Lo sciopero generale nazionale dell'11 ottobre, indetto da tutti i sindacati di base, ha visto martedì scorso a Taranto una prima assemblea nella sede Slai cobas dei rappresentanti dei vari cobas sui posti di lavoro (dall'ex Ilva, al Cimitero, alla Cemitaly, servizi degli appalti Amat/Amiu, asili, lavoratrici della scuola, ecc.) e si prepara nei prossimi giorni un'assemblea pubblica (a cui inviteremo stampa e Tv) e l'avvio di un attività di assemblee, volantinaggi, all'ex Ilva e in vari posti di lavoro.
Questo
sciopero punta al blocco della produzione, dei servizi, dei posti di
lavoro; esso unisce le fabbriche e realtà in lotta, e a livello
nazionale, coinvolge i movimenti reali di lotta.
Questo
sciopero generale è necessario e inevitabile. Le condizioni di lavoro
stanno peggiorando, così come il salario – i lavoratori e le loro
famiglie non ce la fanno più; il salario, soprattutto per le migliaia di
cassintegrati e per la perdita di questi anni non recuperata dai CCNL,
si è ridotto del 30/40%. Nella nostra città invece che lavoro aumentano i
cassintegrati senza futuro (dai 1600 dell'Ilva AS, ai più di 50 della
ex Cementir, ecc.); vanno avanti i licenziamenti/chiusura nelle grandi
fabbriche - come la Tessitura Albini di Mottola che ha messo in mezzo
alla strada 118 operai, tra cui un terzo donne che difficilmente potranno trovare un nuovo lavoro -, una
fabbrica in piena produzione che chiude non per crisi ma per
delocalizzazione per fare più profitti dove il costo del lavoro è più
basso.
I
lavoratori degli appalti comunali, o restano precari a vita, con bassi
salari e poche ore di lavoro, come nelle pulizie dell'Amat, negli asili o
le promesse di reimpiego sono delle beffe, come per i 130 di Isola
verde; e chiaramente in questa situazione non c'è futuro per i
disoccupati, nonostante le propagande quotidiane di Comune, Regione su
un'economia alternativa, sullo sviluppo di una Taranto turistica, ecc.
Le
aziende, dalle grandi alle medie, piccole (compreso ristorazione) col
governo Draghi pretendono e ottengono e si stanno riprendendo dagli
effetti dei lockdawn; chi invece non può riprendersi e vede peggiorare
le sue condizioni di lavoro, non lavoro e di vita sono le lavoratrici, i
lavoratori, i settori poveri. Mentre i soldi ci sono per le imprese,
spariscono anche per integrare al 100% la miseria di cassintegrazione
che ha ridotto, col covid, il salario dei lavoratori di quasi il 50%.
Per questo è necessario lo sciopero generale, per unire le forze, chiamare alla lotta i settori ancora fermi e cominciare a pesare realmente, con la novità dell'unione in questa occasione, di tutti i sindacati di base nazionali e locali.
I sindacati confederali, a parte qualche lamentela, non vogliono fare lo sciopero generale, ma si limitano a chiedere ennesimi tavoli regionali o nazionali al Mise, quando ogni lavoratore sa bene che solo con lo sciopero, la lotta possono pesare e cambiare i rapporti di forza.
E' quindi molto importante che i sindacati di base, che già lottano in vari posti di lavoro a livello nazionale, chiamano allo sciopero, e fanno appello ai lavoratori, alle lavoratrici a farlo anche nei posti di lavoro in cui ancora non sono presenti i sindacati di base o sono una minoranza.
Lo sciopero generale ha una piattaforma generale che si sta discutendo sui vari posti di lavoro:
aumenti salariali/ 100% di indennità ai cassintegrati /salario garantito ai disoccupati,
salute e sicurezza, vaccinazione per tutti;
No repressione, No licenziamenti ritorsivi (come quelli fatti in Acciaierie d'Italia e dei lavoratori ex Pasquinelli dall'Amiu/L'Arca). che sono anche usati come ricatto verso i lavoratori che vogliono protestare.
Contro la precarizzazione: No agli appalti al massimo ribasso – internalizzazione dei servizi pubblici essenziali.
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