Ciò che è andata in scena venerdì
1° agosto è la grave situazione a Taranto ma dal punto di vista dell'interesse
del padronato (purtroppo ancora una volta non dal punto di vista di operai e masse popolari della città).
Oggettivamente è stata
una manifestazione, con il suo slogan principale “NO alla città
dei NO” che si è presentata da un lato in contrapposizione alle Istituzioni locali che direbbero sempre No ai piani del mondo padronale; e dall'altra in contrapposizione a quell'ambientalismo che in nome della salvaguardia della
salute si oppone alle fabbriche, alla produzione industriale tout court e a nuovi insediamenti produttivi.
In realtà il bersaglio
dei padroni e padroncini è stato troppo scontato e facile, ma falsifica la
vera realtà.
Sia rispetto alla posizione delle Istituzioni locali che invece hanno detto e continuano a dire SI ai piani e interessi della grande industria (non dimentichiamo che sindaco e pres. provincia sono inquisiti nel processo Ilva per questo - nè estemporanee e tardive ordinanze contro l'Ilva del sindaco, bellamente rigettate, nè prese di distanza dai piani Eni/Tempa rossa, al solo scopo di cautelarsi, può cambiare la linea succube e collaborativa sempre assunta dal Comune verso le grandi aziende), che non portano avanti i piani di bonifica, risanamento/riqualificazione dei quartieri più per bassa politica e gestione all'insegna del amministrativismo e dell'assoluta incapacità di assumersi il dovere di dare risposte alle emergenze di ambiente e lavoro a Taranto, che di una coerente posizione politica anti aziende (non sono neanche a questa "altezza").
Sia perchè non si è mai visto il
capitale che si ferma di fronte all'opposizione di cittadini.
Sarebbe troppo bello. Se il
progetto 'Tempa rossa' ancora non va avanti, purtroppo non è per la
denuncia di ambientalisti di Taranto, ma per la “guerra” di
concorrenza che avviene su alcune scelte strategiche di collocazione produttiva.
La crisi è prima di tutta interna
al loro stesso sistema padronale, ma questo non lo potranno mai
riconoscere e scaricano le responsabilità tutte all'esterno.
E' il sistema del profitto
sempre, di più e comunque che ha creato il problema “Ilva”;
produrre in disprezzo della difesa della sicurezza e della salute
degli operai e delle masse popolari, spingere al massimo impianti e
produzione, risparmiare costi per la messa in sicurezza della
fabbrica o per introdurre innovazioni impiantistiche più rispettose dell'ambiente, imboscare gli
utili; a questo si è unita la crisi, la concorrenza nel mercato
mondiale, in cui i nuovi capitalismi aggressivi tolgono fette di
mercato ai vecchi che cercano di mantenere i loro livello di utili con
le speculazioni finanziarie, insieme alle vere e proprie truffe, imboscamento di miliardi, mega evasioni fiscali, ecc.
Tutto questo ha portato oggi al problema “Ilva” e “Taranto”.
Prendetela con il vostro
mondo – diremmo al presidente della confindustria e alle aziende
scese in corteo.
Non è che chi è sceso in
piazza venerdì avessero finora una logica molto diversa, nè che ora abbiano un'altro interesse se non quello della loro salvezza e della difesa del loro profitto; né che nel loro
piccolo (rispetto all'Ilva, altre grosse aziende su Taranto di
presenza nazionale. Eni, Cementir) non abbiano anch'essi in generale
messo il profitto sopra la difesa del lavoro e del salario dei propri
lavoratori, come sopra la la difesa delle condizioni di sicurezza e
di salute (in alcune delle ditte che sono scese in piazza,
dell'appalto Ilva, vi sono stati infortuni mortali; appena hanno
avuto problemi li hanno scaricati sui lavoratori con accordi per
riduzione di personale, cassintegrazione, e con il non pagamento
degli stipendi). Il problema è che ora subiscono, alcuni anche
pesantemente, la crisi dell'Ilva da un lato, e dall'altro la politica
di industrie come l'Eni che dice o mi lasciate fare quello che voglio
o me ne vado da Taranto.
Prendetevela con il vostro
Stato, i vostri governi, che nella generale politica dalla parte del padronato, chiaramente fanno decreti (fino a sei) per i pesci grandi e non per i pesciolini; così come non fanno arrivare neanche quei pochi soldi che dovrebbero essere destinate alle bonifiche di Taranto.
Su questo non possono essere chiamati gli operai, quelli che subiscono, sempre e tutto, sia dall'Ilva/Eni, sia dalle medie e piccole aziende, sia dal governo, a scendere in piazza con i padroni.
Quei lavoratori che l'hanno fatto e come se si fossero data la zappa sui piedi da soli. E va bene il ricatto e la paura di perdere il lavoro, MA, OPERAI, IN ALCUNI CASI BISOGNA DIRE "NO"!
PS. I Liberi e Pensanti hanno grossi problemi di confusione....
Fino a qualche tempo fa era dalle loro fila, nelle loro assemblee che venivano attacchi duri ai lavoratori che "pensavano solo a difendere il lavoro e se ne fregavano della tutela della salute dei cittadini di Taranto", ora, per la contestazione di alcune associazioni ambientaliste alla manifestazione degli industriali, accusano questi ambientalisti di aver chiamato "assassini" gli operai in corteo.
La realtà è che loro volevano partecipare alla marcia dei padroni - certo, sia pure con posizioni opposte...
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