giovedì 26 gennaio 2017

GIOVEDI' ROSSI: ricominciamo!

Questo nuovo ciclo di Formazione Operaia sarà centrato sulla Grande rivoluzione culturale proletaria, che inizia in Cina nel maggio 1966, e che vede dagli inizi del 1967 (quindi 50 anni fa) il ruolo centrale della classe operaia.

La Rivoluzione culturale proletaria da risposte alle domande, dubbi che a volte si pongono gli operai, i giovani, le masse avanzate se è effettivamente possibile costruire una società socialista in cui i proletari  abbiano il potere nelle loro mani e come riuscire a mantenerlo. 

In questa occasione, pubblichiamo un'introduzione a questa importante FO.

Quindi da fine febbraio pubblicheremo materiali anche originari della Rivoluzione culturale proletaria.


La Rivoluzione culturale proletaria in Cina è stata una grande rivoluzione che ha visto le masse protagoniste e questo davvero come difficilmente si è visto nello scenario mondiale.
La ribellione delle masse giovanili e poi proletarie a Shanghai e infine i dei contadini che ha attraversato la Cina in quel decennio è un grandissimo fenomeno di massa come l'umanità raramente ha vissuto.
Masse che si sono ribellate dentro lo Stato che si definiva socialista, masse che hanno impugnato quello che poi sarà chiamato il “pensiero di Mao Tsetung”, per impedire che l'evoluzione della Cina fosse quella che aveva attraversato l'Unione sovietica fino alla trasformazione di questo grande paese
socialista, protagonista della Rivoluzione d'Ottobre in una delle superpotenze socialimperialista del sistema mondiale, attraverso il rovesciamento storico di quella che era stata la rivoluzione di Lenin, proseguita nel tentativo di edificare una società socialista.
La Rcp cinese è stata il tentativo di uscire a sinistra dalla crisi del socialismo, perchè il dato fondamentale della rottura di Mao e l'ispirazione che ha avuto la rcp è la lotta per il socialismo, perchè il socialismo fosse realmente il potere delle masse che enunciava e la trasformazione socialista fosse effettiva

Nello stesso tempo nel fare questo la Rivoluzione culturale proletaria, ora in forme ingenue ora in forme determinate ha cercato di rimodellare la costruzione del socialismo, su tutti i campi, ha cercato di rivitalizzare il socialismo attraverso il tentativo di dare vita all'effettiva natura del suo messaggio che è “l'assalto al cielo”,la marcia verso il comunismo.

La Rivoluzione culturale proletaria è stata un fenomeno di massa. Milioni di giovani che poi hanno dato vita alle guardie rosse si sono ribellati nel cuore delle Università di Pechino e Shanghai, e hanno mandato un messaggio che ha camminato molto nel mondo. L'immagine della rivoluzione culturale, le guardie rosse, la parola d'ordine: “E' giusto ribellarsi”, è entrata in un mondo in tormenta che vedeva in tutto il mondo generalizzarsi la ribellione della gioventù. E i giovani cinesi erano come i giovani di tutto il mondo.

