giovedì 3 luglio 2025

Acciaierie - Baku Steel vorrebbe rinunciare e Urso convoca incontri sotto ricatto

L'interesse di Baku Steel, degli azeri è stato subito chiaro che era principalmente rivolto al gas, ad avere una nave rigassificatore; per l'Azerbaijian vorrebbe dire acquisire una posizione in una zona strategica nello scenario/contesa mondiale; ora che vengono sollevati dubbi da parte di Enti su questa nave a Taranto, la Baku Steel pensa di sfilarsi. 

E si fa avanti il presidente della Regione Ligure, perchè la nave si metta a Genova: «Mi sembra che ci siano le condizioni per prendere delle decisioni dirette e decise, per andare in una direzione che fa molto bene a Genova». 

Il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha convocato, per martedì 8 luglio, una riunione con i rappresentanti di tutte le amministrazioni pugliesi (centrali e locali) chiamate a sottoscrivere l’accordo di programma  interistituzionale relativo al Piano di decarbonizzazione dello stabilimento siderurgico di Taranto. Un incontro che durerà «a oltranza», fanno sapere dal ministero a scanso di equivoci. O comunque fino a quando non si troverà un compromesso funzionale al rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia). E qui Urso minaccia: «Se entro luglio non ci sono accordo di programma e Autorizzazione integrata ambientale non parleremo solo di 4 mila persone in cassa integrazione ma della chiusura dell’ex Ilva a causa della sentenza del Tribunale di Milano», 
Quinid nell'incontro i ministri chiederanno un sì o un no su due condizioni fondamentali. Da una parte la nave rigassificatrice, fondamentale per la realizzazione forni elettrici con il peridrotto (Dri), e dall’altra l’impianto di desalinizzazione delle acque. 

Ma cosa succederà comunque per gli operai? 

Dal comizio  fatto all'appalto il 27 giugno:

"Si aspetta il solito accordo da Roma, che vuol dire più cassa integrazione destinata a trasformarsi negli esuberi annunciati dal governo attraverso i nuovi padroni che non si sa bene chi saranno. Tutto vogliono tranne che garantire lavoro, condizioni di lavoro e salute per gli operai dell'Ex-Ilva. Vogliono 3500 cassintegrati a rendere sempre di più strutturale una condizione dei lavoratori a salari ridotti e con l'incertezza permanente del futuro.

Le promesse che si sono susseguite fino a oggi arrivano sempre allo stesso punto, progetti di lunga durata che nell'immediato servono a peggiorare comunque la condizione dei lavoratori e a non risolvere niente per i lavoratori e la città.

Avete letto sui giornali il piano di nuova cassa integrazione; quello che però non avete letto è come questo si riflette sugli operai dell'appalto. La ricaduta sull'appalto è come sempre peggiore. Quasi tutte le ditte, quelle che non l'avevano già fatto, stanno aprendo la cassa integrazione; i contratti a scadenza al 30 giugno non vengono rinnovati e gli operai vengono mandati a casa, come sta avvenendo in questi giorni per i lavoratori della Castiglia, ma chiaramente è un caso fra tutti. Le aziende chiedono ulteriori deroghe peggiorative chiedono che i contratti a termine arrivino fino a 42 mesi, senza causale e con massima flessibilità. Si riservano, nonostante mettano in cassa integrazione, l'uso di contratti di lavoro intermittenti mentre per molte ditte restano i ritardi nei pagamenti e la sicurezza è sempre più a rischio. Questa situazione vede ai tavoli romani come sempre sindacati che fanno “furia francese e ritirata spagnola”, sindacati firma-tutto come la CISL e sindacati che gridano prima degli incontri ma poi di fatto accettano quello che gli viene proposto.

Arriverà il momento in cui dobbiamo dire un NO secco a tutto questo, arriverà il momento in cui cercheremo di fare il possibile perché la fine di questa storia non sia la solita..."

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