domenica 25 ottobre 2020

Che è successo a Napoli - riprendiamo dai blog del Si.Cobas e di proletari comunisti

La Napoli proletaria in piazza nella giornata nazionale di lotta per dare voce a chi non ha niente da perdere.


Nonostante numerose assenze a causa di contagi e quarantene fiduciarie e a dispetto del clima di caccia alle streghe instaurato da Questura e Prefettura all'indomani dei disordini di venerdì notte, la manifestazione indetta da SI Cobas, assemblea dei lavoratori combattivi e Patto d'azione fuori alla sede dell'Unione Industriali di Piazza dei Martiri in concomitanza con la mobilitazione svoltasi in tutte le principali città, è pienamente riuscita.

Dai video circolati in rete è apparso chiaro a chiunque che le centinaia scesi in piazza oggi rappresentano quel pezzo di città composto da operai, disoccupati, licenziati politici, precari e studenti che il prezzo della Crisi-CoviD l'hanno già ampiamente pagato sulla loro pelle e con le loro tasche.

La piazza di oggi ha dato voce alle tante vertenze ed emergenze sociali che lo Stato e i padroni non hanno voluto affrontare negli scorsi anni, e che oggi sono sempre più drammatiche.

Abbiamo fatto il possibile per far si che la rabbia di oggi restasse nei confini della protesta civile e pacifica, anche per non offrire il fianco al terrorismo mediatico di queste ore. Evidentemente la Questura di Napoli non era di questo avviso e ha utilizzato la nostra piazza per tentare di sfogare le frustrazioni accumulate la sera precedente, caricando a freddo il presidio e malmenando senza motivo una nostra compagna: solo a quel punto il presidio è stato costretto a intervenire per frenare la furia degli uomini in divisa e tutelare i partecipanti e i lavoratori presenti, trasformandosi in un corteo determinato e compatto che ha attraversato l'intero quartiere Chiaia.

 
Dalle cronache di Repubblica
"...Durante la manifestazione sono state lanciate uova con vernice rossa sul portone del palazzo della Confindustria. Poi, davanti all'ingresso, è stato collocato uno striscione con la scritta "Quattro morti sul lavoro al giorno, questa e violenza". Sul lockdown, i manifestanti hanno detto di non essere contrari ma a patto che "per disoccupati e lavoratori ci sia il salario pieno garantito"...

Il goffo passo indietro di De Luca sul lockdown regionale e la perenne indecisione del governo sono la dimostrazione che i governanti sono nel panico e non sanno che pesci prendere, ma anche che le piazze di queste ore, pur con i loro limiti e contraddizioni, hanno aperto una faglia profonda nel fronte istituzionale e padronale.

Ma a differenza di altre categorie sociali scese in piazza in questi giorni, il nostro obbiettivo non è la "riapertura": noi vogliamo che la piena tutela della salute vada di pari passo col rispetto dei diritti e la garanzia del salario per tutti i proletari.
Lo avevamo già chiarito lo scorso 23 maggio e poi ancora il 6 giugno: difesa della salute e garanzia di salario non sono bisogni in contrapposizione tra loro come vorrebbero farci credere i padroni, casomai è vero il contrario.

Chiusure o non chiusure, lockdown o coprifuoco, di Covid si continuerà a morire finché le nostre vite saranno sacrificate sull'altare dei profitti di un manipolo di parassiti: mentre si criminalizza la movida, nessuno osa parlare della mattanza quotidiana e delle migliaia di focolai che scoppiano nelle fabbriche e nei magazzini a causa della totale mancanza di misure di sicurezza dai contagi.

Il collasso del sistema capitalistico rende sempre più necessaria la costruzione di un punto di vista e un piano d'azione degli sfruttati che sia autonomo da tutte le istituzioni e da tutte le frazioni della classe dominante.

Oggi volevano criminalizzarci e schiacciarci, ma hanno avuto l'esito opposto.

Chiusura o non chiusura: vogliamo campare!
Salario garantito e riduzione dell'orario di lavoro, per lavorare tutti e lavorare meno.

La crisi la paghino i padroni: patrimoniale subito, per rilanciare la sanità, la scuola e i trasporti.

Solo la lotta paga - da si.cobas napoli

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