Riportiamo ampi stralci dell'articolo di Gianmaria Leone apparso oggi su TarantoOggi sul rapporto dell'ARPA Puglia presentato alla Procura circa lo stato di attuazione dell'AIA da parte dell'Ilva; e poi, e solo in conseguenza di questo esposto, anche le segnalazioni che la stessa Ispra (Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale) fa sulla violazione dei limiti emissivi previsti dalla nuova Autorizzazione
integrata ambientale.
Ciò che emerge chiaro è da un lato che l'Ilva sta facendo "i comodi suoi", continuando nelle emissioni inquinanti e nelle violazioni, attuando le prescrizioni a propria ampia discrezione e secondo tempi che modificano anche quelli già enormemente lunghi dell'Aia.
Ma, dall'altro, ciò che più gravemente emerge è che tutto questo sta avvenendo con il beneplacido del Ministro Clini il quale, come prima ha introdotto in corso d'opera modifiche fuori legge per difendere la produzione e i profitti di Riva (vedi questione della commercializzazione dei prodotti sequestrati), oggi interviene a difesa dell'azienda sostenendo che la normativa dell'Aia su richiesta dell'impresa può essere modificata.
Ma come? L'Aia si blinda con il decreto - e quindi diviene intoccabile perchè l'Ilva è "sito di interesse nazionale" - contro chiunque voglia modificare in meglio le prescrizioni a tutela della salute dei lavoratori e cittadini, mentre può essere modificata in peggio se lo fa Ferrante/Riva? Raggiungendo, tra l'altro, su questo anche il ridicolo, lì dove Clini porta ad esempio e a giustificazione della legittimità di modificare i tempi: "la presenza di circostanze che si sono determinate dopo il rilascio dell'Aia, per esempio la lunghezza dei nastri (circa 90 Km) che richiede tempo per completare la copertura"; ma perchè i nastri si sono allungati nel frattempo?
Infine, che ci stanno a fare i garanti (ben pagati con i soldi pubblici dei contribuenti) che dovrebbero vigilare sul rispetto nel merito e nei tempi dell'attuazione delle prescrizioni dell'Aia? Sono, in realtà, dei garanti per l'azienda!
Noi, insieme a tanti operai, come di alcuni sinceri ambientalisti, avevamo subito denunciato il governo Monti e il Ministro Clini di aver fatto un decreto salva-Riva. Ma sinceramente quello che sta accadendo va anche oltre! E negli ultimi sprazzi di vita del governo, assisteremo quasi sicuramente ad altri interventi di Clini per "stendere ancora tappeti" a padron Riva, tirando da tutte le parti le leggi a difesa degli interessi e profitto capitalista e contro la messa a norma della fabbrica e la salute dei lavoratori e dei cittadini.
Di fronte a questo "sistema a delinquere" nessuno onestamente può pensare che bastino denunce, lettere a Clini, ma occorre una rivolta in fabbrica e in città che veda uniti lavoratori e masse popolari. Quando si capirà e si lavorerà per attuarla, potremo non dover scrivere più questi articoli.
Calderita
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"TARANTO – La notizia del rapporto dell’ARPA Puglia
che la Procura di Taranto ha presentato durante l’udienza al tribunale
del Riesame di martedì, nel quale l’ente regionale per la protezione
ambientale afferma che “la situazione ambientale dello
stabilimento non registra segni di miglioramento e la direzione non
rispetta le prescrizioni AIA” e che “a parere
dell’Agenzia, i differimenti temporali dell’attuazione delle
prescrizioni non fanno altro che incrementare il danno ambientale”,
non ci ha colti di sorpresa. Non fosse altro perché proprio in questi
giorni, pur essendo all’oscuro del documento che la direzione generale
dell’ARPA aveva preparato per la Procura, avevamo in più occasioni
sottolineato il ritardo dell’Ilva nell’attuare diverse prescrizioni
presenti nell’AIA rilasciata all’azienda lo scorso 26 novembre.
