Si profila l’aiuto del Recovery Fund per
portare il gruppo siderurgico ex Ilva fuori dall’intricata situazione
innescata dalla necessità di salvaguardare l’occupazione di ventimila
persone e al tempo stesso tutelare l’ambiente e la salute di chi vive a
Taranto e lavora nell’acciaieria pugliese. Un intreccio tra le esigenze
sindacali e i provvedimenti della magistratura ordinaria e
amministrativa della Puglia che rischia di mettere a repentaglio
l’accordo sottoscritto il 10 dicembre scorso tra Invitalia e
ArcelorMittal per costituire una nuova società programmata, al fine di
rilevare gli stabilimenti siderurgici da Ilva in amministrazione
straordinaria e con presenza e controllo dello Stato nella costituenda
nuova società.
Al momento tutto è in stand by perché è
cambiato il Governo, e i nuovi ministri dello sviluppo economico,
dell’ambiente e del lavoro vogliono rendersi conto della situazione ma,
soprattutto, perché il TAR di Lecce ha ordinato la chiusura entro due
mesi dell’area a caldo di Taranto che inquina. È il reparto in cui i
minerali diventano acciaio e poi lamiera grezza della quale si
approvvigiona anche lo stabilimento di Novi che è specializzato nella
lavorazione a freddo, raffina ed elettrozinca la lamiera. Ecco i motivi
per cui l’attuale impasse dell’acciaieria Ilva di Taranto incide e
preoccupa anche i 652 lavoratori dello stabilimento di Novi che se non
ha la materia prima da lavorare dovrà fermarsi.
Provano a sfruttare ogni minuto dei due mesi
di tempo concessi dal TAR di Lecce prima della chiusura dell’area a
caldo dell’Ilva di Taranto, i ministri Giancarlo Giorgetti (responsabile
del dicastero dell’industria e dello sviluppo economico) e Andrea
Orlando (neo ministro del lavoro). I due autorevoli esponenti del
Governo Draghi, per cercare di sbloccare una situazione resa
estremamente complicata dalla sentenza del TAR di Lecce che ha imposto
la chiusura degli impianti a caldo dell’acciaieria di Taranto, stanno
effettuando un rapido giro di consultazioni con i rappresentanti
istituzionali e sindacali impegnati a cercare soluzioni per dare un
futuro alla produzione di acciaio in Italia. Hanno iniziato il giro di
consultazioni incontrando i commissari
straordinari Ilva, Francesco Ardito, Antonio Lupo e Alessandro Danovi;
poi i leader di CGIL, CISL e UIL, nella circostanza affiancati dai
vertici dei sindacati dei metalmeccanici (FIOM, FIM e UILM); quindi
l’amministratrice delegata di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli, con il chief operations officer, Adolfo Buffo.
All’inizio della settimana i ministri del
Lavoro e dello Sviluppo economico hanno incontrato il Sindaco di
Taranto, Rinaldo Melucci, e il Governatore della Puglia, Michele
Emiliano che non nascondo la loro avversione
nei confronti dell’Ilva sposando la tesi della popolazione locale che la
considera industria inquinante e ne è preoccupata.
La tesi che sta emergendo valutando le misurate dichiarazioni dei ministri
Giorgetti e Orlando dopo i vari incontri, è che negli esponenti del
governo ci sia la convinzione che salvaguardia occupazionale e tutela
dell’ambiente a Taranto possono coesistere perché con i fondi di Next
Generation Eu si possono realizzare gli investimenti per attutire
l'impatto ambientale del complesso siderurgico senza rinunciare a una
produzione strategica per l’Italia. Il Next Generation Eu è lo strumento
di ripresa temporaneo da 750 miliardi di euro che consentirà alla
Commissione Europea di ottenere fondi sul mercato dei capitali.
Anche le risorse europee del Recovery Fund
potrebbero essere utili per portare fuori dal problema inquinamento il
gruppo siderurgico perché si tratta di finanziamenti che
possono essere attinti dall’Italia dal piano di 750 miliardi di euro
che Unione Europea reperisce attraverso l'emissione di debito garantito
dalla stessa. I finanziamenti del Recovery Fund intendono favorire una
politica green per portare il vecchio continenti fuori dalla crisi
economica causata dalla pandemia. Per questo non ci sarebbero
controindicazioni a utilizzarli per togliere al gruppo siderurgico ex
Ilva la zavorra dell’inquinamento. Ma non c’è tempo da perdere e
soluzione si deve trovare prima che diventi esecutiva l’ordinanza del
TAR di Lecce e debba chiudere l’area a caldo dell’acciaieria di Taranto.
I lavoratori dello stabilimento ex Ilva di
Novi assistono da spettatori, preoccupati all’evolversi della vicenda
che riguarda principalmente Taranto, ma potrebbe avere serie
ripercussioni anche qui. I componenti della rappresentanza sindacale
unitaria dello stabilimento ex Ilva di Novi attendono la convocazione
dell’‘incontro di sito’ che era in programma il 17 febbraio ed è saltato
per effetto dell’ordinanza del TAR di Lecce. Indipendentemente dalle
idee politiche di ogni lavoratore, da queste parti non sono affatto
dispiaciute le dichiarazioni rilasciate dal Ministro Giancarlo Giorgetti
a Taranto e rimbalzate a Novi: «Rispetto a un anno fa sono cambiate
molte condizioni e si aprono gli spazi, anche grazie all'intervento
dell'Europa, per poter affrontare e risolvere la vicenda Ilva tutelando
la produzione strategica dell'acciaio in Italia con le garanzie per i
lavoratori e la tutela dell'ambiente ».
È la soluzione del problema, bisogna trovare strumenti e percorso per arrivarci. Le parole sono confortanti, i fatti indispensabili.
I fondi europei intendono favorire una
politica green per uscire dalla crisi economica. Quel che serve per
salvaguardare ambiente, produzione ed evitare la chiusura dell’area a
caldo dello stabilimento di Taranto.
Nessun commento:
Posta un commento