L'esposto depositato in Procura e trasmesso alla Corte Costituzionale
SLAI
Cobas per
il sindacato di classe
Sede
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TA.
21.6.18
Alla
PROCURA DELLA REPUBBLICA
DI
TARANTO
Al
GIP competente
Alla
CORTE COSTITUZIONALE
ROMA
Chiediamo che il 3 luglio c.a. non dobbiamo assistere ad una inaccettabile anomalia, per cui: viene sì accertato che la diossina proveniva dal ciclo produttivo dell'Ilva, raggiungendo, come descrive l'Arpa, livelli mai registrati e unici al mondo sulla base della letteratura scientifica disponibile; viene sì accertato che tale diossina ha investito persone, bambini; ma grazie all'immunità penale stabilita del Decreto legge del 5 gennaio del 2015 i responsabili dell'Ilva dello sversamento di quella diossina, che probabilmente ha causato altri malati, altri morti, deformazioni e i cui effetti distruttivi continuano nel tempo, NON SONO PUNIBILI.
Un decreto che non persegue i responsabili dell'attacco alla salute dei cittadini, che autorizza l'attività produttiva anche in presenza di deficienze impiantistiche che possono determinare pericolose emissioni di sostanze nocive, è una mostruosità, oltre che dal punto di vista umano, di civiltà, dal punto di vista della Giustizia.
L'articolo del decreto 1/2015 contraddice “i principi di riserva di giurisdizione e di obbligatorietà dell’azione penale” disciplinati dall’articolo 112 della Carta costituzionale.
Quanto sopra, tra l'altro, è apertamente in contrasto con la la recente sentenza della Corte Costituzionale, n.58 del marzo 2018, che in un passaggio recita: “Rimuovere prontamente i fattori di pericolo per la salute, l’incolumità e la vita dei lavoratori costituisce infatti condizione minima e indispensabile perché l’attività produttiva si svolga in armonia con i principi costituzionali, sempre attenti anzitutto alle esigenze basilari della persona”.
Chiediamo,
pertanto, che il Gip di Taranto, in sede di valutazione della
richiesta di archiviazione, valuti la possibilità di sollevare
incidente di costituzionalità.
Alla
Procura di Taranto
diciamo che non vi può essere contraddizione tra il processo in
corso su “Ambiente svenduto” che vede 47 imputati e decisioni
sulle responsabilità di coloro che hanno proseguito e stanno
proseguendo simili reati.
Alla Corte Costituzionale chiediamo di dichiarare l'illegittimità dell'art. 2 comma 6 del Decreto legge 5 gennaio 2015, che così recita: “L'osservanza delle disposizioni contenute nel Piano di cui al D.P.C.M. 14 marzo 2014, nei termini previsti dai commi 4 e 5 del presente articolo, equivale all'adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione, previsti dall'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, ai fini della valutazione delle condotte strettamente connesse all'attuazione dell'A.I.A. e delle altre norme a tutela dell'ambiente, della salute e dell'incolumita' pubblica. Le condotte poste in essere in attuazione del Piano di cui al periodo precedente non possono dare luogo a responsabilita' penale o amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente e dei soggetti da questi funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell'incolumita' pubblica e di sicurezza sul lavoro – Nonchè degli articoli dei decreti legge seguenti che confermano ed estendono tale impunità.
Questo norma è un oggettivo via libera ai responsabili legali dell'Ilva, a tutte le figure dirigenziali che gestiscono l'attività della fabbrica, a non preoccuparsi di portare avanti l'attività produttiva nella massima sicurezza per gli operai e per gli abitanti dei quartieri, in quanto risultano tutelati da una presunzione di liceità.
Questa
norma va contro la difesa della salute delle persone stabilità dalla
Costituzione.
Noi abbiamo
accolto con speranza la sentenza di codesta Corte Costituzionale n.58
del marzo 2018, con cui è stata dichiarata l'illegittimità
costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge 4 luglio 2015, n. 92 - e
degli
artt. 1, comma 2, e 21-octies della legge 6 agosto 2015, n. 132 -
che
consentiva la prosecuzione dell'attività produttiva anche
nell'impianto ILVA (Altoforno 2) sottoposto a sequestro penale.
In
particolare riteniamo i seguenti passaggi di quella sentenza punti
fermi, inderogabili sempre:
“il
legislatore non ha rispettato l’esigenza di bilanciare in modo
ragionevole e proporzionato tutti gli interessi costituzionali
rilevanti, incorrendo in un vizio di illegittimità costituzionale
per non aver tenuto in adeguata considerazione le esigenze di tutela
della salute, sicurezza e incolumità dei lavoratori, a fronte di
situazioni che espongono questi ultimi a rischio della stessa vita”.“il legislatore ha finito col privilegiare in modo eccessivo l’interesse alla prosecuzione dell’attività produttiva, trascurando del tutto le esigenze di diritti costituzionali inviolabili legati alla tutela della salute e della vita stessa (artt. 2 e 32 Cost.), cui deve ritenersi inscindibilmente connesso il diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso (art. 4 e 35 Cost.).
Noi riteniamo che la violazione di questi principi sia presente anche nel Decreto legge 1/2015 nel momento in cui si liberano i responsabili da ogni conseguenza penale e amministrativa delle loro azioni che mettono a rischio la salute e la stessa vita, e si permette la continuazione dell'attività produttiva pure in presenza di deficienze impiantistiche che possono determinare pericolose emissioni di sostanze nocive.
Attendiamo,
pertanto, fiduciosi le decisioni di questa Corte Costituzionale.
Così
come attendiamo fiduciosi le decisioni del Gip e della Procura di
Taranto.
SLAI COBAS per il sindacato di classe
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