Pubblichiamo un altro stralcio dell'intervento ad un seminario del Professore marxista Giuseppe Di Marco della Università Federico II di Napoli, che affronta un aspetto importante , la critica alle illusioni pacifiste piccolo borghesi che vogliono, in maniera antistorica e anti materialista, salvaguardare le basi del capitalismo, che invece inevitabilmente portano all'imperialismo e all'acutizzarsi delle contraddizioni che originano le crisi.
Lo sviluppo pacifico del capitalismo è un illusione piccolo borghese della pacifica libera concorrenza che ti porterebbe ad una situazione di pace e di prosperità generale. Qui dietro ci sono tutte le ideologie di natura welfaristica.
Lenin dice: questo tipo di socialisti erano quelli che all'inizio della guerra si erano schierati a difesa della patria e contro l'aggressione esterna che viene a turbare lo sviluppo pacifico del capitalismo all'interno. Questi sostenevano che il capitalismo stava portando a poco a poco le nazioni a riappacificarsi, e che il socialismo avrebbe accentuato e portato alle estreme conseguenze questa tendenza delle nazioni. Ma Marx afferma: i conflitti tra le nazioni hanno origine dallo sfruttamento di un individuo da parte di un altro all'interno di ogni nazione.
Effettivamente c'è una tendenza, almeno ideale, del capitalismo alla “pace”. Ma siccome il capitalismo è un sistema contraddittorio, si incarta su sé stesso.
E il movimento operaio del '900 tiene scritto in corpo questa contraddizione. Allora, i socialisti della II Internazionale pensavano: siccome il capitalismo ha la tendenza alla pace allora tu con una serie di riforme attenui le contraddizioni e poi ti trovi una situazione favorevole al socialismo,
Lenin risponde: guardate non è possibile, perchè siccome il capitalismo è un sistema contraddittorio e specialmente il tardo capitalismo, questa diventa un illusione piccolo borghese.
Che significa illusione piccolo borghese? Marx lo aveva detto a proposito di un anarchico, Proudhon, che pensava che bastasse abolire il denaro, ma poi lasciare il valore di scambio e tutto il resto, per poter risolvere i problemi sociali. Dice Marx: qui c'è veramente l'idea del piccolo borghese privato che attraverso il suo “onesto” lavoro e la libera concorrenza può creare un mondo pacifico.
Dice Lenin: questa è la tipica illusione del piccolo borghese il quale crede in uno sviluppo pacifico ed elude le contraddizioni che invece ci stanno nel capitalismo.
E allora, questi socialisti sono sostanzialmente dei piccolo borghesi che pensano a questo sviluppo pacifico che non c'è. Ma quale base economica c'è dietro questi? Chi sono, chi li manda?
E allora, questi socialisti sono sostanzialmente dei piccolo borghesi che pensano a questo sviluppo pacifico che non c'è. Ma quale base economica c'è dietro questi? Chi sono, chi li manda?
Queste sono le ideologie che nascono all'interno dell'imperialismo, cioè all'interno di capitali monopolistici, di Stati imperialisti che sfruttano le colonie, e dalle colonie ricavano, oltre i loro profitti, dei sovraprofitti. Con questi sovraprofitti mantengono una parte della classe operaia ad un livello di vita più elevato, l'aristocrazia operaia che convive con operai poveri all'interno di un paese, il tutto a svantaggio dei poveri che stanno nell'altra parte del mondo. Vale a dire: nel tuo paese tieni il welfare, hai pure la miseria, ma hai una parte di operai arricchiti, nel resto del mondo tieni la miseria.
In questo modo che fai? Spacchi la classe operaia e hai una parte di classe operaia diventata per stile di vita piccola borghesia e che ragiona con la mentalità piccolo borghese, questa parte si allea con la borghesia e tiene in piedi questo sistema.
Qual'è la base economica di tutto questo? I sovraprofitti che si fanno attraverso la colonizzazione.
Adesso, cominciamo a vedere da dove viene la formazione di questo blocco imperialista.
La prima cosa da notare è la base economica dell'imperialismo, che il capitalismo si evolve verso la formazione di monopoli. Che significa monopoli: se, per esempio, Trenitalia e Italo tengono in mano e controllano tutte le ferrovie, è facile vedere che si spartiscono la torta e dicono, per es., mettiamo la domenica i treni per Salerno alla stessa ora, per cui 8 treni diventano 4, mettiamoci d'accordo sul movimento dei prezzi così dominiamo tutto il mercato e diamo un colpo alla concorrenza. A quel tempo questo processo lo portavano avanti le grandi compagnie tedesche o americane di elettricità, le compagnie petrolifere, ecc.
Ora il piccolo borghese che cosa pensa? Pensa che non i monopoli, ma la politica dei monopoli sia una deviazione. Dice: questi sono dei parassiti, sono dei professionisti, contro di questi ci vuole la libera concorrenza, ed è trovato il toccasana. Cioè, parlando in termini odierni, ci metto l'Autority per la libera concorrenza e così abbiamo calmierato e abbiamo ottenuto la libera concorrenza. E qui le analogie con l'oggi ci stanno...
Risponde Lenin: guarda, non hai capito niente né di questo né del marxismo. Perchè il monopolio nasce precisamente dalla evoluzione della libera concorrenza. Quindi non è una cosa che è contraria alla libera concorrenza, ma è un'evoluzione della libera concorrenza che ad un certo punto si rovescia nel suo opposto, nel monopolio. Attraverso il meccanismo, che Marx stesso aveva detto, per cui ogni capitalista ne “ammazza” altri. Se io sono più forte che faccio? Compro le altre imprese e a questo punto le aggrego, oppure mi alleo con altri grandi colossi, faccio un grande cartello, un grande trust, un grande sindacato e cosa ho fatto? Ho concentrato tutti i mezzi di produzione. E in questo modo, a poco a poco, si realizza una tendenza che Marx aveva spiegato molto bene: il capitalismo tende a concentrare i mezzi di produzione e a socializzare i mezzi di produzione. E da questo punto di vista il capitalismo ha una funzione progressiva, perchè ti rende i mezzi di produzione sociali; cioè ti prepara una condizione materiale, per cui tu in un altra società hai già i mezzi di produzione comuni. Ma la forma di appropriazione capitalista rimane privata. Per cui ad un certo punto si sviluppa questo urto, tra mezzi di produzione concentrati, economia dei mezzi di produzione, aumento della forza produttiva della società che spinge in avanti, mentre la forza di proprietà la frena e la tira indietro. E' come se sotto bollisse e sopra c'è un tappo che ad un certo punto salta. Questa è la crisi.
L'urto violento tra la grande socializzazione dei mezzi di produzione e il carattere privato della forma di appropriazione per cui, rispetto alla ristrettezza della proprietà privata, questa ricchezza prodotta da mezzi di produzione sociali appare sproporzionata, cioè appare una sovrapproduzione, che la società non riesce a smaltire. Ma perchè non riesce a smaltire? Non perchè sono tutti sono “sazi”. Al contrario, ma perchè il carattere privato dell'appropriazione fa sì che la ricchezza è prodotta in grande quantità con mezzi di produzione sociali, nel momento in cui però questa ricchezza la vai a vendere, allora devi trovare i compratori. Ma il consumatore come fa a consumare se non ha in mano mezzi di produzione? Il consumo è sempre consumo capace di pagare – diceva Marx - ma il consumo presuppone un certo tipo di distribuzione dei mezzi di produzione. Dove i mezzi di produzione sono distribuiti inegualmente, perchè c'è la proprietà privata, è chiaro che la ricchezza non si riesce a consumare. E questo provoca le crisi ricorrenti.
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