Una grande opera che, in critica alle posizioni antiscientifiche, morali (posizioni tuttora esistenti ed inquinanti di una concezione storica materialistico dialettica) afferma le teorie del socialismo scientifico.
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"...l'enorme incremento delle forze produttive, raggiunto mediante la grande industria, permette di distribuire il lavoro fra tutti i membri della società senza eccezioni, e perciò di limitare il tempo di lavoro per ciascuno in tal misura che per tutti rimanga un tempo libero sufficiente per partecipare, sia teoricamente che praticamente, agli affari generali della società. Quindi solo oggi ogni classe dominante e sfruttatrice è diventata superflua, anzi è diventata un ostacolo allo sviluppo della società e solo ora essa sarà anche inesorabilmente eliminata, per quanto possa essere in possesso della "violenza immediata"..."
Ma ora, se noi vediamo che le tre classi della società moderna, l'aristocrazia feudale, la borghesia e il proletariato, hanno ciascuna la propria morale particolare, possiamo trarne la conclusione che gli uomini, consapevolmente o inconsapevolmente, in ultima analisi traggono le loro concezioni dai rapporti pratici sui quali è fondata la loro condizione di classe, dai rapporti economici in cui producono e scambiano... Non rubare. Questo comandamento diventa perciò una legge morale eterna? Niente affatto. In una società in cui i motivi per rubare sono eliminati, in cui a lungo andare soltanto i pazzi potrebbero rubare, quanto si riderebbe del predicatore di morale che proclamasse solennemente la verità eterna: Non rubare!
Per conseguenza noi respingiamo ogni pretesa di imporci una qualsiasi morale dogmatica come legge etica eterna, definitiva, immutabile nell'avvenire, col pretesto che anche il mondo morale avrebbe i suoi principi permanenti, che stanno al di sopra della storia e delle differenze tra i popoli. Affermiamo per contro che ogni teoria morale sinora esistita è, in ultima analisi, il risultato della condizione economica della società di quel tempo. E come la società si è mossa sinora sul piano degli antagonismi di classe, così la morale è sempre stata una morale di classe; o ha giustificato il dominio e gli interessi della classe dominante, o, diventando la classe oppressa sufficientemente forte, ha rappresentato la rivolta contro questo dominio e gli interessi futuri degli oppressi... Una morale che superi gli antagonismi delle classi e le loro sopravvivenze nel pensiero, una morale veramente umana è possibile solo a un livello sociale in cui gli antagonismi delle classi non solo siano completamente superati, ma siano anche dimenticati per la prassi della vita... (Pag.99-100)
E con ciò, invero, siamo riusciti felicemente a considerare la ricchezza dai due punti di vista essenziali della produzione e della distribuzione: ricchezza come dominio su cose, ricchezza di produzione, lato buono; ricchezza come dominio su uomini, ricchezza della distribuzione quale sinora esiste, lato cattivo; aboliamolo! Applicato alle condizioni odierne ciò vuol dire: il modo di produzione capitalistico è buono e può restare, invece il modo di distribuzione capitalistico non vale niente e deve essere eliminato. A un tale assurdo si arriva scrivendo di economia senza neppure avere un concetto del nesso tra produzione e distribuzione..."
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