mercoledì 23 novembre 2022

Anche all'ex Ilva di Novi Ligure la situazione degli operai è grave come a Taranto

Dalla stampa

La crisi dell’acciaio, all’ex Ilva di Novi Ligure produzione ai minimi storici

All’ex Ilva ieri 21 novembre i dipendenti hanno scioperato per 4 ore. A rilento l’arrivo dei coils e continua la cassa integrazione

...Cresce il clima d’incertezza e l’aria che si respira all’interno dello stabilimento di strada Boscomarengo non è delle migliori, come rimarca il rappresentante delle Rsu, Moreno Vacchina della Fim Cisl.

«Questa astensione dal lavoro è stata molto sofferta – spiega – in quanto gli operai provengono da un lungo periodo di cassa integrazione che già si dimostra pesantissimo sul bugdet familiare. Quanto alla produzione, siamo al minimo storico. E ciò si riflette sul dato nazionale che oggi indica un trend al di sotto dei 3 milioni di tonnellate d’acciaio, a fronte degli 8 milioni dei tempi migliori. Novi può contare fino a un certo punto sui 620 dipendenti perché ogni settimana, come Rsu, ci incontriamo con la direzione per avere i numeri di coloro che, a rotazione, sono sottoposti all’ammortizzatore in base alle produzioni specifiche».

Oltre ai cicli di produzione dei reparti che vanno a rilento, anche gli arrivi dei coils (cioè la materia prima) viaggiano a singhiozzo. Neanche la direzione sarebbe informata nei dettagli sulla quantità di prodotto da trattare di settimana in settimana.

«E dobbiamo fare i conti, come ho premesso, con la forza lavoro presente in stabilimento – prosegue Vacchina -. Dei 620 dipendenti, circa 150 giornalieri sono in cassa integrazione. Quindi potremmo stimarne un centinaio circa posto in ferie, oltre a quelli in malattia, i beneficiari della legge 104 e le altre assenze che, per fortuna, sono minime. Arriviamo quindi ad avere un massimo 350 dipendenti operativi al giorno, la metà dello stabilimento che peraltro lamenta da tempo di essere sotto organico».

Questa forza lavoro fa fronte alle richieste del mercato che si sono ridotte drasticamente negli ultimi anni. Oggi l’ex Ilva rifornisce l’industria dell’auto, quella del freddo (frigoriferi e congelatori), l’industria degli elettrodomestici e le aziende preposte alla fabbricazione di fusti per oli. Il calo di produzione è sensibile e il prezzo dell’acciaio è sceso. Inoltre non ci sono più molti clienti storici, in quanto il socio di maggioranza franco-indiano, ArcelorMittal, gradualmente aveva pensato strategicamente di dirottarli in altre zone d’Europa, contribuendo ad impoverire la produzione italiana. Resta però accesa la speranza che le redini possano essere presto prese dal governo.

«La materia prima arriva solo dall’impianto di Taranto - prosegue Moreno Vacchina - dove c’è stata una grossa manifestazione e dove sono racchiuse in sintesi, le difficoltà del momento. Vogliamo precisare, sempre come Rsu, che allo sciopero hanno aderito anche i lavoratori dell’indotto: servizi, edili e trasporti. Inoltre sappiamo che anche ditte novesi stanno seguendo la stessa sorte di Taranto dove non sono stati prorogati 145 contratti ad aziende esterne. Senza contare che tutti gli stabilimenti hanno difficoltà persino per l’arrivo di pezzi di ricambio. Se si dovesse fermare l’altoforno principale di Taranto, sarebbe una tragedia»

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