Solo lo Slai cobas per il sindacato di classe ha posto sin dall'inizio un'altra strada e un'altra prospettiva di lavoro bonifica e futuro, ma il ruolo dei sindacati confederali e la passività operaia ha impedito che si parlasse d'altro.
Anche a Taranto si sta verificando quello che sta succedendo in altre realtà e fabbriche, la Cemitaly del gruppo Italcementi chiude la fabbrica e se ne va. La motivazione sono i profitti che non arrivano; ma anche qui i padroni non fanno nulla per investire, e non ci pensano due volte a mettere in mezzo ad una strada 51 operai che per anni hanno lavorato, sono stati sfruttati, hanno rischiato la loro salute.
Lo Slai cobas che negli anni ha detto ai lavoratori che l'unica strada era la lotta, fa appello ai lavoratori a mobilitarsi, ad utilizzare quest'anno di cassaintegrazione non per pietire, con i sindacati conederali, impegni delle Istituzioni, ma per organizzarsi e lottare per un futuro che non sia di corsi, attese di mini lavori.
Anni oramai di cassintegrazione stanno mostrando le conseguenze negative: operai a casa, divisi, in attesa/delega di un cambiamento positivo... che non poteva arrivare senza che in campo ci fosse la lotta dei lavoratori.
Ora è tempo di cambiare strada!
RIPORTIAMO UNA NOSTRA VALUTAZIONE A CALDO DELL'ACCORDO - A SEGUIRE UN ARTICOLO DI GIANMARIO LEONE
Oggi possiamo affermarlo senza timore di smentita: la parola fine sulla storia della ex Cementir di Taranto è stata definitivamente scritta. Nel silenzio assordante (se non per rarissime eccezioni) della politica locale, delle altre istituzioni (Provincia e Regione), della società civile e di una città ancora in piena sbornia di eventi estivi. E da sempre troppo distratta sulle questioni importanti che contano davvero e superficalmente attratta da disquisizioni infininte di bassa lega che lasciano il tempo che trovano e che non portano mai a nulla.
Mentre un pezzo di storia industriale della città e della provincia ionica si chiude definitivamente.
Del resto, da diversi mesi si era compreso sin troppo chiaramente che il destino di quell’azienda fosse definitivamente segnato. A ratificarlo nero su bianco, l’incontro odierno convocato in via telematica dal ministero del Lavoro, tappa decisiva per conoscere il futuro dei 51 lavoratori (8 impiegati, 10 intermedi e 33 operai) del sito Cemitaly di Taranto, ovvero l’ex Cementir. Dopo che l’Italcementi (società italiana che dal 2016 è stata acquisita dai tedeschi HeidelbergCement Group) lo scorso luglio comunicò ai sindacati di categoria FILCA Cisl, FILLEA Cgil e FENEAL Uil, Regione Puglia e Confindustria Taranto, l’attivazione della procedura di licenziamento collettivo. A seguito dell’annuncio, arrivato lo scorso giugno, di aver messo sul mercato lo storico cementificio.
(leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2021/08/04/ex-cementir-lobiettivo-e-salvare-
i-lavoratori/)Nell’incontro odierno, a cui oltre ai sindacati di categoria e a Confindustria Taranto erano presenti i tecnici del ministero, i rappresentanti dell’azienda e di ARPAL Puglia (l’Agenzia regionale per le politiche attive del lavoro), è stato raggiunto l’obiettivo minimo: altri 12 mesi di cassa integrazione straordinaria, visto che gli ammortizzatori sociali di questa stessa procedura scadono il prossimo 15 settembre. Sarà l’ultima tornata possibile di interventi di sostegno al reddito per i 51 lavoratori della ex Cementir: dal settembre 2022, se non interverranno eventi a tutt’oggi non preventivabili, si ritroveranno senza lavoro e senza reddito. Andando a rimpolpare un bacino di crisi dell’area indistruale di Taranto, che da anni vede protagonisti loro malgrado, diverse centinaia di lavoratori del capoluogo e della provincia, a causa di vertenze infinite e a tutt’oggi irrisolte.
(leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2021/07/20/ex-cementir-italcementi-attiva-licenziamento-collettivo/)
Nell’incontro odierno si è inoltre approfondito quel pre-accordo di piano sociale di accompagnamento per i lavoratori, di cui si erano poste le basi nell’incontro dello scorso 4 agosto in Confindustria Taranto. Che però, è stato precisato oggi da tecnici del ministero, andrà prima ratificato in Regione Puglia, motivo per il quale è stata già inviata alla task force regionale per l’occupazione la richiesta di incontro urgente.
