mercoledì 1 giugno 2022

INFO - Anche la Corte d'Assise dice No al dissequestro Ilva

Corriere di Taranto
GIANMARIO LEONE
PUBBLICATO IL 31 MAGGIO 2022

Nel giorno in cui cade il primo ‘anniversario’ della sentenza di primo grado del processo ‘Ambiente Svenduto‘ (di cui si attendono ancora le motivazioni, pare che la Corte abbia chiesto ed ottenuto un secondo rinvio di sei mesi, dove furono comminate 26 condanne a dirigenti della fabbrica, manager e politici per 270 anni di carcere, la Corte d’Assise di Taranto pronuncia il suo scontato ‘niet‘, rispetto alla richiesta di dissequestro degli impianti dell’area a caldo del siderurgico di Taranto (il sequestro, inizialmente senza facoltà d’uso poi concessa dal governo Monti risale al 26 luglio 2012), avanzata attraverso un’apposita istanza dai Commissari straordinari di Ilva in Amministrazione Straordinaria, ancora oggi gli effettivi proprietari dell’azienda, lo scorso marzo.

Coincidenza vuole (ma sarà davvero poi tale?) che il giorno scelto per pronunciarsi cada nelle stesse ore in cui Invitalia S.p.A. e il gruppo Arcelor Mittal Italia, soci di Acciaierie d’Italia Holding S.p.A. (“Acciaierie d’Italia”), firmano una proroga di due anni (fino al 31 maggio 2024 precedentemente fissati al 31 maggio 2022) dell’accordo di investimento e patto parasociale originariamente siglato il 10 dicembre 2020, proprio a causa del mancato dissequestro degli impianti dell’area a caldo del siderurgico di Taranto.

Il parere negativo della Corte d’Assise (di cui al momento non siamo in grado di rivelare i dettagli) segue quello pronunciato lo scorso 16 maggio dalla Procura di Taranto. Quest’ultima si era espressa negativamente, pur non avendo tale parere un peso dirimente, inviando un documento di 21 pagine alla Corte d’Assise (che come accade oramai da tantissimi anni hanno ottenuto e potuto leggere solo i soliti giornalisti e giornali amici di giudici e avvocati della Procura di Taranto, prima ancora degli stessi Commissario di Ilva in AS), motivando il proprio no a fronte degli eventi degli ultimi due anni. Dove Arpa Puglia ha registrato un aumento delle emissioni del benzene e biossido di zolfo (in ultimo quelle registrate a marzo con la ripartenza di AFO 4), citando i due rapporti di prova a cavallo tra il 2021 e il 2022 presso la centralina di via Machiavelli al rione Tamburi che ha registrato valori in rialzo del Benzo(a)pirene, ricordando quanto sostenuto da Asl Taranto, Arpa Puglia e AReSS nell’ultima Valutazione del Danno Sanitario dello scorso giugno nella quale si afferma che a fronte di un Piano Ambientale attuato al 65% (quindi trattasi di una valutazione ante operam), il rischio sanitario minimo risulta ancora non accettabile rispetto ad una produzione pari a 6 milioni di tonnellate annue. Terminando con le ultime quattro condanne all’Italia da parte della CEDU sulla gestione della tutela della salute dei cittadini di Taranto.

Opinioni e pareri del tutto contrastanti rispetto a quanto sostenuto dai Commissari Straordinari di Ilva in AS, che a supporto dell’istanza di dissequestro, portarono l’attuazione del Piano Ambientale del 2017, le cui prescrizioni dovranno essere attuate entro l’agosto del 2023, giunta ad oltre il 90% dei lavori effettuati, come peraltro si è evinto durante l’ultima riunione dell’Osservatorio Ilva per l’attuazione del piano dello scorso 14 dicembre. A giudizio della struttura commissariale inoltre, la situazione del 2012 – sulla quale si basava e si basa ancora il sequestro preventivo – è completamente cambiata. Mancano solo alcuni interventi che per Ilva in AS comunque non sono in grado di cambiare la valutazione complessiva delle emissioni e delle prestazioni ambientali attuali. Anzi, il Piano Ambientale attuato per intero per Ilva in AS funzionerebbe anche a fronte di eventuali correzioni o ricalibrature decise all’interno del procedimento ancora in corso, in merito al Riesame dell’AIA stessa...

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