La pandemia è diventato ormai un ritornello che dovrebbe giustificare una cassa integrazione per un totale di 3500 lavoratori (praticamente quasi la metà degli operai) che dura da luglio 2019!
In realtà l'azienda scarica sempre sugli operai per avere il 100% delle possibilità produttive; scarica le fermate (dell’Altoforno 2, dell’Acciaieria n.2. dei 3 mesi dell'altoforno 4 e dell'Acciaieria 1) per i lavori i manutenzione sugli impianti sugli operai, ecc.
La stessa azienda parla di ripresa del mercato, ma non deve perdere nulla, mentre gli operai devono ancora perdere salario!
Questa è una situazione che non si fermerà più, la cassa integrazione è permanente, è diventato uno strumento "normale" per il capitale per tagliare i costi del lavoro.
L'entrata dello Stato non ha cambiato nulla su questo. Anzi l'autorizzazione alla cig è ora "d'ufficio". Diventa anche una presa in giro fare denuncia al Ministero, all'Inps di questo abuso illegittimo.
Questo - operai - non si può e non si deve accettare!
Se i salari vengono tagliati, se gli operai devono lavorare, rischiare la salute, la vita e i padroni (privati e pubblici) devono salvaguardare le loro tasche, GLI OPERAI DEVONO DIRE BASTA!
Ma basta anche con le lamentele, basta con le ipocrite denunce dei sindacati in fabbrica, le false promesse di luglio (quando dicevano: questo sciopero è solo l'inizio... faremo come il 2012... - Poi sono bastati incontri incloncludenti, sempre gli stessi, per sparire) .
Lo Slai cobas sc - che ha sempre detto dall'inizio le cose come stavano realmente - vi chiama a scendere in lotta!
L'11 ottobre c'è sciopero generale nazionale indetto da tutti i sindacati di base, bisogna farlo anche all'Ilva/Acciaierie d'Italia.
Chiamiamo gli operai più coscienti, più combattivi ad organizzarsi per fare una lotta vera, fino a risultati (no cig - se ci deve essere l'integrazione deve essere per coprire il 100% del salario; riduzione dell'orario di lavoro per tutti a parità di salario, per aventuali saturazioni)
La sede slai cobas è aperta agli operai che vogliono discutere, autorganizzarsi, decidere iniziative, agli operai che hanno dignità!
SLAI COBAS per il sindacato di classe
3475301704 - WA 3519575628 - slaicobasta@gmail.com - sede via L. Andronico, 47 Taranto
Ex Ilva, sindacati chiedono incontro a Governo
I sindacati metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm tornano a fare pressione nei confronti del governo affinché vengano convocati il prima possibile, per riprendere i fili del discorso sul futuro dell’ex Ilva. “Il governo ci convochi, mantenga la parola data a luglio dopo l’incontro al Mise. Non si può ricordare dei sindacati solo a fronte di problemi di ordine pubblico: evidentemente è questa la sua concezione di relazioni industriali, ed è una cosa paradossale”. Così il segretario generale della Fiom, Francesca Re David, conversando con l’Adnkronos, torna a sollecitare il ministro dello Sviluppo, Giancarlo Giorgetti, sulla riapertura del tavolo sull’ex gruppo Ilva.
“Abbiamo mandato una richiesta scritta di convocazione. Lo scorso luglio erano state concesse 13 settimane di cassa covid con l’impegno di arrivare alla scadenza con la presentazione del piano e degli strumenti necessari ad avviare una discussione ampia con i sindacati, E invece non succede nulla“, aggiunge. Puntando il dito sulla nuova richiesta di cigo ordinaria che arriva dai vertici di Acciaierie d’Italia. “Siamo tornati esattamente come prima di luglio – denuncia ancora Re David -. Sono in oltre 3mila i lavoratori in cassa a Taranto e il mercato dell’acciaio è tornato a tirare: non si capisce dunque quale sia la prospettiva di risalita produttiva nè quale avanzamento sia possibile sul piano ambientale”, prosegue. Ed è “paradossale che i lavoratori non abbiano nessun tipo di prospettiva” afferma, criticando anche quell’intervento sulle delocalizzazioni che il governo non ha ancora presentato in Cdm: “Intanto non si capisce come una legge possa essere retroattiva nè perchè il sindacato non sia stato mai chiamato ad esprimersi ma soprattutto non si capisce come stiano insieme un intervento che una sfilata importante di uomini di partito e di politici ha chiesto dopo la vicenda Gkn e la richiesta delle multinazionali ai tavoli di confronto di ottenere un cig per cessazione di attività: le due cose non stanno insieme, se non delocalizzi non chiudi”, spiega Re David. E conclude: “Se qualcuno pensa che i sindacati diano il prorio assenso a politiche di riduzione dell’occupazione per Ilva o supportino decisioni prese altrove con cui chiudere stabilimenti e siti, non ci siamo. Non funziona così”.
