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Taranto: lunga giornata di rabbia operaia- 1° giorno
Gli
operai hanno dato vita a due giorni di rivolta, con sindacati contestati
perché volevano frenarla, perché non si schieravano con nettezza e
decisione a difesa dello stabilimento e dei posti di lavoro.
Un lungo pomeriggio di
lotta e rabbia operaia oggi a Taranto, con blocchi del ponte
girevole e della statale 106 che proseguono ancora e per tutta la
notte, mentre i sindacati hanno proclamato lo sciopero a oltranza.
Già ieri gli operai
avevano bloccato per un paio d’ore le statali di accesso alla
città, al termine dell’assemblea indetta dai sindacati.
Oggi alle 14.00 le agenzie
hanno rilanciano la notizia che il G.I.P. Todisco, al termine
dell’inchiesta per disastro ambientale, ha disposto il sequestro,
senza facoltà di continuità d’uso, dell’area a caldo dello
stabilimento Ilva e gli arresti domiciliari per 8 tra proprietari,
dirigenti ed ex dirigenti.
Immediatamente l’azienda
ha messo in libertà i lavoratori e i sindacati hanno chiamato alla
mobilitazione. Un imponente corteo di 8mila parte dallo stabilimento
e marcia verso la città.
Hanno bloccato ancora le
statali, attraversato la città vecchia, bloccato per oltre un’ora
il ponte, e infine raggiunto la Prefettura, dove era in programma un
incontro tra prefetto e segreterie sindacali per “ottenere
chiarimenti sul contenuto e le conseguenze immediate del
provvedimento della Magistratura”.
Al ponte e poi sotto la
prefettura si è unita alla folla di operai una delegazione dello
Slai Cobas per il sindacato di classe che partecipa alla lotta e
sostiene gli operai, ma con parole d’ordine differenti da
quelle dei sindacati confederali.
Il coro “il lavoro non si
tocca” è rimbombo a lungo per tutto il pomeriggio, ma a parte la
feroce determinazione a difendere il proprio lavoro, tra gli operai
abbiamo
ascoltato anche tanta confusione e poca fiducia in chi li
rappresenta.
Molti hanno ripetuto il
ritornello azienda e sindacati “perché tanto accanimento contro
l’ILVA, mentre nulla si dice dell’Eni, della Marina e delle
altre industrie inquinati nel territorio?”.
Ma da tanti abbiamo anche
sentito altri discorsi: “l'Ilva non deve chiudere, ma di Riva, e
dei politici che hanno gestito l’Italsider quando era pubblica,
non ce ne frega niente, devono pagare loro, noi abbiamo già pagato,
anche con i nostri morti, loro se ne possono andare, la fabbrica, e
il nostro lavoro, devono rimanere”; “se siamo arrivati a questo
punto la colpa è di Riva e dei sindacati, che per anni si sono
coperti a vicenda, se ci fossero stati prima i cobas, se ora fossimo
tutti dei cobas, le cose non starebbero così”.
Dopo un paio d’ore di
attesa, escono dal portone i segretari, gli operai si accalcano per
ascoltare, c’è frastuono ressa, vola anche qualche spintone.
Appena c’è un po’ di silenzio, col filo di voce di un megafono
afono il segretario Uilm Talò esordisce con enfasi “oggi , con
questa nostra manifestazione abbiamo voluto affermare che è un
grave lutto quello che abbiamo subito in questa città…”. Gli
sguardi si incrociano mentre tutti ci chiediamo “ma che ha detto?
Che vuol dire? Niente!” e giù altri spintoni e il coro “te ne
vai si o no?”.
Alla fine un gruppetto si
schiera a protezione del sindacalista, lo circonda e scorta di peso
fuori del porticato, lo fa arrampicare sul basamento dei pilastri da
dove, sempre con lo stesso megafono da camera, cerca di riferire il
contenuto della discussione appena conclusa, in pochi riescono a
sentirla.
Abbiamo poi ricostruito che
si è trattato di un nulla di fatto: il governo prende posizione
contro la chiusura, c’è in corso una procedura d’urgenza per
l’immediato riesame del provvedimento di sequestro e
l'impugnativa, sono già stati stanziati 336 milioni per gli
interventi di bonifica. Tutte cose che la stampa aveva riferito già
in mattinata, al termine del tavolo tra regione Puglia, enti locali
e ministeri competenti tenutosi a Roma oggi stesso. Tutto buono per
Riva, poco o niente per gli operai.
Su come continuare la
mobilitazione, la proposta è, più o meno: non ce ne andiamo, ho
detto al prefetto restiamo qui fino a quando non riceviamo una
risposta soddisfacente. Di nuovo gli sguardi si incrociano
perplessi, tutti dicono la loro ma nessuno, proprio nessuno, è
disposto a rimanere lì in attesa: c’è chi propone di andare a
bloccare la raffineria Eni, chi di riprendere i blocchi di ponte e
statali, chi di rientrare nel palazzo. Alla fine si gruppi di
operai riprendono il blocco del ponte girevole e della statale 106,
quella per Reggio Calabria, con l’intenzione di portarli avanti
per tutta la notte. Domattina assemblea generale fuori della
portineria D della fabbrica.
26.7.12
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