mercoledì 18 gennaio 2023

Acciaierie ex- ilva - preridotto si fa sul serio? Info

Lo slai cobas per il sindacato di classe appoggia innovazioni tecnologiche che permettano di ridurre l'impattto inquinante della fabbrica, per questo siamo contro ogni chiusura della fabbrica e siamo perchè ogni innovazione salvaguardi l'attuale numero degli operai comprensivo del rientro degli attuali cassintegrati in cigs AS e degli operai dell'appalto, come degli operai dell'appalto operanti al porto.

Siamo per la riduzione dell'orario di lavoro a parità di paga, per lavorare meno lavorare tutti.

Siamo per i prepensionamenti per amianto e lavoro usurante - anche attraverso una specifica legge - dei lavoratori con almeno 25 anni di stabilimento, esteso agli operai dell'appalto, della zona industriale e delle zone esterne Tamburi, Paolo VI, Statte, esposti in questi anni a forte inquinamento. 

Il preridotto di Taranto anche al nord

CEIP Scarl e DRI d’Italia hanno firmato un memorandum d’intesa

Oggi, nella sede dell’associazione di categoria Federacciai, alla presenza del Presidente Antonio Gozzi, il presidente di CEIP Scarl (Consorzio Elettrosiderurgici Italiani per il Preridotto), Giancarlo Quaranta, e l’amministratore delegato di DRI d’Italia, Stefano Cao, “nel quadro delle iniziative finalizzate alla transizione verde del settore dell’acciaio italiano e al raggiungimento degli obiettivi europei di riduzione delle emissioni climalteranti, hanno firmato un memorandum di intesa allo scopo di verificare le opportunità di cooperazione relativamente alla realizzazione di impianti di produzione, commercializzazione e vendita di direct reduced iron (preridotto)”.

(leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2022/09/19/un-miliardo-per-il-preridotto-a-taranto/)

L’accordo di collaborazione prevede che DRI d’Italia – la società controllata da Invitalia a cui il Governo e il Parlamento, con la legge n. 175 del 2022, hanno affidato il compito e le relative risorse economiche per realizzare impianti di direct reduced iron (preridotto), alimentati a idrogeno, al fine di sostenere il processo di decarbonizzazione del settore siderurgico italiano – una volta messe a regime le proprie attività di produzione, possa mettere a disposizione dei membri di CEIP, consorzio promosso da Federacciai e costituito da produttori italiani di acciaio che utilizzano forni ad arco, due milioni di tonnellate di preridotto allo scopo di sostituire parzialmente le importazioni dello stesso nonché quelle di rottame“. L’accordo contempla, inoltre, “una cooperazione finalizzata all’individuazione di soluzioni tecnologiche innovative per la produzione e trasformazione di materiale ferroso da destinare all’industria siderurgica”.

DRI d’Italia Spa, la società totalmente controllata da Invitalia ha l’obiettivo di realizzare, per la prima volta in Italia, un impianto di produzione del “preridotto” (Direct Reduced Iron), il bene intermedio utilizzato per la carica dei forni elettrici per ridurre la produzione di acciaio a ciclo integrato con il carbon-coke. Che nelle intenzioni dell’accordo del 2020dovrebbe sorgere proprio a Taranto.

Dunque, l’impianto di preridotto che sarà realizzato a Taranto, anche attraverso il miliardo di euro destinato con il decreto Aiuti Ter dal governo Draghi alla società DRI Italia, rifornirà anche gli impianti siderurgici del nord. Cosa che era nelle ipotesi da sempre. Il progetto DRI Italia è già in moto da tempo, è stato messo a punto il layout dell’insediamento ed ora ci si sta concentrando sulla tecnologia. Non è ancora chiaro se a Taranto sarà costruito un impianto da 4 milioni di tonnellate o due da 2 milioni. Il ciclo del preridotto riguarda una prima trasformazione dei minerali di ferro in palline in ossido di ferro, che saranno acquistate sul mercato e trasferite a Taranto. Qui saranno immesse in un “ambiente riducente” che usando inizialmente gas e in futuro idrogeno le priverà dell’ossigeno, in modo tale che il contenuto di ferro delle palline passerà dal 65 per cento al 95-96 per cento. 

Con il preridotto si dovranno alimentare i forni ad arco elettrico (uno o due al momento non è ancora chiaro visto che il piano industriale pensato nel dicembre 2020 è ancora lungi dal potersi realizzare vista la situazione odierna) che dovrebbero portare alla progressiva chiusura di Afo 1, Afo 2, Afo 4 ed alla dismissione di una linea dell’acciaierie e dell’agglomerato e alla maggioranza delle cokerie, ossia gli impianti di distillazione del carbon fossile, che ancora oggi rappresentano il vero bubbone ambientale dell’ex Ilva. Ma con il preridotto si potrebbero alimentare anche i converitori ed in parte l’altoforno 5, il cui intervento economico per il revamping (sempre previsto dall’ultimo piano industriale) prevede una spesa non inferiore ai 4-500 milioni di euro. Preridotto per il quale al momento dipendiamo quasi interamente da Russia e Libia., motivo in più per accelerare la realizzazione di un impianto in Italia. Staremo a vedere.

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