Ma la Rivoluzione culturale proletaria è stata anche la Comune di Shanghai. E' la Comune operaia di Shanghai che lancia lo slogan che poi dilagherà negli anni '70, ma la cui validità è difficile negare anche oggi, “la classe operaia deve dirigere tutto”. E' la classe operaia che nel cuore delle fabbriche mette in discussione tutti gli aspetti sia della condizione operaia, sia del rapporto tra operai e potere socialista, potere che dovrebbe essere nelle proprie mani ma che non lo è. La dialettica che sviluppa la Rivoluzione culturale proletaria a Shanghai, la forma che essa assume, quella della Comune di Shanghai, la lotta nelle fabbriche, mettono in discussione la natura socialista dei seguaci della via capitalista che monopolizzavano in quel momento il potere in Cina. Le figure di Liu shao Chin, Deng Shiao Ping sono note, ma non si tratta solo di persone, non è una lotta tra persone, ma persone che incarnano le classi sociali che permangono nel socialismo, che incarnano le diverse fazioni come si vanno ridefinendo al servizio dei propri interessi, e che coprono sotto le bandiere rosse il nero disegno di ristabilire regole e leggi che sotto il manto socialista sono in realtà le forme del capitalismo che ritornano.
E' la classe operaia che mette in discussione questo e non certo il partito in senso astratto.
La guerra di bassa intensità e di ribellione che si sviluppa a Shanghai tra il comitato di partito ufficiale e la Comune di Shanghai è qualcosa che difficilmente la storia ha visto, soprattutto perchè tutti temi sono stati messi in discussione.
La Comune di Shanghai mette in discussione il problema che il socialismo sia solo alti salari e potere centralizzato, la Comune di Shanghai mette in discussione che anche nelle fabbrica le leve di comando debbano essere tenute dalla produzione e dalla politica e se a base dell'azione della classe nella produzione vi debba essere il puro interesse dello sviluppo economico e non il rimodellamento dello sviluppo economico secondo l'idea del potere operaio e dei nuovi valori che il socialismo in marcia verso il comunismo vuole affermare.
Nel concetto de “la classe operaia deve dirigere tutto” che sarà l'anello di collegamento e anche di contraddizione tra operai e studenti in Cina nella Rivoluzione culturale proletaria c'è anche problemi difficilissimi da risolvere e che tutte le società che attraversassero una rivoluzione si troverebbero a doversi misurare, compreso il nostro paese: Chi comanda nel socialismo, che succede nelle università; l'universo degli intellettuali, della cultura, dell'arte debbano rimanere quelli di prima, gestiti da artisti di sinistra che si dicono comunisti o debbono essere attraversati da un vento che rovescia la piramide e ristabilisce un nuovo rapporto tra classe operaia, proletariato concreto e sovrastruttura della società?
La classe operaia deve dirigere tutto” della Rivoluzione culturale proletaria è la classe operaia che attraversa tutto l'universo della sovrastruttura, dall'Università all'arte, agli apparati del consenso, ai giornali, perchè il punto di vista della classe operaia, del proletariato complessivo, delle masse popolari domini e orienti l'attività che vi si svolge e non sia un'attività separata che riproduce la divisione del lavoro e la dicotomia tra intellettuali e popolo, tra intellettuali e classe che fa poi dell'università il luogo dei baroni o dei nuovi mandarini.
Nelle fabbriche come si attacca la divisione del lavoro? Non basta dire: gli operai comandano, non basta costruire un organismo operaio che comanda di più e che non è un terminale del partito; occorreva mettere in discussione la vita quotidiana di fabbrica. Come evitare che il sistema di fabbrica rimanga quello di tecnici e operai, di capi e subordinati? Come far sì che dietro le necessità della produzione, che in Cina erano urgentissime dato che si trattava di un paese che usciva da un ampio sottosviluppo, non ritornassero le leggi capitaliste che vuole la produzione modellata secondo i criteri che impone il sistema produttivo nel suo insieme e il mercato mondiale? Come fare, quindi, la produzione senza un padrone e al servizio del popolo, come fare a trasformare un siderurgico in cui si produce l'acciaio in un giardino fiorito. La Rivoluzione culturale proletaria aggredisce questo problema del contrasto tra difesa del lavoro e salute, presente in tante fabbriche oggi. C'è l'esempio del petrolchimico di Tachai, un enorme petrolchimico che inquinava, distruggeva l'agricoltura. La sfida della Rivoluzione culturale proletaria affrontò questo problema, cercò delle soluzione, e la zona di questa fabbrica fu trasformata in un luogo in cui si coltivavano i fiori, oltre che produrre chimica. Il socialismo doveva cambiare il modo di produrre per rendere possibile che i disastri prodotti dal sistema capitalista potessero essere rimossi, non nel cielo delle idee ma nella pratica di una realtà effettiva di fabbriche e territori.
Altre questioni, come fare le città, le sue strutture siano vivibili? Come estirpare problemi come la droga, la delinquenza, ecc.; come cambiare la medicina, come far sì che i medici siano gente al servizio del popolo e la gente del popolo sia in grado di autocurarsi, come si fa ad usare le erbe mediche per curarsi senza la chimica?

