sabato 21 gennaio 2023

Roma: dal resoconto/commento di un operaio Ilva AS dello Slai cobas


Scortati dalla polizia sin dall'uscita del casello autostradale, la carovana di ben 14 pullman e circa settecento operai si è diretta al Mimit per sostenere le proprie ragioni rispetto ai dettami da fascismo aziendale di Acciaierie d'Italia; arrivato intorno alle due del pomeriggio il breve corteo composto da lavoratori e delegati Fiom, Uilm ed USB ha intonato cori contro l'attuale direzione aziendale composta da una maggioranza da ArcelorMittal e da una minoranza (solo per il momento) da Invitalia.

All'arrivo alla sede del ministero c'era una sparuta presenza di delegati Fim che, bontà loro ma non ce ne stupiamo affatto, non ha aderito né allo sciopero né alla manifestazione ma comunque presente in quanto anch'essa convocata al tavolo ministeriale.

La posizione dello Slai Cobas per il sindacato di classe è stata di aderente allo sciopero in quanto strumento principale di lotta per l'affermazione dei diritti dei lavoratori ma non alla manifestazione stessa in quanto portatrice di una visione distorta della realtà che vorrebbe l'aumento di capitale della parte pubblica come panacea ai mali dei dipendenti AdI, Ilva in AS e indotto sapendo per esperienza che non sarà così in quanto:

    Bernabè ha già più volte dichiarato di essere d'accordo con la linea di Lucia Morselli;

    Lo Stato ha già gestito lo stabilimento per oltre tre anni tra il 2015 ed il 2018 senza alcun beneficio per i lavoratori;

    Lo Stato non gestisce uno stabilimento siderurgico per amore della società ma bensì, come per ogni privato, per trarne un profitto e se questo vuol dire eliminare forza lavoro non c'è trippa per gatti come dimostra la questione Alitalia.

Bella la presenza al presidio, seppur sparuta, a sostegno degli operai di Potere al Popolo, Cambiare Rotta, PCI ed OSA, indicativo di come la solidarietà nella lotta sia parte integrante della nostra ideologia. Di contro si può parlare di controllo capillare e sistematico delle forze dell’ordine verso i manifestanti, come già detto all'inizio; sin dall'uscita dell'autostrada le forze dell’ordine hanno “preso in carico” la scorta dei manifestanti ed una volta arrivati hanno impedito con lunghi cordoni di polizia l'allontanamento degli stessi dal piccolo recinto creato apposta, in pratica dei “polli d’allevamento” trattati come tali anche da questo governo che si continua imperterrito a finanziare indiscriminatamente ArcelorMittal attraverso il PNRR e decreti ogni genere di richiesta senza che alcun lavoratore benefici del becco di un quattrino o di sicurezza del lavoro, fine della cassintegrazione.

Numerosi gli interventi dal palco tra i quali si distingue per intensità quello di uno studente che ha ricordato come la questione Ilva riguardi non solo il territorio di Taranto ma tutta la nazione e sia emblematica della condizione di tutti gli sfruttati e non solo dei dipendenti diretti di quello stabilimento, e di come gli studenti siano un tutt'uno con la classe operaia, commovente tra l'altro il ricordo che ha fatto di Lorenzo Parelli, lo studente morto in provincia di Udine in alternanza scuola-lavoro e del quale cade proprio in questi giorni l'anniversario del suo infortunio mortale.

Comune in tutti gli interventi è stato dichiarare le responsabilità di questo governo nei confronti della vicenda che vede circa 2.500 dipendenti diretti di Acciaierie d'Italia a rischio del proprio posto di lavoro assieme ai circa 1700 di Ilva in AS. Responsabilità che si pone in perfetta continuità di ogni governo che si è succeduto dal 2012 ad oggi con in più l'aggravante della recidiva. Oltre a ciò tra i lavoratori picchia forte come su di un tamburo la volontà di allontanare l'attuale governance di ArcelorMittal con a capo l’ad Lucia Morselli.

All’uscita dal Mimit al termine del tavolo delle trattative dei tre segretari di Fiom (Michele De Palma), USB (Franco Rizzo) e Uilm (Rocco Palombella) la folla dei lavoratori si è radunata sotto il palchetto allestito per l’occasione.

A dare il via alle danze è stato De Palma e nulla di buono ha portato ai lavoratori: ha praticamente confermato che non c'è alcuna volontà da parte del governo di prendere in mano la gestione dello stabilimento nonostante il decreto glielo conceda (ma questo come si diceva prima non è la questione per noi fondamentale) ma si è detto disponibile ad ascoltare ciò che le organizzazioni sindacali hanno da proporre cambiando in parte il decreto, ci crediamo? A fronte di ciò vergognosa è stata la dichiarazione del ministro in cui si rende disponibile ad un nuovo “accordo di programma” con le istituzioni locali, tra l'altro favorevoli, ma senza che questo porti alcun vantaggio ai lavoratori.

Arrivato il turno di Rizzo egli ha ribadito quanto detto precedentemente da De Palma sul cambio di governance e poi è sceso nello specifico dell’”accordo di programma” (ribadiamo che ha trovato favorevoli il sindaco di Taranto Melucci ed il presidente della regione Emiliano), o meglio delle proposte fatte dall’ad di Acciaierie d’Italia, quattro in tutto: costruzione di un impianto rigassificatore, rilancio della Cementir, dissalazione per risparmiare le acque dei fiumi della zona, accordo con Falck Renewables per uno scambio acciaio/contro energia rinnovabile; interventi che servono ad Acciaierie d'Italia soprattutto a razionalizzare i costi, ma non affrontano le problematiche ambientali di un territorio che ad oggi non ha avuto la benché minima rivincita da questo punto di vista. Continuando il suo intervento ha mostrato che il re è nudo, in quanto è il governo stesso che ha fatto chiaramente capire che ci saranno ulteriori esuberi in quanto la riduzione della produzione è molto più che una ipotesi da considerare. Il ministro Urso ha consigliato dunque di andare in parlamento in fase di conversione del decreto per chiedere la modifica del termine ultimo per l’aumento di capitale della parte pubblica, molto gentile da parte sua...

Ha terminato il ciclo di interventi Palombella della Uilm facendo comprendere anche a chi ancora non dovesse essere abbastanza chiaro che il governo non ha alcuna intenzione di occuparsi dei lavoratori, di come essi non siano per nulla nelle preoccupazioni e nell'agenda della classe politica dell'esecutivo attuale (come dei precedenti d’altronde) e che le strade da percorrere siano essenzialmente due sempre e comunque non abbandonando la strada della trattativa per cassintegrazione e volumi produttivi: impugnare davanti alla magistratura l’accordo del 6 settembre 2018 che ad oggi e stato solo carta straccia, ma soprattutto (e questo lo aggiungiamo noi) in accordo con quanto detto precedentemente dai due segretari continuare con la lotta e gli scioperi, cosa che è pienamente nelle nostre corde ed è la parte che preferiamo di tutto il discorso.

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