Commento di un operaio:
Nick Cave ha tenuto una performance straordinaria, tenendo conto che non è più un giovincello è stato una furia, è passato da pezzi selvaggi a quelli più intimisti, più calmi, molto emotivi, senza soluzione di continuità, tiene il palco come fosse un'estensione di sè, esso è la sua casa. Ha riservato ai bis l'esecuzione delle canzoni più famose ma tutto è stato di pari livello.
Mi è sembrato davvero uno spettacolo emozionante, ha riservato anche un ricordo al figlio deceduto poco fa dedicandogli un pezzo solo voce e pianoforte.
Ha attaccato subito con un pezzo dal piglio molto rock per poi alternare per tutta la serata.
Ovviamente il merito è di tutto il gruppo che lo sostiene, sono stati eccezionali tutti i componenti con una menzione d'onore al violinista (ma anche chitarrista, tastierista e sputazzone!), in alcuni casi imbracciava lo strumento come fosse una chitarra!!!
Da Corriere di Taranto
Come ha scritto qualcuno “Se non avete mai visto Nick Cave and The Bad Seeds, avete una lacuna da colmare. Anche se non conoscete le canzoni, uscirete che “Jubilee Street” o “Boson Blues” o qualcun’altra faranno parte della vostra storia. Impossibile uscire da un concerto del genere e non sentirsi cambiati”.
E’ proprio così, Nick Cave si prende il palco e lo rivolta come vuole sin dalle prime note. Con la caratteristica voce baritonale, l’eleganza delle movenze, una presenza sul palco sciamanica che ha pochi eguali, il musicista australiano ammalia gli oltre settemila spettatori presenti sulla Rotonda del Lungomare di Taranto.
L’elettro blues delle prime tre canzoni – “Get Ready For Love, There She Goes My Beautiful World, From Her To Eternity”, quest’ultima datata 1984 – rappresentano una scarica di adrenalina capace di stendere il fan più preparato a questo genere di emozioni. Lui Cave, cerca subito il contatto con il suo pubblico, stringe mani, si lascia mantenere dai suoi fan quando, spesso, domina in bilico la folla da una mini passerella, firma in un paio di occasioni, tra una canzone e l’altra, addirittura degli autografi, riceve un mazzo di fiori e canta una canzone stringendolo tra le sue mani, si appunta un piccolo garofano sulla giacca.
Alle sue spalle, una band, “The Bad Seeds” in stato di grazia, composta da nove elementi, tra i quali spicca il vecchio sodale Warren Ellis, polistrumentista in grado di riempire le canzoni con grande maestria.
Una set list di 19 brani che alterna momenti in cui star fermi è difficile come in “Red Right Hand” e City of Refuge, ad altri più intimi con Cave al pianoforte, “I Need You” e “Into My Arms”, entrambe struggenti che fanno pensare alla mancanza dei suoi due figli, morti prematuramente nel 2015 ed il 9 maggio scorso, facendoci pensare e credere che, forse, per questo artista il palco rappresenta un momento di supremo conforto per le dure prove che la vita gli ha voluto mettere davanti.
“Thank you Tarànto” dice più volte Nick Cave con accento anglosassone ma siamo noi a doverlo ringraziare per averci donato una coinvolgente serata di grande musica internazionale e l’orgoglio di poter dire tra dieci anni “Io c’ero”.
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