Un piano sociale che ovviamente non prevede chissà quali vie d’uscita. Ovviamente ne fa parte la possibilità per i lavoratori di trasferirsi in altri siti in Italia di proprietà della Italcementi: oppurtinità che in realtà è sempre stata possibile in questi anni ma che in pochissimi hanno sfruttato, visto che si tratta di una scelta di vita radicale con un trasferimento a centinaia di chilometri da Taranto, per lavoratori che oggi hanno un’età media inferiore ai 50 anni, con famiglie a carico (il sito più vicino si trova a Matera, dove sono occupati oltre 100 unità, dove però non vi è possibilità di trasferimento). C’è, come sempre in questi casi, l’impegno dell’azienda di fare il possibile affinché, qualora il sito venisse acquistato da un’altra società, quest’ultima s’impegni a riassumere primariamente i lavoratori ex Cementir: ma ad oggi acquirenti non se ne vedono all’orizzonte e soprattutto nessuno può prevedere quali mansioni eventualmente saranno richieste.
E’ prevista anche la possibilità di un incentivo all’esodo (la cifra non è ben definita ma si parla di un importo lordo che non cambia la vita e che non permette di avviare chissà quali altri progetti lavorativi alternativi).
(leggi tutti gli articoli sull’ex Cementir https://www.corriereditaranto.it/?s=cementir&submit=Go)
Come abbiamo modo di scrivere a lungo nel corso della vertenza iniziata nel lontano 2013 (per chi volesse rileggere ancora una volta l’intera storia consigliamo di leggere i link presenti in pagina), la vicenda ex Cementir è anche una questione ambientale, come si può leggere nell’articolo qui sotto. Cessando l’attività per legge decadrà anche l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) ottenuta dall’azienda dalla Provincia di Taranto. Che rilascerà all’azienda una serie di prescrizioni per la messa in sicurezza del sito. Stante il piano di bonifica attualmente ancora in corso d’opera. Anche in questo caso nel piano sociale sarà inserita la possibilità di utilizzare i lavoratori ex Cementir in attività ausiliari e di sostegno alla messa in sicurezza, che sarà inevitabilmente appaltata ad aziende specializzate che operano nel settore delle bonifiche.
Sia come sia, i prossimi 12 mesi dovranno servire a trovare un’alternativa concreta per 51 lavoratori. Servirà l’impegno fattivo delle istituzioni che ad oggi non sono state in grado di dare risposte reali a lavoratori e sindacati.
(leggi l’articolo sull’aggiornamento della bonifica della falda https://www.corriereditaranto.it/2021/06/16/italcementi-vende-ex-cementir-il-futuro-un-deserto/)
Lo abbiamo detto e scritto decine volte: la vicenda ex Cementir è un piccolo esempio, un piccolo laboratorio, che ci parla di di crisi di politica industriale, di crisi sociale, crisi di alternative economiche reali e realistiche.
Per questo torniamo a chiederci e a chiedere ancora una volta: almeno adesso, la politica da sempre silente su questa vicenda, troverà finalmente il coraggio di interessarsi di una vertenza da anni lasciata nell’oblio? Avrà il coraggio di guardare in faccia la realtà della nostra provincia, che ci descrive una realtà lavorativa sempre più drammaticae di un sistema economico che lentamente si sta sfaldando anno dopo anno, in una crisi che pare irreversibile? Avrà le competenze per proporre ed individuare soluzioni alternative che non siano il ricorso agli ammortizzatori sociali per chissà ancora quanti anni di qui a venire? O davvero qualcuno pensa che il futuro economico di questo territorio dovrà reggersi soltanto su turismo, cultura e musica? Perché se così fosse, oltre a dirlo apertamente ad un’intera comunità, si prospettare un piano serio che possa nei prossimi anni, non decenni, essere attuato. E che non si pensi di sostituire un’intera economia con qualche visita guidata, concerto o iniziative varie dove a metterci le mani ed operare (e guadagnare) sono sempre e solo i soliti noti. Che sono lontani anni luce dai reali problemi delle persone comuni, ovvero di migliaia di lavoratori che rischiano il reddito affiancati da altri migliaia di cassintegrati e disoccupati. Staremo a vedere.
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