Ma quello che è accaduto ieri, ribalta nuovamente una situazione che
sta assumendo i contorni di un paradosso senza precedenti. Che va ancora
una volta a scapito dell’ambiente e della salute dei cittadini e degli
operai di Taranto. Nella tarda mattina di ieri infatti, sul sito del
ministero dell’Ambiente, è apparsa una nota in cui da via Cristoforo
Colombo fanno sapere che dopo aver letto l’ultimo rapporto trimestrale
redatto dai tecnici ISPRA sulla attuazione delle prescrizioni stabilite
dall’AIA, “risulta che l’azienda sta dando attuazione a quanto stabilito”.
Una risposta ufficiale del ministero che quindi prova a smentire,
tramite l’ISPRA (l’Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale), quanto
sostenuto da ARPA Puglia nel suo documento.
Ma cosa vi è scritto in quel documento a firma del direttore generale
Giorgio Assennato, del direttore scientifico Massimo Blonda e dal
funzionario Simona Sasso, pieno di diversi omissis? Innanzitutto, come
denunciato in più occasioni su queste colonne, l’ARPA punta il dito
sulle prescrizioni relative alla chiusura “nastri e cadute”, il cui
“completamento è stato posticipato dal 27/01/2013 al 27/10/2015: ovvero
si è passati dai tre mesi prescritti ai tre anni comunicati da Ilva”. In
secondo luogo, si cita la prescrizione in merito alla “chiusura edifici
area di gestione materiali polverulenti”, il cui completamento era
previsto “da subito” ed invece “è stato differito a giugno 2014”; così
come la chiusura degli “edifici con conseguente captazione e
convogliamento dell’aria degli ambienti confinanti” il cui completamento
è stato “posticipato dal 27/04/2013 al 30/06/2014”.
Inoltre l’ARPA denuncia come la prescrizione numero 5, quella
riguardante “le emissioni di polveri derivanti dalla movimentazione di
materiali che siano trasportati via mare, si prescrive l’adeguamento con
l’utilizzo di sistemi di scarico automatico o scaricatori continui
coperti” che l’Ilva dichiara di aver attuato, si rileva “non essere
stata ottemperata come dimostrato dai recenti eventi polverulenti
verificatisi a causa delle movimentazioni effettuate al V sporgente”,
senza che “tra l’altro Ilva sia in possesso della necessaria
autorizzazione”. Ecco perché l’ARPA sostiene che “i differimenti temporali dell’attuazione delle prescrizioni non fanno altro che incrementare il danno ambientale”.
Inoltre, durante le “attività di carico e scarico delle materie prima
dai parchi minerari agli impianti produttivi, vengono disperse ingenti
quantità di materiale polverulento”: l’ente regionale sostiene infatti
che le “benne di sollevamento prelevano circa 20 tonnellate di materie
prime alla volta, di cui il 5-10% viene dispersa già in fase di carico, a
cui vanno ad aggiungersi gli elevati livelli di emissioni diffuse
generatesi lungo il viaggio sui nastri trasportatori. Un fenomeno
inquinante questo, non meno invasivo degli sversamenti accidentali a
mare registratisi nell’ultimo periodo durante le operazioni di scarico
agli sporgenti dell’area portuale in suo ad Ilva”.
Anche l’ARPA quindi si chiede il perché Ilva abbia posticipato così a
lungo nel tempo il termine ultimo per rispettare tale prescrizione “in
quanto le difficoltà non sono ascrivibili a natura tecnica”. L’ARPA
infatti sottolinea come “Ilva stessa dichiara che la chiusura dei nastri
deve essere rivista al fine di evitare che il fermo dei nastri possa
provocare l’interruzione dell’alimentazione delle materie prime agli
impianti produttivi. Anche questa considerazione è alquanto
contraddittoria, perché il decreto di riesame dell’AIA prevede da subito
la fermata delle batterie 3,4,5 e 6 e, pertanto, i suddetti motivi
ostativi non trovano riscontro”. E qui, arriva l’osservazione che più
dovrebbe aprire gli occhi ad istituzioni, sindacati ed operai:
“A meno che i nastri trasportatori non siano funzionali a più settori
produttivi, ed allora si dovrebbe dedurre che gli interventi non
potranno mai essere effettuati”. Punto.
