Genova - «La riunione di oggi al Ministero sulla vertenza Ilva ha prodotto un nuovo incontro per il 4 aprile in quanto i problemi aperti restano ancora tutti sul tavolo». Lo riferisce il segretario della Fiom di Genova Bruno Manganaro.
I punti sono:- il rispetto della legge italiana che prevede il passaggio di tutti lavoratori alle medesime condizioni economiche e normative, 14000 lavoratori a Mittal;
- quali ricadute dell’antitrust sulla siderurgia italiana che sembra ipotizzare direttive pesanti negli stabilimenti in tutta Europa;
- la soluzione agli scontri istituzionali su Taranto;
- il rispetto integrale dell’Accordo di Programma di Genova;
«Al momento le soluzioni non si vedono e non bastano le dichiarazioni di intenti a risolvere i problemi ma occorrono i fatti: gli accordi si fanno se occupazione, salari e Accordo di Programma di
Genova saranno garantiti. Ma la trattativa va avanti?» si chiede Manganaro.
Cos’è successo: continua la trattativa, ma nessun accordo in vista
Ennesimo incontro tra Arcelor Mittal e sindacati sull’Ilva e nessun passo avanti. Dopo sei mesi di trattativa e una sospensione di oltre un mese del tavolo, il confronto al ministero dello Sviluppo economico ha portato solo a fissare una nuova data: le parti si rivedranno il 4 aprile. La viceministra Teresa Bellanova, che segue il negoziato per il Mise, ha definito quello di oggi «un incontro di ricognizione» e ha riconosciuto che «andando avanti con la discussione generale si rischia di cadere nella convegnistica». Il fatto, però, è che «non ci sono le condizioni per una stretta finale».
ArcelorMittal ha dato la disponibilità a intensificare gli incontri ma è rimasta ancora ferma sulle sue posizioni. E questo naturalmente scontenta Fiom, Fim e Uilm, che chiedono fin dall’inizio di evitare esuberi. A pesare sul negoziato, dopo il confronto elettorale, sono il ricorso sull’Aia presentato al Tar dalla Regione Puglia e il pronunciamento dell’Antitrust europeo, che è stato spostato al 23 maggio.
Ma per i sindacati non serve più prendere tempo: l’attesa non aiuta l’Ilva (che - dicono le federazioni dei metalmeccanici - perde oltre 300 milioni l’anno e sarebbe ormai a Taranto in una condizione di degrado) ed esaspera i lavoratori, privi di certezze per il futuro. Bellanova mostra ancora fiducia nella prosecuzione del confronto, vista la disponibilità delle parti ad affrontare argomento per argomento tutte le questioni aperte.
Ma tra i sindacati solo la Fim insiste nella convinzione che si possa entrare in una fase conclusiva e tentare un possibile accordo entro il mese di aprile. Meno fiduciosi appaiono i rappresentanti delle altre sigle: per il segretario nazionale della Fiom, Rosario Rappa, si è ancora «al punto di partenza» e non c’è ad oggi alcuna condizione per un accordo. Secondo il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, la riunione di oggi è stata «inutile» e si è «tornati indietro di diversi mesi»: i punti di contrasto, a partire dai 4.200 esuberi indicati da Am, non sono assolutamente risolti.
I sindacati vogliono garanzie per tutti i lavoratori dell’Ilva, con continuità nel rapporto di lavoro, preservando quindi elementi normativi e contrattuali, ma pretendono anche chiarezza sugli investimenti industriali e ambientali (che devono essere parte integrale dell’accordo). «Non siamo disposti a fare il lavoro sporco sugli esuberi - ha detto Rappa - mentre su altri tavoli vengono prese decisioni su sviluppo e ambiente». Su tutto pesa naturalmente la situazione politica: Bellanova rassicura sulla «continuità» anche con un governo dimissionario ma i sindacati guardano con timore ai gruppi politici che in campagna (finisce così, n.d.r.)
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