dalle cronache dell'epoca
Taranto nel corso dello sciopero dei cantieri navali e delle officine
le forze di polizia caricano i manifestanti dinanzi alla sede della
Camera del lavoro, uccidendo l’operaio Angelo Latartara e ferendo altri 4
manifestanti.
A Taranto negli scontri fra polizia e
manifestanti, circa quindicimila secondo i dati della Questura, muore il
ventisettenne Angelo Raffaele Latartara, operaio arsenalotto,
socialista, colpito alla testa da un proiettile; i feriti sono nove,
sette dimostranti, quasi tutti lavoratori dei Cantieri navali e
dell'Arsenale, e tre poliziotti. Uno di questi, Giovanni D'Oria, muore
due giorni dopo all'ospedale. La manifestazione per l'attentato a
Togliatti è uno dei momenti più intensi della storia del movimento
operaio tarantino del dopoguerra, tuttora vivo nella memoria degli
operai più anziani. Il modo migliore di raccontarla è proprio attraverso
le narrazioni di chi era presente: «Io stavo a bordo a lavorare, quando
un napoletano che lavorava in officina, all'una ha sentito il
comunicato e viene a bordo a gridare: "Hanno sparato a Togliatti! Hanno
sparato a Togliatti!". Allora gli operai uscirono da bordo, uscirono
dalle officine e si trovarono a piazza Congegnatori dove c'era la
Commissione Interna. Piano piano, piano piano, si sono tutti raggruppati
là. C'era un silenzio di lutto, un dolore! Allora: "Sciopero, sciopero!
Dobbiamo uscire!". Siamo usciti dall'Arsenale e siamo andati a piazza
Ebalia, dalla parte di Lungomare (dove c'era la Camera del lavoro, ndr).
Siamo stati lì, tutto il sindacato, la Commissione Interna. All'epoca
Voccoli era senatore e noi aspettavamo Voccoli che doveva fare il
comizio. Allora la polizia fece una grande provocazione con la macchina.
La gente era esasperata, la polizia girava, girava…… Il tenente
che stava sulla macchina sparò su un compagno socialista, Latartara, gli
spararono in fronte» (Nicola Taurino, allora operaio dell'Arsenale e
militante del PCI). «Ci fu una grande sassaiola a Lungomare. Gli operai
dell'Arsenale, gli operai dei Cantieri navali, persino i miticoltori, la
gente comune, si radunarono sotto la Camera del lavoro e c'era una
grande tensione. Poi, le camionette della celere cominciarono a creare
subbuglio, perché volevano disperdere questa grande folla, questo grande
assembramento di compagni, di persone. Naturalmente cominciarono a
difendersi. Allora furono divelti gli alberi, furono divelte le
mattonelle di marmo, ci furono dei grandi scontri. La polizia sparò e ci
furono questi morti, questi feriti» (Cataldo Portacci, maestro d'ascia,
militante del PCI). «Io portai all'ospedale un compagno della
Commissione interna, Catapano, perché ebbe una pallottola fra le gambe.
L'Italia fu bloccata, paralizzata. Togliatti, però, disse: "Non perdete
la testa, mantenete la calma"» (Nicola Taurino). «Un brutto ricordo.
Avevano attentato proprio al segretario politico del nostro partito.
Poi, lo stesso Togliatti perdonò l'attentatore e fece uscire anche i
fascisti dal carcere. Per dimostrare la vera democrazia » (Leonardo
Miceli, operaio dell'Arsenale e militante del PCI). La CGIL proclama lo
sciopero generale per il giorno 15. Nel pomeriggio dello stesso giorno
si svolgono i funerali di Angelo Latartara. Il feretro è seguito da
circa diecimila operai: «Descriverlo con le parole… non posso trovare le
parole, adesso, per raccontare la folla, la tensione, il cordoglio, la
solidarietà… Ecco, non ci sono parole per dire. Una grande
manifestazione di massa, di popolo. Migliaia di persone…» (Cataldo
Portacci). Il percorso del funerale viene limitato dalla polizia alla
sola città vecchia, dove Latartara viveva, per evitare il passaggio
nelle vicinanze delle sedi di partito e dei principali uffici pubblici
siti nella città nuova. Nel discorso funebre gli oratori invitano gli
operai a persistere nella lotta in attesa delle direttive del sindacato.
Diverso il funerale di Giovanni D'Oria, avvenuto due giorni dopo: dalla
caserma della Mobile di via Pupino il feretro, avvolto nella bandiera
tricolore e accompagnato da autorità civili e militari, attraversa le
vie del centro e raggiunge la chiesa di San Giovanni di Dio. Da lì, al
termine della cerimonia funebre percorre via D'Aquino e, attraversato il
ponte girevole, arriva a piazza Castello, dove gli vengono resi gli
onori militari. A lui è intitolata la caserma di corso Italia.
Lo
sciopero continua anche il giorno 16. Ai Cantieri navali l'astensione è
quasi totale, all'Arsenale invece circa mille operai entrano al lavoro.
Gli scioperanti cercano di impedirne l'ingresso ma la polizia interviene
con nuove cariche. Il giorno dopo, lo sciopero viene revocato e le
attività lavorative riprendono normalmente. La situazione si normalizza. Il bilancio
della giornata del 14 luglio a Taranto è di trentatre denunce e otto
arresti: Cosimo Ruggieri, Michele Briganti, Giovanni Villani, Giuseppe
Stasi, Vincenzo Ferretti, Vincenzo Albano, Antonio Caricato, Saverio
Ressa, tutti operai e militanti. Il processo si concluse nel 1950 con
lievi condanne per sei imputati e l'assoluzione per insufficienza di
prove per tutti gli altri. Poco tempo dopo per gli operai iscritti alla
CGIL si apre l'epoca buia dei licenziamenti politici, attraverso i quali
si cercherà di fare piazza pulita della componente comunista e
socialista del movimento operaio tarantino.
Nessun commento:
Posta un commento