venerdì 3 giugno 2016

SUL 10° DECRETO ILVA - SONO GLI OPERAI E LA POPOLAZIONE CHE NON DEVONO E NON POSSONO "RINVIARE"

Riportiamo sotto il Comunicato del Consiglio dei Ministri sul 10° decreto per l'Ilva, che rinvia per l'ennesima volta la vicenda della vendita.
Lo stesso presidente della Federacciai ha detto che con questo decreto si arriva, bene che vada, a fine anno.

Già il numero dei decreti fatti finora (una cosa mai accaduta per nessuna azienda) rivela il rabattarsi dei governi a trovare una soluzione "impossibile" - dato che l'intervento del governo deve conciliare l'apparenza con la realtà: apparire a garanzia sia degli stabilimenti, della produzione dell'acciaio che dell'ambiente, ma in realtà essere solo una svendita dell'Ilva scaricando i nuovi padroni da impegni sul risanamento sia della fabbrica che ambientale, nonchè da debiti, effetti delle vicende giudiziarie e dai lacci europei.
E questo ultimo decreto è proprio l'immagine di questa "apparenza e realtà".
Si dice che si rinvia per la "valutazione del Piano Ambientale collegato alle offerte degli interessati", ma in realtà questo decreto è l'opposto di una preoccupazione per la tutela ambientale.

Il primo e principale effetto di questi rinvii è il permanere di una situazione di precarietà, di provvisorietà e quindi di rischio per la sicurezza e la salute. In attesa di... gli interventi di risanamento non si fanno, e non solo vengono anch'essi rinviati, ma congelati sine die, in attesa di un "piano ambientale" dei nuovi padroni, che già hanno detto (chi esplicitamente, ArcelorMittal, chi lo ha fatto intendere) di non volersi assolutamente accollare i costi e l'onere di questi interventi, compresi quelli già previsti dall'Aia. Tutte le cordate chiedono che ci sia la Cassa depositi e prestiti, appunto per scaricare su questa oneri che non diano immediatamente profitto.
D'altra parte in una fabbrica data in affitto per due anni (la soluzione attualmente più probabile) nessun affittuario aggiusta, ma cerca solo di ricavare il massimo utile possibile. 

Quindi, è un rinvio che permette solo più tempo ai vari padroni, italiani o stranieri, per fare i loro conti, dettare condizioni e avere l'Ilva o pezzi di essa al più basso prezzo possibile.

Nello stesso tempo, è un tempo che serve al governo Renzi, che fa lo spaccone ma, come si dice "sotto il vestito non ha niente", per trovare le vie di uscita a una situazione sempre più ingarbugliata:
- I Riva sono tornati fortemente in campo contro il governo, che si permetterebbe di requisire e vendere una loro proprietà, prima che venga pronunciata una sentenza di condanna.
- Parte degli impianti, soprattutto dell'area a caldo, sono ancora formalmente sotto sequestro da parte della magistratura; quindi, da un lato non si potrebbero vendere, dall'altra chi le comprasse immediatamente dovrebbe avere problemi con la magistratura. Come ha dichiarato Gozzi, Pres. della Federacciai «Non dimentichiamoci che questi impianti sono ancora sotto sequestro e concessi in uso per la remediation. Non è facile procedere ad una vendita di beni sotto sequestro».
- La Comunità europea sta sempre lì con una spada di Damocle, sulla questione degli aiuti di Stato e della concorrenza sleale; ora dice che va tutto male, ora dice che è tutto regolare; ma qui più che le Commissioni europee contano gli interessi e le pressioni delle aziende dell'acciaio degli altri paesi europei, in primis della Germania.

In questa assurda situazione tra tragedia e beffa, chi non dovrebbe RINVIARE a muoversi, sono gli operai e la popolazione di Taranto. 

In fabbrica occorre pretendere assemblee, che gli operai più attivi e coscienti devono utilizzare per organizzare la lotta indipendente dai sindacati che chiedono inutili incontri e parlano solo dai giornali. 
Operai e abitanti dei quartieri si devono incontrare, devono unire le loro ragioni ed organizzarsi per riprendere la lotta anche in città.

Su questo, per iniziare non contano tanto i numeri, ma gruppi compatti e determinati.  


IL COMUNICATO DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Il Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri dello sviluppo economico Carlo Calenda e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare Gian Luca Galletti, ha approvato un decreto legge che interviene sulle norme dedicate al procedimento di gara per il trasferimento a terzi di Ilva avviato nel gennaio scorso. Si tratta di norme tecniche a carattere interpretativo o di disposizioni di procedura necessarie per perfezionare il percorso delineato al fine di assicurare la necessaria centralità alla valutazione del Piano Ambientale collegato alle offerte degli interessati. In particolare, il dl prevede che:
  • al momento del deposito delle offerte da parte degli interessati entro il 30 giugno 2016, le eventuali proposte di modifica del Piano Ambientale avanzate dagli offerenti saranno vagliate preliminarmente a ogni altra componente dell’offerta da un comitato di esperti nominato dal ministro dell’Ambiente, che si esprimerà nel termine di 120 giorni dall’insediamento. Il parere verrà quindi comunicato agli offerenti, che provvederanno, se del caso, ad adeguare le loro offerte. La ratio del provvedimento risiede nell’esigenza di evitare l’aggiudicazione ad un offerente senza prima aver vagliato la qualità dei diversi piani ambientali;
  • solo successivamente, verranno valutate le offerte economiche associate ai piani ambientali considerati ammissibili. Tale valutazione verrà compiuta anche con l’ausilio di un perito indipendente che confermi la congruità di mercato delle offerte. Si procederà quindi all’aggiudicazione e all’adozione del piano ambientale definitivo.

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