La Rivoluzione culturale proletaria affronta tutte queste questioni, cercando con la mobilitazione delle masse, con la rivoluzionarizzazione sia ideologica sia pratica di rovesciare i verdetti, o il cammino inevitabile che anche in Cina vi era nella fase del socialismo.

Mao diceva che bisogna condurre tre lotte non una sola: la lotta di classe, impedire che comandino ancora i padroni, i capi; la lotta per la produzione, perchè il socialismo ha bisogno di tanta produzione; terzo le esperienze scientifiche, cioè ci sono le condizioni di progresso scientifico che ci permettono di fare le cose in forme molto più avanzate.
Mao aggiunge: “Il lavoro politico è l'elemento vitale di ogni attività economica”, perchè o sei schiavo dell'andamento produttivo o tu hai una testa per ragionare; “se vogliamo sviluppare la produzione socialista abbiamo mille e diecimila metodi, ma quello di gran lunga più importante consiste nel puntare decisamente sulla rivoluzione, sulle concezioni politiche.
Cioè, per scegliere il metodo giusto, il problema non è: qual'è che funziona meglio, ma quale serve gli interessi politici, cioè dei lavoratori, masse popolari, cittadini. Per esempio, l'acciaio si può fare benissimo o male, il problema è quanto ce ne serve, quanto se ne deve fare per non inquinare la città. E questo non è una scelta produttiva, è una scelta politica.

E che criterio dobbiamo mettere al primo posto se si vuole appoggiarsi sulle masse? Tra tutte le cose di questo mondo, l'uomo è quella più preziosa”. Vale a dire: quello che serve alle persone è la cosa più preziosa. Non esiste, quindi, l'acciaio per l'acciaio, ma come non esisterebbe l'agricoltura per l'agricoltura, la pesca per la pesca...; è quello che permette all'uomo, ai proletari, alle masse popolari di stare bene, di stare meglio, di avere di che mangiare ma di non morire di inquinamento e di fatica.
In Cina, per questo, durante la Rivoluzione culturale proletaria si sviluppò anche la lotta tra le due linee nel movimento sindacale cinese. “Preoccupiamoci per prima cosa delle condizioni di vita delle masse”, insegna Mao Tse tung, “Ma noi dobbiamo instancabilmente elevare il livello della coscienza politica della classe operaia, affinchè essa lotti per gli ideali del comunismo. Ciò a cui si vuole interessarla, invece, sono gli incentivi materiali, cioè strumenti per far dimenticare ai lavoratori che quello che è più importante è il consolidamento del potere operaio”.
Si dice qui, che il sindacato non può essere quello che cerca solo 10 euro in più, è quello che invece ha a cuore il fatto che i lavoratori contino davvero nelle decisioni.
Quindi, anche il movimento sindacale in quegli anni viene attraversato da uno scontro. Non basta più che il sindacato si limitava a contrattare con lo Stato di cui era parte i miglioramenti salariali di tanto in tanto, il sindacato doveva servire a dare più forza e coscienza agli operai perchè gestissero il potere, decidessero su tutte le questioni dell'economia e dello Stato, chiaramente questo in uno Stato in cui gli operai avevano il potere a parole, ma non nei fatti.

La Rivoluzione culturale proletaria è stata, quindi, un grande movimento di massa per affermare che una volta che si fa la rivoluzione, il potere deve passare realmente nelle mani degli operai e delle masse, altrimenti la società si può chiamare socialista ma le masse non contano nulla.

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