lunedì 30 gennaio 2017

Ilva, cassa integrazione a marzo per 4-5mila lavoratori - sindacati confederali già pronti a dare il loro consenso - vogliono usare i benefici pensionistici per dare il consenso a esuberi



Ilva, cassa integrazionea marzo per 4-5mila addetti
DOMENICO PALMIOTTI
TARANTO - La nuova proprietà dell’Ilva, dopo i Riva, non c’è ancora, nulla si sa di quanto intenderà produrre e con quanto personale, eppure quanto sta per accadere nel siderurgico viene interpretato come una specie di prova generale. L’anticipazione di quell’Ilva più «magra», in termini di occupazione, che in molti ritengono si avrà con la nuova gestione. Sul tavolo c’è infatti la cassa integrazione per Taranto. Ilva e sindacati cominceranno a discuterne dopodomani mattina.
Con la scadenza dei contratti di solidarietà, da marzo si profila infatti un ricorso alla cassa per 4-5mila
dipendenti. La stima è dei sindacati. Il fatto che l’Ilva sia orientata ad usare la cassa integrazione anzichè i contratti di solidarietà utilizzati negli anni scorsi, era già noto. Fonti vicine all’azienda l’avevano già anticipato e il cambio di ammortizzatore sociale sarebbe determinato dal fatto che non sarebbe più possibile usare la solidarietà. «Ma al di là dello strumento - dichiara Antonio Talò, segretario Uilm Taranto - va osservato che adesso, sul piano economico, non è che ci sia grande differenza tra la cassa integrazione e i contratti di solidarietà perchè entrambi sono attestati sugli stessi massimali. Il punto vero, invece - prosegue Talò -, è che i lavoratori perdono, in media, dai 130 ai 150 euro al mese e quindi bisogna trovare modi e mezzi per compensare questo taglio del reddito. Noi l’abbiamo già detto già al vice ministro del Mise, Teresa Bellanova, e pure la Regione Puglia deve darsi da fare. Certo, un altro anno di solidarietà sarebbe possibile, ma servirebbe una deroga».
«Sappiamo che con la cassa integrazione ci troveremo dinnanzi a numeri più alti rispetto alla solidarietà - annuncia Valerio D’Alò, segretario Fim Cisl Taranto - ma l’azienda non ci ha ancora fornito il quadro. C’è anche una ragione tecnica che spiega i numeri più alti: con la cassa integrazione, i reparti si fermano da una data ad un’altra. Con la solidarietà, invece, c’è più elasticità di gestione. Noi domani - aggiunge D’Alò - avvieremo solo il confronto e poi, area per area, faremo gli approfondimenti necessari». «Attestarsi tra i 4mila e i 5mila cassintegrati è possibile - commenta Talò -. Oggi la solidarietà coinvolge 3mila addetti ma l’ultima cassa all’Ilva, l’abbiamo fatta nel 1999 per poco più di 6mila unità».
Nuove fermate di impianti per lavori di ammodernamento e mancanza di ordini: queste, per i sindacati, le ragioni che spingono l’azienda a chiedere ulteriori ammortizzatori sociali. «Non c’è molto lavoro - dice D’Alò -. L’intera area dei tubifici resta ferma e in questa situazione di transizione, tra gestione commissariale e nuova proprietà in arrivo, è anche difficile che i grandi committenti si rivolgano all’Ilva. Prima vogliono vedere come va a finire».
I sindacati evidenziano che tutto il discorso sulla proroga degli ammortizzatori non è legato ai piani industriali di chi, dopo la cessione, prenderà l’Ilva (le offerte vincolanti dovrebbero essere presentate, salvo proroga, l'8 febbraio) . «Quello è un altro discorso - commenta Talò -. Di Arcelor Mittal con Marcegaglia non sappiamo, mentre di Arvedi, che è in cordata con altri partner tra cui Cdp, fu detto che nel 2018, a risanamento concluso, si sarebbe attestato su 8mila addetti».
Intanto l’Ilva è scesa sotto gli 11mila dipendenti: «Al 31 dicembre - aggiunge il segretario Uilm - erano 10.974. Chi ha potuto, è andato via con la mobilità incentivata. Molti l’hanno legata pure alla pensione». Erano 11.450 quelli in servizio l’anno scorso secondo il numero indicato nel documento consegnato giorni fa alla commissione Industria del Senato che ha effettuato a Taranto delle audizioni. E i sindacati rilanciano anche il tema dell’amianto: va proseguita la bonifica, certo, ma si vuol vedere se attraverso il riconoscimento all’esposizione, che determina criteri pensionistici agevolati, si può ridurre altra manodopera come già avvenuto in passato. «Forse sei-settecento unità - spiega Talò - potrebbero essere assorbite. E’ evidente che abbiamo bisogno di una serie di strumenti per gestire in modo meno traumatico possibile l’impatto che la ristrutturazione dell’Ilva avrà sulla forza lavoro».

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