L'Ilva: la sfida della ricerca e dell'innovazione
Se la vicenda Ilva sta mettendo a dura prova il
sistema economico legato al mondo dell’acciaio, non è solo per il problema
dell’inquinamento. Anche se i prodotti realizzati dalle fabbriche italiane del
Gruppo Riva oggi sono, superiori come qualità agli acciai cinesi o indiani,
domani potrebbe non essere più così, specialmente se si perde la partita della
ricerca
NOVI LIGURE - Se la vicenda Ilva sta
mettendo a dura prova il sistema economico legato al mondo
dell’acciaio, non è solo per il problema dell’inquinamento. Anche se i
prodotti realizzati dalle fabbriche italiane del Gruppo Riva
oggi sono, secondo gli esperti, superiori come qualità agli acciai cinesi o
indiani, domani potrebbe non essere più così, specialmente se si perde
la partita della ricerca e dell’innovazione.
Il nostro Paese, dopo la Germania, è il secondo produttore europeo di acciaio. Questa gerarchia è mantenuta nei progetti di ricerca pagati dall’Ue: i finanziamenti nel 2012 in Germania hanno superato i 9 milioni di euro, in Italia hanno oltrepassato i 5 milioni di euro. La vera differenza, però, è che la gran parte dei progetti tedeschi resta in Germania e viene sfruttata lì. Invece, più del 25 per cento dei progetti italiani produce i suoi effetti fuori dal nostro Paese, visto che il Centro Sviluppo Materiali, il nostro principale centro di ricerca, lavora per lo più con partner stranieri.
Emilio Riva, che acquistò dallo Stato l’Ilva a metà anni Novanta, era interessato anche al Csm. L’accordo però non venne trovato: il risultato è l’anomalia di un sistema industriale nazionale in cui il principale centro di ricerca sulla siderurgia e il maggiore produttore di acciaio non collaborano.
"C’è poi un’altra questione di fondo – osserva sul Sole 24 Ore Gianfranco Tosini, capo dell’ufficio studi di Siderweb – L’Ilva si è spostata negli ultimi dieci anni verso le fasce medio basse. Una scelta di mercato legittima, ma che inevitabilmente ha ripercussioni sul capitale tecnologico e innovativo del gruppo".
È sempre il quotidiano di Confindustria a segnalare che nel bilancio dell’Ilva per il 2010 e il 2011, alla voce «costi di ricerca, sviluppo» corrisponda la spesa di zero euro. A differenza dei gruppi siderurgici esteri, che spendono fino all’1 per cento dei ricavi (pari ad alcune centinaia di milioni di dollari) per investire nelle nuove tecnologie. Progressi che poi ricadono, a cascata, in tutto il tessuto produttivo.
Oggi il problema dell’Ilva è noto a tutti per via del caos giudiziario degli ultimi otto mesi. Ma vale la pena di interrogarsi sulle scelte strategiche compiute dai Riva negli ultimi vent’anni.
18/03/2013
Elio Defrani - e.defrani@ilnovese.info
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