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Il caso ILVA
La madre delle battaglie
Taranto
crocevia nazionale, la vertenza Ilva madre di tutte le battaglie. La “Rete
nazionale e di organismi sindacali, studenteschi e popolari” sbarca nuovamente
tra i due mari dopo la famosa manifestazione del 2009. Allora, lo spartiacque
segnato dalla magistratura non era ancora solcato.
Ieri
una cinquantina di rappresentanti provenienti da tutta Italia hanno fatto tappa
nel capoluogo ionico, divenuto “simbolo delle prevaricazioni”, “per esprimere la
loro protesta e la denuncia nazionale contro le responsabilità di padron Riva e
Stato per le morti sul lavoro e da inquinamento”.
Da
Torino a Bari, da Marghera a Palermo. Tante realtà si sono armate di megafono e
striscioni per solidarizzare con gli operai. “Dall’Ilva alla città, Padron Riva
non Passerà” su un lenzuolo bianco. “La libertà non è uno spazio libero, libertà
è partecipazione” su un altro striscione. Un operaio non gradisce la protesta ma
la tensione si smorza subito.
«Far
passare determinati messaggi non è facile, qui a Taranto si sono compiuti passi
avanti dall’estate scorsa – spiega Enzo Diano, della Rete nazionale nodo Ravenna
– la lotta che si sta conducendo non è contro il lavoro ma in opposizione a
profitto e criminali. Per fronteggiare le morti occorre nazionalizzare questa
battaglia».
Una
battaglia che ieri ha toccato diversi luoghi. Il corteo si è radunato di fronte
alla direzione Ilva per poi recarsi davanti alle portinerie A e D. A metà
pomeriggio, le delegazioni si sono trasferite al cimitero San Brunone per
incontrare i lavoratori cimiteriali in lotta contro l’inquinamento. Infine, alle
17.30, l’assemblea conclusiva al centro polivalente Giovanni Paolo II nel
quartiere Tamburi con operai, cittadini e associazioni.
«In
questo momento, Taranto rappresenta tutte le vertenze – racconta Rosario
Sciortino, rappresentante del coordinamento Slai Cobas Palermo – ce ne sono
diverse in tutta Italia ma i piccoli risultati non vengono a galla. Serve perciò
unità e collaborazione. Noi abbiamo deciso di organizzare questa marcia di
venerdì pur sapendo che nei giorni feriali si raggiungono altri numeri. Il
nostro intento, però, è quello di incontrare fisicamente gli operai, parlare,
discutere, far comprendere che non sono soli».
Si
riducono le distanze, i chilometri. Contesti differenti e situazioni altrettanto
diverse ma tra Palermo e Taranto sembrano esserci dei punti di
contatto.
«Per
anni siamo stati in strada di fronte agli stabilimenti di Termini Imerese –
prosegue Sciortino – abbiamo provato a dettagliare su cosa stava succedendo.
Quella fabbrica è chiusa per la poca lungimiranza dei confederali e perché non
tutti gli operai hanno avuto la percezione di ciò che accadeva. Venivano in
gruppi di dieci e provavamo a dire che la valanga di ammortizzatori sociali può
stordire. Sono due storie diverse, padroni e contesti non paragonabili ma conta
la coscienza degli operai. Non vogliamo che i lavoratori dell’Ilva facciano la
stessa fine: bisogna ritrovare una propria identità per vincere questa battaglia
di vita e lavoro».
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