Il commento
I dubbi che gli ambientalisti dovrebbero porsi“Chiudiamola qua!” e dintorni
Gli ambientalisti sono costretti a
registrare un’altra poco esaltante giornata di mobilitazione. Solo
alcune decine di persone in piazza per la manifestazione organizzata da
alcune associazioni che chiedevano la chiusura dell’Ilva.
Come prevedibile, e come accaduto in analoghe circostanze, sui social si sono scatenate le polemiche e come al solito non sono mancati gli utenti che hanno fatto partire la solita raffica di invettive condite dai soliti lugubri auspici rivolti a chi non ha ritenuto di dover partecipare.
Ora, pensare che la ragione sia tutta da una parte (dei pochi presenti in Piazza Garibaldi) e il torto tutto dall’altra (quelli che non c’erano) è il modo migliore per portare i presunti depositari di verità all’autoestinzione. Il movimento ambientalista, oggi obiettivamente molto ridimensionato, forse qualche cenno di riflessione critica dovrebbe cominciare a farlo. Se dalle migliaia di persone che
sfilavano per Altamarea si è passati al semideserto di domenica, qualche errore di percorso deve essere stato commesso. Innanzitutto andrebbe posta una domanda fondamentale: ma davvero si può ritenere che chi non aderisce a certe manifestazioni sia un indolente, insensibile, menefreghista che non ci tenga alla salute sua e dei suoi figli e sia complice degli inquinatori? Chi crede questo è completamente accecato dalla propria supponenza autoreferenziale e del tutto scollegato dalla realtà al pari di chi considera che il successo elettorale del M5S sia dovuto unicamente all’illusione del reddito di cittadinanza.
È possibile invece che una larga parte di città preferisca un atteggiamento meno estremo e più ragionato alla soluzione della vertenza Ilva, nella consapevolezza che oggi Taranto non reggerebbe all’urto di una chiusura così traumatica dal punto di vista occupazionale? È possibile che una larga parte di città sia stanca di continuare ad essere rappresentata in modo macabro e luttuoso, in un modo che non porta soluzioni al di là di effimeri momenti di visibilità per qualcuno?
È possibile che migliaia di genitori tarantini, non meno genitori e non meno tarantini di quelli che scendono in piazza, ritengano che dei bambini si stia facendo un uso forse un po’ troppo propagandistico? È possibile che i flirt con talune figure politico-istituzionali abbiano nuociuto alla causa? È possibile che certo squadrismo verbale che dilaga sui social – dal quale non si è mai letta una forte presa di distanza ufficiale da parte delle associazioni - sia un elemento che diffonda odio sociale e allontani da una comprensione comune di problematiche talmente complesse da non poter essere ridotte a scontri tra tifoserie ultras? È possibile che il continuo attacco sferrato in questi anni a chi lavora nella fabbrica (solo da pochissimo si assiste all’uso di toni più concilianti) abbia finito non solo per produrre stupide divisioni tra chi è dentro e chi è fuori l’acciaieria ma abbia anche dato l’idea che un certo ambientalismo si porti dentro un retaggio culturale di snobismo classista? E infine, ma non ultima per importanza: è possibile che chi sulla quantità di Ilva da chiudere cambia idea a settimane alterne abbia finito per azzerare la propria credibilità e se si mette a capo di certe manifestazioni ne decreta di per sé l’insuccesso? È possibile che l’insieme di questi approcci tenga irrimediabilmente distanti quanti, pur non condividendo certe modalità di rappresentazione, abbiano gli stessi dolori e tengano profondamente a cuore il desiderio di vivere in una città dove la qualità della vita garantisca dignità ad ognuno dei suoi cittadini? Sono dubbi, soltanto dubbi in ordine sparso. I depositari di verità, beati loro, vivono solo nelle loro certezze.
Come prevedibile, e come accaduto in analoghe circostanze, sui social si sono scatenate le polemiche e come al solito non sono mancati gli utenti che hanno fatto partire la solita raffica di invettive condite dai soliti lugubri auspici rivolti a chi non ha ritenuto di dover partecipare.
Ora, pensare che la ragione sia tutta da una parte (dei pochi presenti in Piazza Garibaldi) e il torto tutto dall’altra (quelli che non c’erano) è il modo migliore per portare i presunti depositari di verità all’autoestinzione. Il movimento ambientalista, oggi obiettivamente molto ridimensionato, forse qualche cenno di riflessione critica dovrebbe cominciare a farlo. Se dalle migliaia di persone che
sfilavano per Altamarea si è passati al semideserto di domenica, qualche errore di percorso deve essere stato commesso. Innanzitutto andrebbe posta una domanda fondamentale: ma davvero si può ritenere che chi non aderisce a certe manifestazioni sia un indolente, insensibile, menefreghista che non ci tenga alla salute sua e dei suoi figli e sia complice degli inquinatori? Chi crede questo è completamente accecato dalla propria supponenza autoreferenziale e del tutto scollegato dalla realtà al pari di chi considera che il successo elettorale del M5S sia dovuto unicamente all’illusione del reddito di cittadinanza.
È possibile invece che una larga parte di città preferisca un atteggiamento meno estremo e più ragionato alla soluzione della vertenza Ilva, nella consapevolezza che oggi Taranto non reggerebbe all’urto di una chiusura così traumatica dal punto di vista occupazionale? È possibile che una larga parte di città sia stanca di continuare ad essere rappresentata in modo macabro e luttuoso, in un modo che non porta soluzioni al di là di effimeri momenti di visibilità per qualcuno?
È possibile che migliaia di genitori tarantini, non meno genitori e non meno tarantini di quelli che scendono in piazza, ritengano che dei bambini si stia facendo un uso forse un po’ troppo propagandistico? È possibile che i flirt con talune figure politico-istituzionali abbiano nuociuto alla causa? È possibile che certo squadrismo verbale che dilaga sui social – dal quale non si è mai letta una forte presa di distanza ufficiale da parte delle associazioni - sia un elemento che diffonda odio sociale e allontani da una comprensione comune di problematiche talmente complesse da non poter essere ridotte a scontri tra tifoserie ultras? È possibile che il continuo attacco sferrato in questi anni a chi lavora nella fabbrica (solo da pochissimo si assiste all’uso di toni più concilianti) abbia finito non solo per produrre stupide divisioni tra chi è dentro e chi è fuori l’acciaieria ma abbia anche dato l’idea che un certo ambientalismo si porti dentro un retaggio culturale di snobismo classista? E infine, ma non ultima per importanza: è possibile che chi sulla quantità di Ilva da chiudere cambia idea a settimane alterne abbia finito per azzerare la propria credibilità e se si mette a capo di certe manifestazioni ne decreta di per sé l’insuccesso? È possibile che l’insieme di questi approcci tenga irrimediabilmente distanti quanti, pur non condividendo certe modalità di rappresentazione, abbiano gli stessi dolori e tengano profondamente a cuore il desiderio di vivere in una città dove la qualità della vita garantisca dignità ad ognuno dei suoi cittadini? Sono dubbi, soltanto dubbi in ordine sparso. I depositari di verità, beati loro, vivono solo nelle loro certezze.
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