Fim, Fiom e Uilm nazionali hanno chiesto un incontro immediato col governo/Mise, a partire dal piano industriale di Acciaierie d'Italia.
La realtà è che mentre il piano ambientale non è proprio ancora in calendario di presentazione, quello piano industriale invece si conosce nelle sue impostazioni e obiettivi. E quindi i sindacati confederali non possono fare gli "gnorri" e far dipendere dagli incontri al Ministero su questo, eventuali iniziative di lotta perchè - come ripete ancora una volta Palombella della Uilm - i lavoratori sono esasperati.
Riportiamo su questo un articolo apparso su Repubblica sul "Nuovo piano industriale Ilva"; da cui emerge chiaro che per gli operai si tratterà di esuberi o sempre cassaintegrazione.
Nuovo piano industriale Ilva: verso un calo degli obiettivi
di Marco Patucchi
ROMA - «L’accordo tra pubblico e privato, incluso il piano industriale, è molto dettagliato. Io non posso che rispettarlo». Così Lucia Morselli, amministratore delegato di Acciaierie d’Italia, in un’intervista di inizio agosto.
Eppure il piano industriale di Acciaierie d’Italia al quale fa riferimento, verrà presto riscritto. Inevitabilmente, visto che dalla fine del 2020 quando sancì l’accordo governo-Mittal e poi gennaio quando venne presentato ai sindacati, di acqua sotto i ponti ne è passata molta. Troppa. In termini di congiuntura siderurgica, di “vita” dello stabilimento, di relazioni industriali e di equilibri tra azionisti.
Entro settembre si riunirà il consiglio d’amministrazione della holding che controlla l’azienda: per la prima volta al tavolo ci saranno i rappresentanti del socio pubblico e si metterà mano ad un nuovo piano industriale. Un reset condiviso dalla stessa Morselli che, conoscendo bene le dinamiche dei mercati dell’acciaio, è consapevole della necessità di adeguare le linee di indirizzo concordate a suo tempo tra il gruppo franco-indiano ArcelorMittal e Invitalia (socio pubblico con il 38% del capitale e il 50% dei diritti di voto di Acciaierie d’Italia, quote destinate a trasformarsi in maggioranza entro maggio prossimo. Se non prima nell’idea del governo).
«Tempistica, quantità e qualità», riferiscono fonti vicine al dossier, sono i tre versanti sui quali si ripenserà il progetto, mentre resta invariata la filosofia di fondo della strategia di rilancio del gigante siderurgico italiano: vale a dire la transizione green che punta alla graduale decarbonizzazione dell’impianto di Taranto, prendendo le mosse da una prima fase “ibrida” con il mix tra altoforni e forni elettrici... la copertura dei parchi minerali realizzata fin qui per il 90% circa.
Il progetto industriale originario prevede un target di 5 milioni di tonnellate di acciaio quest’anno, 6 nel 2022 e nel 2023, 7 nel 2024 e 8, a regime, nel 2025 (di cui 2,5 da forni elettrici). Parallelo il calendario degli investimenti: 310 milioni quest’anno, 422 nel 2022, poi 433 nel 2023, 427 nel 2024 e infine 300 nel 2025. Considerando l’attuale livello produttivo (tra i 3 e i 4 milioni di tonnellate), gli effetti della pandemia, lo status degli impianti e le tensioni giudiziarie e sociali che hanno frenato l’iter di nascita dell’alleanza pubblico-privata, difficilmente gli obiettivi potranno essere confermati. Quantomeno nella loro tempistica.
Necessaria, inoltre, una ridefinizione dei mercati di sbocco della produzione: l’Italia ha un fabbisogno di quasi 7 milioni di tonnellate di acciai piani (il core business della ex Ilva), ma la domanda è diversificata tra automotive, elettrodomestici, cantieristica navale, costruzioni; quindi andrà stabilita una precisa declinazione degli investimenti. Legati a stretto giro ai livelli produttivi sono anche i perimetri occupazionali: il piano originario prevede il riassorbimento dell’intera forza lavoro del gruppo (10.700 operai tra Taranto e Genova) con il raggiungimento degli 8 milioni di tonnellate di acciaio: un eventuale allungamento dei tempi o, addirittura, un ridimensionamento degli obiettivi metterebbe in discussione questo risultato, anche se incrociando gli ammortizzatori sociali previsti nel quinquennio e possibili spostamenti interni agli impianti, il rischio di esuberi potrebbe essere scongiurato.
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