Ilva, l'ultimo dubbio degli inquirenti
"Errore dietro la morte dell'operaio"
Una procedura anomala dietro il drammatico incidente sul lavoro nelle cokerie che è costato la vita all’operaio dell’Ilva Ciro Moccia. È questo il principale dubbio che accompagna l’inchiesta avviata dalla procura di Taranto sulla tragedia avvenuta poco prima dell’alba di giovedì scorso sulla batteria numero nove del reparto dell’area a caldo, quella finita sotto sequestro nell’ambito dell’inchiesta per disastro ambientale. Quella notte l'operaio è precipitato da un’altezza di circa dieci metri, dopo che ha ceduto una lamiera utilizzata per coprire l’impianto.
Quel volo drammatico non gli ha dato scampo. Alla morte, fortunatamente, è invece scampato Antonio Liddi, dipendente della “Emmerre”, l’impresa che sta effettuando i lavori di risanamento dell’impianto. Anche lui è piombato giù dall’impianto, ma la sua caduta è stata attutita da alcuni pannelli. Se l’è cavata con fratture su tutto il corpo ed una prognosi di quaranta giorni. Quei lamierini però erano stati posizionati come tetto provvisorio per evitare che nell’impianto cadessero i detriti della lavorazione, ma non era previsto
che servissero al passaggio dei lavoratori.
La batteria da tempo è in stand by per i lavori di rifacimento dettati dall’autorizzazione integrata ambientale. Per questo l’impianto è stato consegnato alla “Emmerre”, che ha aperto il cantiere nel cuore della grande fabbrica. Su quella batteria, però, il giorno della tragedia è salito Ciro Moccia, operaio della squadra di manutenzione delle cokerie. Il dipendente dell’Ilva si è arrampicato ad una decina di metri per riparare un problema al binario della macchina che carica il coke. Secondo procedura, gli uomini Ilva, prima di inviare Moccia sulla testa dell’impianto, si sarebbero dovuti rapportare a quelli della ditta responsabile del cantiere.
Ora i magistrati, che hanno aperto un fascicolo per omicidio colposo e lesioni personali, vogliono accertare se questa procedura sia stata seguita. Per questo hanno calendarizzato una serie di interrogatori. Tra i testimoni da ascoltare c’è anche Antonio Liddi, il lavoratore che attualmente è ancora ricoverato in ospedale. La sua deposizione sarà fondamentale per chiarire la dinamica dell’incidente che è costato la vita a Ciro Moccia. Così come determinante risulterà l’accertamento tecnico commissionato dalla procura al perito Giordano Bruno.
Le operazioni peritali sono già scattate venerdì scorso con un sopralluogo, durato quasi nove ore, sull’impianto teatro della tragedia. Proprio il difensore della “Emmerre”, l’avvocato Pasquale Annichiarico e il suo consulente di parte, l’ingegnere Luca Tagliente, hanno fatto rilevare una serie di anomalie procedurali. E il legale, in particolare, ha chiesto la nullità di tutti gli atti compiuti. Una richiesta che potrebbe dilatare il termine di sessanta giorni fissato dalla procura per concludere la decisiva perizia. Gli atti in programma questa settimana sono decisivi per valutare le eventuali responsabilità da contestare agli inquisiti già iscritti nel registro degli indagati. Nell’inchiesta, che è coordinata dal procuratore Franco Sebastio ed è condotta dai sostituti Antonella De Luca e Ida Perrone, figurano indagate otto persone, tra dirigenti dell’Ilva e della “Emmerre”. Tra gli indagati c’è anche Antonio Lupoli, direttore dello stabilimento di Taranto. (Repubblica)
Una procedura anomala dietro il drammatico incidente sul lavoro nelle cokerie che è costato la vita all’operaio dell’Ilva Ciro Moccia. È questo il principale dubbio che accompagna l’inchiesta avviata dalla procura di Taranto sulla tragedia avvenuta poco prima dell’alba di giovedì scorso sulla batteria numero nove del reparto dell’area a caldo, quella finita sotto sequestro nell’ambito dell’inchiesta per disastro ambientale. Quella notte l'operaio è precipitato da un’altezza di circa dieci metri, dopo che ha ceduto una lamiera utilizzata per coprire l’impianto.
Quel volo drammatico non gli ha dato scampo. Alla morte, fortunatamente, è invece scampato Antonio Liddi, dipendente della “Emmerre”, l’impresa che sta effettuando i lavori di risanamento dell’impianto. Anche lui è piombato giù dall’impianto, ma la sua caduta è stata attutita da alcuni pannelli. Se l’è cavata con fratture su tutto il corpo ed una prognosi di quaranta giorni. Quei lamierini però erano stati posizionati come tetto provvisorio per evitare che nell’impianto cadessero i detriti della lavorazione, ma non era previsto
La batteria da tempo è in stand by per i lavori di rifacimento dettati dall’autorizzazione integrata ambientale. Per questo l’impianto è stato consegnato alla “Emmerre”, che ha aperto il cantiere nel cuore della grande fabbrica. Su quella batteria, però, il giorno della tragedia è salito Ciro Moccia, operaio della squadra di manutenzione delle cokerie. Il dipendente dell’Ilva si è arrampicato ad una decina di metri per riparare un problema al binario della macchina che carica il coke. Secondo procedura, gli uomini Ilva, prima di inviare Moccia sulla testa dell’impianto, si sarebbero dovuti rapportare a quelli della ditta responsabile del cantiere.
Ora i magistrati, che hanno aperto un fascicolo per omicidio colposo e lesioni personali, vogliono accertare se questa procedura sia stata seguita. Per questo hanno calendarizzato una serie di interrogatori. Tra i testimoni da ascoltare c’è anche Antonio Liddi, il lavoratore che attualmente è ancora ricoverato in ospedale. La sua deposizione sarà fondamentale per chiarire la dinamica dell’incidente che è costato la vita a Ciro Moccia. Così come determinante risulterà l’accertamento tecnico commissionato dalla procura al perito Giordano Bruno.
Le operazioni peritali sono già scattate venerdì scorso con un sopralluogo, durato quasi nove ore, sull’impianto teatro della tragedia. Proprio il difensore della “Emmerre”, l’avvocato Pasquale Annichiarico e il suo consulente di parte, l’ingegnere Luca Tagliente, hanno fatto rilevare una serie di anomalie procedurali. E il legale, in particolare, ha chiesto la nullità di tutti gli atti compiuti. Una richiesta che potrebbe dilatare il termine di sessanta giorni fissato dalla procura per concludere la decisiva perizia. Gli atti in programma questa settimana sono decisivi per valutare le eventuali responsabilità da contestare agli inquisiti già iscritti nel registro degli indagati. Nell’inchiesta, che è coordinata dal procuratore Franco Sebastio ed è condotta dai sostituti Antonella De Luca e Ida Perrone, figurano indagate otto persone, tra dirigenti dell’Ilva e della “Emmerre”. Tra gli indagati c’è anche Antonio Lupoli, direttore dello stabilimento di Taranto. (Repubblica)
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