Sulla vicenda ex Ilva si registra anche l’intervento del segretario generale della FIM-CISL Roberto Benaglia e del segretario nazionale Fim Cisl Valerio D’Alò. “Come Fim, Fiom e Uilm oggi abbiamo chiesto nuovamente un incontro al Mise e ad Acciaierie d’Italia per far ripartire il confronto sulle sorti del polo siderurgico. Dopo l’ultimo incontro dell’8 luglio scorso – rilevano Roberto Benaglia e Valerio D’Alò – non abbiamo ancora avuto ulteriore occasione di aggiornamento sulla vertenza, che tiene col fiato sospeso complessivamente – tra l’intero gruppo Acciaierie d’Italia, Ilva in Amministrazione Straordinaria e aziende dell’Indotto e dell’Appalto – oltre 20mila famiglie dei lavoratori. Superata la fase estiva, serve riprendere la trattativa, riempiendola di contenuti indispensabili, per riuscire a fare chiarezza e fissare le tappe del rilancio del polo siderurgico di Taranto e di tutto il gruppo. Riteniamo che la ridefinizione in atto tra i nuovi soci – Stato e ArcelorMittal – del nuovo piano industriale ci debba coinvolgere sin dalle battute iniziali”.
“Per la costruzione di un programma di rilancio di tutti i siti ex Ilva, è fondamentale per noi – aggiungono Benaglia e D’Alò – mettersi a lavoro insieme, condividendo gli orientamenti del futuro piano industriale. Come rappresentanti dei lavoratori, inoltre, non possiamo assistere al fatto che ammortizzatori sociali e scelte industriali di investimento vadano avanti in maniera divergente e scollegate tra loro. Dobbiamo dare un senso anche ai sacrifici che i lavoratori, gravati dagli ammortizzatori sociali, stanno facendo e soprattutto dobbiamo limitarli per fare in modo che la stagione importante sull’acciaio sia colta molto più pienamente a partire da questi mesi del 2021 da parte del nuovo gruppo”. “Ci attendiamo – concludono Benaglia e D’Alò – risposte rapide, attraverso una convocazione seria e soprattutto auspichiamo che finalmente il sindacato venga coinvolto sulla costruzione e sulla definizione degli investimenti sostenibili, delle scelte occupazionali e del futuro di questo gruppo”.
“Abbiamo richiesto insieme a Fim e Fiom l’ennesimo incontro al Ministro Giorgetti per affrontare la grave problematica dell’ex Ilva. Dall’8 luglio abbiamo atteso inutilmente il rispetto dell’impegno che a conclusione dell’incontro avevano assunto i tre ministri presenti (Orlando, Carfagna, Giorgetti) e l’amministratore delegato di Acciaierie d’Italia, Morselli. In quell’occasione ci era stato ribadito che le tredici settimane di cassa integrazione a partire dal primo luglio dovevano essere sufficienti per arrivare alla ‘presentazione del piano industriale aggiornato e da concordare con tutte le parti coinvolte (azienda, sindacato e territori) per la gestione dei mesi successivi e del piano occupazionale”, dichiara Rocco Palombella, segretario generale Uilm.
“Ad oggi – prosegue – l’unica azione messa in campo da Acciaierie d’Italia è la richiesta di ulteriori 13 settimane di cassa integrazione per circa 4mila lavoratori a partire dal 27 settembre. Le notizie arrivano solamente a mezzo stampa su ipotetici progetti di aggiornamento del piano industriale che impatterebbero in modo drammatico sui livelli occupazionali. Quanto tempo dobbiamo aspettare ancora? Siamo stufi – conclude Palombella – di assistere a una prassi ormai consolidata e che dura da troppi anni. La pazienza dei lavoratori ex Ilva e del sindacato è finita“.
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