Ma come risponde a tutto questo il ministero dell’Ambiente? Leggiamo
insieme: “Nel merito del rispetto della tempistica, si ricorda che la
normativa in materia di Autorizzazione Integrata Ambientale, richiamata
dalla legge 231 del 2012, prevede che l’impresa possa richiedere
modifiche non sostanziali alla tempistica degli interventi prescritti
sulla base di motivazioni tecniche ed economiche”. Modifiche non
sostanziali alla tempistica prescritta? E se non lo è uno spostamento di
oltre due anni e mezzo, cosa potrà mai essere considerato come modifica
sostanziale alla tempistica prescritta? E quali sarebbero le
motivazioni tecniche ed economiche presentate dall’azienda, visto che
l’ARPA ha messo nero su bianco nella relazione consegnata alla Procura,
che suddette motivazioni non sono state addotte dalla stessa azienda?
Eppure, il ministero dell’Ambiente sostiene qualcosa di completamente
diverso: “ILVA ha presentato il 17 febbraio scorso una richiesta di
variazione della tempistica della copertura dei nastri, chiarendo le
motivazioni tecniche ed economiche anche in relazione alle circostanze
che si sono determinate dopo il rilascio dell’AIA il 26 ottobre 2012.
Nel merito va rilevato che la lunghezza dei nastri (circa 90 km per
limitarci ai principali) richiede tempo per completare la copertura, che
peraltro è iniziata ed in linea con la tempistica prevista per il primo
trimestre. La richiesta di Ilva non modifica i tempi per la conclusione
degli interventi (36 mesi) ma ne prevede la rimodulazione.Pertanto
sulla base di quanto previsto dall’Autorizzazione Integrata Ambientale
rilasciata il 26 ottobre 2012 e delle successive integrazioni in
applicazione delle norme in vigore, al momento non risultano
inadempienze da parte dell’azienda..."
Gianmario Leone (TarantoOggi, 15.03.2013)
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Ispezioni dell'Ispra - "Emissioni fuori legge dall’Ilva, in particolare
dalle cokerie. A segnarlo, per ora solo al ministero dell’Ambiente in
attesa di inviare una circostanziata relazione alle autorità competenti,
è l’Ispra a seguito della tre giorni di ispezione (dal 5 al 7 marzo)
compiuta nell’Ilva per verificare lo stato di attuazione degli
interventi strutturali e gestionali previsiti dalla nuova Aia. Gli
ispettori dell’Ispra, in particolare, avrebbero accertato alcune
violazioni dei limiti emissivi prescritti dalla nuova Autorizzazione
integrata ambientale. I funzionari dell’Isti - tuto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale fanno riferimento al «rispetto della
durata delle emissioni visibili durante il carimento della miscela nelle
batterie 3-4-5-6-9-10 della cokeria perché i tempi sono quasi sempre
superiori ai 30 secondo previsti».
Inoltre, non vengono
rispettate «le prestazioni emissive per il parametro polveri nel reparto
cokefazione con il superamento del limite di 20 microgrammi di
concentrazione di polveri per le batterie 9-10 della cokeria, con
particolare accentuazione al superamento nella giornata di wind days
verificatosi il 3 marzo. Per le batterie 3-4-5-6 ora ferme, sono stati
inoltre verificati il superamento dei limiti emissivi prima della
chiusura».
I tecnici dell’Ispra censurano, inoltre, «l’emissione
di particolato con il flusso di vapore acqueo in uscita dalle torri di
spegnimento 1 e 2, asservite alle batterie 3-4 e 5-6 della cokeria non
più in esercizio, emissione superiore ai limiti prima della fermata
delle batterie; superamenti sono stati registrati anche per la torre di
spegnimento 7 asservita alle batterie 11-12, attualmente in funzione,
esaminando i monitoraggi mensili delle emissioni diffuse di polveri».
L’Ilva, insomma, continua ad inquinare, visto che dopo la comunicazione
di notizia di reato fatta dall’Arpa alla Procura della repubblica a metà
febbraio e ancora coperta da diversi omissis, ora anche l’Ispra segnala
la violazione dei limiti emissivi previsti dalla nuova Autorizzazione
integrata ambientale..."
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