Lo ricordiamo soprattutto per il suo costante impegno su tutte le problematiche della sicurezza e salute degli operai dell'ex Ilva e sull'inquinamento. Anche prima del processo "Ambiente svenduto" Franco Sebastio è stato il riferimento costante per ogni denuncia dei lavoratori, dei delegati sindacali, dell'azione del'Ispettorato del Lavoro, dell'azione dello Slai cobas all'Ilva.
Su questo la sua "porta" era sempre aperta. Sempre disponibile ad ascoltare, ad impegnarsi, anche a sentire e prendere in considerazione pareri e proposte. Un Procuratore in un certo senso "controcorrente"
Avviò per primo in Italia l'inchiesta sul "mobbing", di padron Riva contro i lavoratori della Palazzina Laf.
Senza la sua costante azione, di tanti anni non si sarebbe aperto il processo "Ambiente svenduto". Sempre presente alle prime udienze del processo finchè non ha dovuto, contro la sua volonta', abbandonarlo.
Il Procuratore Sebastio ci diceva che non voleva andarsene in pensione per continuare il suo lavoro. L'hanno fatto andare in pensione proprio durante il processo Ilva. Perchè scomodo? E non sappiamo se questo abbia indebolito la sua fibra.
Gli rendiamo un saluto sentito. E condoglianze alla sua famiglia.
Franco Sebastio, ex procuratore di Taranto e magistrato simbolo della lotta all’inquinamento industriale, che avviò l’inchiesta sull’Ilva gestita dai Riva chiamata ‘Ambiente Svenduto’, è morto all’età di 80 anni.
Sebastio, come specifica l’agenzia ANSA, da domenica sera era ricoverato all’ospedale ‘Moscati’,
dove si è spento poche ore fa. Oltre alle numerose indagini
sull’inquinamento, portò avanti una delle prime inchieste per mobbing in
relazione al trasferimento di lavoratori dello stabilimento siderurgico
“indesiderati” nella palazzina Laf. Nel 1982
da pretore di Taranto “firmò” la prima sentenza per inquinamento (“Getto
pericoloso di cose”) contro i responsabili dello stabilimento
siderurgico. Fu procuratore aggiunto e poi procuratore dal 2008, a 65
anni, fino alla pensione.
Quando scoppiò l’inchiesta ‘Ambiente Svenduto’, uno dei temi che
tenne ad evidenziare fu il sistema di influenza costruito dai
proprietari dell’Ilva, la famiglia Riva, persino con la stampa, aspetto,
quest’ultimo, che lo contrariò parecchio visto il ruolo di controllo
della democrazia in un certo senso svolto proprio dagli organi di
informazione in cui egli stesso credeva molto.
Quanto alla questione Ilva, Sebastio già allora ricordava che la stessa, come da legge, è pertinenza dello Stato italiano: «A chi sostiene che il Sindaco possa ordinare la chiusura dell’Ilva con un’ordinanza dichiara il falso, poiché tale provvedimento non è più nelle competenze del primo cittadino, essendo l’Ilva un’azienda ritenuta dalle leggi ordinarie dello Stato “di interesse strategico nazionale”», aggiungendo poi che «lo Stato italiano, con un coacervo di leggi, ha stabilito una serie di priorità secondo le quali è l’Ente statale ad avere la titolarità in merito alle questioni ambientali afferenti l’Ilva di Taranto, bypassando i poteri delle istituzioni locali».
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