Dai video circolati in rete è apparso chiaro a chiunque che le centinaia scesi in piazza oggi rappresentano quel pezzo di città composto da operai, disoccupati, licenziati politici, precari e studenti che il prezzo della Crisi-CoviD l'hanno già ampiamente pagato sulla loro pelle e con le loro tasche.
La piazza di oggi ha dato voce alle tante vertenze ed emergenze sociali che lo Stato e i padroni non hanno voluto affrontare negli scorsi anni, e che oggi sono sempre più drammatiche.
Abbiamo fatto il possibile per far si che la rabbia di oggi restasse nei confini della protesta civile e pacifica, anche per non offrire il fianco al terrorismo mediatico di queste ore. Evidentemente la Questura di Napoli non era di questo avviso e ha utilizzato la nostra piazza per tentare di sfogare le frustrazioni accumulate la sera precedente, caricando a freddo il presidio e malmenando senza motivo una nostra compagna: solo a quel punto il presidio è stato costretto a intervenire per frenare la furia degli uomini in divisa e tutelare i partecipanti e i lavoratori presenti, trasformandosi in un corteo determinato e compatto che ha attraversato l'intero quartiere Chiaia.
Il goffo passo indietro di De Luca sul lockdown regionale e la perenne indecisione del governo sono la dimostrazione che i governanti sono nel panico e non sanno che pesci prendere, ma anche che le piazze di queste ore, pur con i loro limiti e contraddizioni, hanno aperto una faglia profonda nel fronte istituzionale e padronale.
Ma a differenza di altre categorie sociali scese in piazza in questi giorni, il nostro obbiettivo non è la "riapertura": noi vogliamo che la piena tutela della salute vada di pari passo col rispetto dei diritti e la garanzia del salario per tutti i proletari.
Lo avevamo già chiarito lo scorso 23 maggio e poi ancora il 6 giugno: difesa della salute e garanzia di salario non sono bisogni in contrapposizione tra loro come vorrebbero farci credere i padroni, casomai è vero il contrario.
Chiusure o non chiusure, lockdown o coprifuoco, di Covid si continuerà a morire finché le nostre vite saranno sacrificate sull'altare dei profitti di un manipolo di parassiti: mentre si criminalizza la movida, nessuno osa parlare della mattanza quotidiana e delle migliaia di focolai che scoppiano nelle fabbriche e nei magazzini a causa della totale mancanza di misure di sicurezza dai contagi.
Il collasso del sistema capitalistico rende sempre più necessaria la costruzione di un punto di vista e un piano d'azione degli sfruttati che sia autonomo da tutte le istituzioni e da tutte le frazioni della classe dominante.
Oggi volevano criminalizzarci e schiacciarci, ma hanno avuto l'esito opposto.
Chiusura o non chiusura: vogliamo campare!
Salario garantito e riduzione dell'orario di lavoro, per lavorare tutti e lavorare meno.
La crisi la paghino i padroni: patrimoniale subito, per rilanciare la sanità, la scuola e i trasporti.
Solo la lotta paga - da si.cobas napoli
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