Scrive P. Bricco (voce dell'anima, del sentire del padronato del Sole 24 Ore) - "... A due anni esatti dagli arresti e dal sequestro dell'area a caldo, il maggior organismo industriale italiano... ha ridotto le sue funzioni vitali al minimo... Mercoledì 16 luglio l'impianto ha prodotto la quantità di acciaio minore della sua storia: in quella giornata ha realizzato poco più di 10mila tonnellate... L'equilibrio è a quota 22mila tonnellate. A 22mila tonnellate di acciaio medie prodotte al giorno l'Ilva è a break-even: né perde né guadagna soldi. Con l'effetto moltiplicatore delle grandi fabbriche e dei grandi volumi industriali, se riesci a collocarti al di sopra di questa asticella, allora guadagni molto. Per fare un esempio: nel 2007, ultimo anno prima della crisi, il record assoluto di una media quotidiana di 27,3 mila tonnellate consentì all'Ilva di beneficiare di un margine operativo lordo di poco più di un miliardo di euro....
Ogni mille tonnellate in meno fatte al giorno provoca in proiezione una perdita mensile di 17 milioni di euro. Certo, una perdita puramente "manifatturiera" - circoscritta al perimetro prettamente industriale dell'Ilva - che si può limitare e temperare tagliando, tagliando, tagliando...

"Tagliando, tagliando, tagliando" - questa è l'indicazione e il futuro per l'Ilva previsto comunque - al di là delle soluzioni proprietarie. E cosa taglieranno se non prima di ogni cosa gli operai? Il cui costo, in questo anno soprattutto, è il lamento continuo dei commissari?

Scrive P. Bricco - "Il presidente del Consiglio Renzi aveva promesso, sull'Ilva, un cambio di passo. Bisognerà verificare la destinazione finale di questo nuovo stile di camminata. Ma un cambio di passo, senz'altro, c'è stato...
Gnudi è un grande commercialista... È dotato di un pacchetto di relazioni ampio e trasversale... Gnudi è spesso negli uffici dell'Ilva di Milano e di Roma. Parla con le banche. Delega ad altri la quotidianità produttiva..."

L'attuale commissario Gnudi - ma leggi "governo Renzi" - semplicemente si disinteressa della realtà produttiva interna all'Ilva, dove - a detta degli operai - si lavora a "vista", al "giorno per giorno", in cui la precarietà e l'incertezza è la norma (con tutto quello che significa per gli operai fino alla permanente insicurezza di come si lavora). Non parliamo, poi, del disinteresse per il risanamento degli impianti e delle aree...! 
A Gnudi e governo interessa solo che l'Ilva abbia soldi dalle banche per tirare avanti, giusto il tempo per svenderla agli altri padroni. 

E su questo P. Bricco scrive - "...I franco-indiani di Arcelor Mittal, a Taranto, sono già venuti due volte. «Certo - osserva Fausto Durante, responsabile per l'Europa della Cgil - bisognerebbe vedere quale delle due anime che coesistono nel gruppo franco-indiano prevarrebbe. Arcelor aveva una governance concertativa con i sindacati e i lavoratori negli organi di controllo e di indirizzo, molto interessante per un caso come quello di Taranto. Mittal, invece, è durissima con i sindacati e i governi».

I nuovi padroni più accreditati in effetti sono gli indiani della Arcelor Mittal (qui parlare di franco-indiani è falso e fuorviante, dato che la Arcelor è stata comprata dalla Mittal indiana e quindi ora è a tutti gli effetti del padrone Mittal; cosa poi abbia comportato per gli operai Arcelor questo passaggio/svendita forniremo in futuro notizie dirette che è bene che sappiano gli operai italiani). Questi hanno due obiettivi prioritari nel comprare l'Ilva: far fuori altri concorrenti sul mercato mondiale; scalare la sua quotazione in borsa, che già è salita per il fatto stesso che è "uscita" la notizia dell'allargamento in Europa della Arcelor-Mittal: fermo restando questo obiettivi, per cui l'Ilva è soprattutto un'operazione finanziario e di occupazione di aree, un'operazione che gli deve costare poco, per cui assisteremo ad una svendita dello stabilimento di taranto come e peggio dei tempi di Riva, "se" gli indiani penseranno di produrre, si terranno solo la parte che loro considereranno produttiva, tagliando tutto il resto.

In questo quadro è veramente oscena e squalificata la posizione della Cgil, che: primo, si preoccupa solo delle relazioni concertative sindacali; secondo, fa apparire una presenza all'interno dell'Arcelor-Mittal di due "anime" padronali, che semplicemente non può esistere. 

Scrive P. Bricco - «L'auspicio - dice Biagio De Marzo, voce dell'ecologismo non radicale e settario di Taranto e dal 1971 in Italsider - è che, chiunque faccia una offerta nei prossimi mesi, comprenda che questa acciaieria vive soltanto se soddisfa il proprio gigantismo: il ciclo integrale sta in piedi con almeno 8,5 milioni di tonnellate all'anno. Il livello standard minimo raggiunto dai Riva. Una punta che ai tempi delle Partecipazioni Statali fu toccata soltanto per un mese nel 1976. Sappiamo bene che volumi più bassi significherebbe una violenta riduzione del personale»...

Della serie: vatti a fidare degli ambientalisti... Prima l'ambiente era tutto, ora negli auspici di De Marzo, la questione ambientale semplicemente è sparita...


Ma la questione ambientale la risolve la Cisl. Conclude infatti P. Bricco, riprendendo la questione inquinamento Tamburi - "...Nelle sere di Taranto, mentre il gigante dorme, non sono mai tranquilli nei loro letti gli abitanti di Tamburi, il rione che si trova a ridosso dei parchi minerali. «Non mi capacito - dice Bruno Manghi, sociologo che qui a Taranto ha diretto fra il 1981 e il 1983 la Scuola del Sud della Cisl - come negli ultimi vent'anni non vi sia mai stato in alcuna agenda, nazionale e locale, lo spostamento degli abitanti. In tutto il mondo si fa così...». 

COME SI VEDE, SONO GLI OPERAI CHE NON POSSONO "DORMIRE" E CHE SI DEVONO QUANTO PRIMA SVEGLIARE!