra delle altre due gru, si salvaronoperché riuscirono a scendere in tempo lanciandosi sulla banchina.

L’indagine appurò ciò che riportammo in diversi articoli nei giorni della tragedia: l’incidente avvenne non per la pur violentissima raffica di vento che si abbattè sulle gru ad oltre 100 km/h, ma perché le “tenaglie antiuragano” delle gru dove operavano i tre gruisti non funzionarono a dovere: i dispositivi che avrebbero dovuto inchiodare ai binari le gru che secondo l’indagine “non erano installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni di uso, comportando con ciò persino l’impossibilità di verificare lo stato di usura degli stessi, e consentendo la prosecuzione delle lavorazioni in quota malgrado le avverse condizioni meteo che esponevano il personale a inaccettabile rischio che non veniva minimamente valutato”.

L’indagine contestò inoltre l’assenza di un documento contenente “la valutazione del rischio connesso ad avverse condizioni meteo in grado di stabilire come operare in sicurezza in caso di pericolo ed emergenza“. Venendo a mancare tutto ciò, secondo il pm la società avrebbe “ottenuto un ingiusto profitto derivante dal risparmio sui costi della sicurezza“.

I pubblici ministeri Raffaele Graziano e Filomena Di Tursi hanno ottenuto il processo confermando infatti che “tutti gli imputati, ciascuno nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze consentivano l’utilizzo, su un complesso di vie di corsa versanti in pessimo stato di manutenzione, di apparecchiature di sollevamento non idonee all’uso da parte dei prestatori di lavoro, omettendo di procedere al ripristino dell’efficienza delle stesse; la gru risultava in esercizio da oltre trent’anni in pessimo stato di conservazione, consentendo la prosecuzione delle lavorazioni in quota malgrado le avverse condizioni meteo che esponevano il personale a inaccettabile rischio che non veniva minimamente valutato”.

Soltanto domani il collegio difensivo (composto dagli avvocati Francesco Paolo Sisto per Van Campe, Elisa Surbone e Angelo Loizzi per De Gioia, Egidio Albanese per per Lucca, Franz Pesare e Armando Pasanisi per Giuseppe Dinoi, Francesco Nevoli e Roberto Eustachio Sisto per Andrea Dinoi, Amoruso Maria Cristina e Enzo Sapia per Guitto, Antonio Liagi per Zezza e Guido Carlo Alleva per l’azienda) conoscerà la data di inizio del processo, a causa di alcuni problemi di connettività del sistema informatico della cancelleria del tribunale.

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