Ex Ilva, lo Slai Cobas: “Serve un maggio di lotta”
La proposta del sindacato di classe dopo l'avvio della procedura di cassa integrazione straordinaria.
Ora è il tempo innanzitutto di dare potere alle assemblee dei
lavoratori che vanno fatte non reparto per reparto, ma generali in
Acciaierie Italia e nell’appalto. E’ questa la nostra proposta da
realizzare in questo mese – per fare di maggio un mese di lotta
prolungata unitaria in fabbrica in città e solo dopo se necessario a
Roma” concludono dallo SLAI COBAS per il sindacato di classe.
“I complessivi 3000 lavoratori che dal 28 marzo l’azienda ha posto unilateralmente in cassa integrazione al di là delle promesse aziendali tutti sanno che non saranno solo per 12 mesi, ma almeno fino al 2025 (data attualmente indicata per la ristrutturazione dell’azienda); ma soprattutto questi 3000 o poco meno – sono di fatto i numeri di operai di cui Acciaierie d’Italia vuole liberarsi sopratutto a Taranto“: così in una nota lo SLAI COBAS per il sindacato di classe commenta l’attuale situazione del siderurgico di Taranto.
“Attualmentei livelli produttivi a Taranto sono tarati per 4 milioni di tonnellate, poi c’è stato il via libera del governo ad aumentare la produzione per far fronte alla carenza di acciaio, con la rimessa in funzione dell’Afo4, per andare verso i 6 milioni di tonnellate; questo aumento di produzione avrebbe dovuto portare a un rientro dei 1700 operai già in Cigs, invece si mettono in cigs ulteriori 2500 operai a Taranto, e nelle parole della Morselli alla trattativa romana di lunedì 28, un ipotetico rientro viene nuovamente rinviato legandolo alla prospettiva di produzione di 8 milioni di tonnellate, con l’entrata in funzione del forno elettrico tutto lì da venire” si legge nella nota.
“Questo significa chiaramente che buona parte dei lavoratori cassintegrati ora diventeranno esuberi. Significa più produzione con meno operai, con più sfruttamento nello stabilimento e nell’appalto, ma anche naturalmene più rischio per la salute e la vita in fabbrica, dato che mentre i piani di aumento della produzione ci sono, i piani di messa in sicurezza, anche di manutenzione degli impianti e incidenti e infortuni sono sempre all’ordine del giorno. Così come sono evidenti gli effetti del conseguente peggioramento delle condizioni ambientali da inquinamento in città. E per il piano di decarbonizzazione la Morselli ultimamente ha parlato di 10 anni!” sostengono dal sindacato di classe.
“I sindacati confederali hanno detto per ora no, ma nella trattativa questi no si possono trasformare in ni e poi in un nuovo accordo – secondo un teatrino già visto in occasione dell’accordo del 2018. Questo si comincia già ad intravedere: contro la cassa integrazione unilaterale hanno scioperato solo USB/UILM sciopero riuscito, la FIM che mantiene una linea di piena collaborazione e la Fiom data la minor penalizzazione di Genova ha parole critiche ma pratica fumosa e ambigua. Per questo ora è tempo della lotta e non della richiesta di un ennesimo incontro al MISE” prosegue il comunicato.
Lo Slai cobas per il sindacato di classe “ha da tempo denunciato che il piano di nuova cassintegrazione straordinaria anticamera di nuovi esuberi e ha criticato la posizione dei sindacati che avevano accettato fino al 12/13 dicembre tutte le richieste di cassintegrazione dell’azienda, anche quelle ampie nei numeri e non giustificate realmente ma solo dettate dalla pervicace intenzione dell’azienda di scaricare ogni cosa sui lavoratori in una cig permanente che ha tagliato i salari e aumentato lo sfruttamento e la mancanza di sicurezza di chi lavorava. Così come nulla è stato fatto per far rientrare i 1700 lavoratori già in Cigs straordinaria e ora l’azienda usa perfino il fatto che è cambiato il nome dell’azienda per dire che non è vincolata dall’accordo del 2018. E’ inutile dire che questa situazione diventa ancora più grave nelle aziende dell’appalto, dove si trasforma già da ora in licenziamenti e minacce di non pagamento dei salari, precarietà, giungla dei contratti, aggravamento delle condizioni di sicurezza”.
“Si mostra chiaro come l’entrata dello Stato, con Acciaierie d’Italia, è servita finora solo a dare soldi al grande padrone mondiale Mittal, e a non risolvere nessun problema dei lavoratori (e delle masse popolari di Taranto), anzi è servito a far accelerare i piani di esuberi, di peggioramento delle condizioni di lavoro, di peggioramenti del salario, dei diritti. I lavoratori devono comprendere che questo è anche la dimostrazione che in fabbrica, al di là delle buoni intenzioni di delegati e pezzi del sindacato confederale e USB – manca una linea e una organizzazione sindacale classista e combattiva che possa cambiare realmente le cose. Ora è il tempo innanzitutto di dare potere alle assemblee dei lavoratori che vanno fatte non reparto per reparto, ma generali in Acciaierie Italia e nell’appalto. E’ questa la nostra proposta da realizzare in questo mese – per fare di maggio un mese di lotta prolungata unitaria in fabbrica in città e solo dopo se necessario a Roma” concludono dallo SLAI COBAS per il sindacato di classe.
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