mercoledì 4 gennaio 2023

Info: Le recenti dichiarazioni di Bernabè

Bernabè è pienamente d'accordo col decreto del governo e insiste sul dissequestro impianti, mentre di fatto ridimensiona sia nel merito che nei tempi la cosiddetta "crisi di liquidita'".

E ancora una volta si conferma che non c'è differenza tra parte pubblica e parte privata di Acciaierie d'Italia. Entrambi sulla situazione degli operai glissano, fanno finta di niente.

COSA DICE BERNABE' IN UNA INTERVISTA AL CORRIERE DELLA SERA DEL 28 DICEMBRE:

“Il piano ambientale sara completato a metà 2023. A quel punto spetterà ai commissari fare istanza al tribunale per il dissequestro che, se concesso, risolverà gran parte dei problemi dell’ex Ilva: potrà finanziarsi sul mercato e tornare a produrre più acciaio, potrà attrarre investitori, tornerà a essere la piu grande acciaieria d’Europa...

"Acciaierie d’Italia non ha debiti finanziari ma debiti nei confronti dei fornitori bilanciati da crediti nei confronti dei clienti e le materie prime le paga in contanti. Un equilibrio che ha retto fino a quando nel 2022 sono esplosi i prezzi dell’energia, dilatando enormemente i costi per l’azienda. Anche perché AdI è il più grande consumatore di energia d’Italia, utilizzando quasi il 2% del totale del fabbisogno energetico italiano. La sola bolletta del gas è passata da 10-20 milioni al mese a 100 milioni con punte di 150. Una situazione insostenibile anche per una società che nel 2021 ha realizzato ricavi per 3,4 miliardi. Per fortuna, dal punto di vista dell’energia elettrica siamo indipendenti con le due nostre centrali. E in più il governo, sia quello precedente che l’attuale, hanno sostenuto i settori energivori con i crediti d’imposta che sono stati appena prorogati per i prossimi tre mesi dal governo Meloni. Senza queste misure in Italia ci sarebbe stata la desertificazione del settore industriale...

"Nel corso del 2023 la situazione si normalizzerà se verranno dissequestrati gli impianti. Una situazione che oggi ci priva del requisito di bancabilità“. Intanto, per il piano di riconversione di Taranto sono disponibili 2,750 miliardi: “I 750 milioni di finanziamento degli azionisti (680 milioni di Invitalia e 70 milioni per ArcelorMittal Italia) a cui si aggiungono il miliardo del Decreto Aiuti bis e quello previsto nel Pnrr, destinato a Invitalia per sviluppare la società del Dri, il pre ridotto di ferro... l’Italia non può fare a meno della produzione d’acciaio primario e l’unico produttore di acciaio da minerale e Taranto. Lo Stato da tempo si è posto questo problema di come evolvere da produzione da altoforno a produzione con tecnologie alternative e la scelta fatta e stata quella di utilizzare il Dri, il pre ridotto di ferro. Lo Stato ha anche avviato concretamente il piano di conversione, ha creato la società per il Dri che da un anno e al lavoro, è nella fase degli accertamenti tecnologici per arrivare entro giugno 2023 alla decisione industriale di investimento. Per completare il piano ci vorranno 10 anni e piu di 5 miliardi di investimenti perché si tratta di un piano epocale, trasformare la più grande acciaieria d’Europa in stabilimento green. Ma il piano è già in atto“.

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